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Tre partenze, tre stili architettonici


Simona Ambrosio

 

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A dieci anni dalla caduta del Muro si torna a riflettere sugli eventi di questo secolo ormai terminato. Berlino, con i suoi spazi vuoti e pieni, racconta ogni istante del Novecento. Esistono oggi punti di riferimento visivi per quella che nel 1930 era la capitale dell’Europa e quindi forse del mondo?

Lola rennt, in italiano Lola corre, di Tom Tykwer è un film documento. Descrive la Berlino del 1998. Lola corre, così come ha fatto Berlino per tre volte. Lola corre per salvare Manni, il suo amichetto, da una morte sicura, poiché Manni ha perso centomila marchi che doveva restituire al suo capo. Lola corre per riunirsi con il suo amore.

Tre storie, tre finali diversi. Lola corre per le strade ortogonali di impianto ottocentesco caratterizzate dalle case d’affitto in pietra. Lola corre attraversando gli immensi vuoti causati dalle distruzioni belliche. Lola corre sotto il ponte della S-Bahn, il treno soprelevato che collega la città. Lola corre davanti agli edifici dell’Iba, espressione della ricerca architettonica degli anni’70. Lola corre per le Allee dei casermoni socialisti. Lola corre per l’isola dei musei di Schinkel. Lola corre per arrivare in un luogo anonimo, una piazza con un supermercato con un enorme orologio che segna il tempo.

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In ognuna delle tre storie, Lola riesce a recuperare il denaro simbolo della sopravvivenza. Ma forse il premio non è tutto. Nella prima storia, è Lola a morire. Nella seconda muore Manni.Nella terza non solo il denaro da restituire viene recuperato, ma la giovane coppia di amanti viene addirittura ricompensata dal destino: Lola e Manni si allontanano passeggiando mano nella mano con centomila marchi vinti da Lola al casinò.

Non c’era modo migliore per raccontare una città unica per la sua disomogenità che quello di farla vedere attraverso gli occhi di qualcuno costretto dalle circostanze a percorrerla tutta ad un ritmo sfrenato, senza pause - il ritmo della musica techno, altro "simbolo" della nuova Berlino.

Le tre false partenze di Lola equivalgono alle tre false partenze che ha avuto Berlino in questo secolo, un secolo che sembra quasi voler essere dimenticato, visto che l’amministrazione ha tentato di ricostruire l’aspetto della Berlino ottocentesca. Basta aprire un libro di fotografie degli anni ‘30 per vedere le immagni della città che più di qualsiasi altra in Europa attirava artisti da tutto il mondo, una città che non esiste e che forse non tornerà più. I vuoti che sono rimasti, o le periferie urbane sorte a ridosso del Muro, confine interno della città, erano un tempo strade lastricate, gremite di gente. I tram sovraffollati, i principali mezzi di trasporto dell’epoca, non esistono più. Così come non esistevano più, già nel 1930, gli enormi polmoni verdi del Tiergarden o il Victoriapark. La Berlino di oggi, con le sue architetture high-tech, non è che l’ombra di quella che tra il 1920 e il 1930 era la città più potente d’Europa.

Bisogna fare un salto nel passato per individuare la prima partenza della capitale tedesca . All’inizio di questo secolo Berlino aveva l’aspetto omogeneo della "città di pietra" data dalle "case d’affitto" ottocentesche. E’ del 1862 il piano urbanistico redatto, per conto del dipartimento di polizia, dall’architetto J. F. L Hobrecht, che imponeva uno sviluppo urbano rigido basato sull’atemporalità e l’estensibilità virtuale del reticolo metropolitano. Si prefigurava una crescita urbana senza un termine cronologico, basata su una semplice griglia di grandi isolati multipiani a corte. Nel progetto vengono definite sia l’altezza degli edifici in relazione alla larghezza delle strade (fissando comunque un’elevazione massima di 25m) che la dimensione minima delle corti in 5, 30 m.

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Un piano rigoroso per ospitare la popolazione della nuova Berlino industriale che dai 200.000 abitanti del 1820 passava ai 3.800.000 abitanti del 1920. Agli inizi del 1900 Berlino voleva correre per essere la capitale del mondo. Ma la città di pietra rigida ed estesa è stata distrutta dalle bombe della seconda guerra mondiale, come è dato vedere anche in Germania anno zero di Rossellini. Paradossalmente il tracciato degli edifici si poteva ancora leggere tra le macerie. I muri di separazione tra un edificio e l’altro erano stati costruiti con una tecnica antifuoco, paralleli ma con una cavità di separazione per evitare che gli eventuali incendi si diffondessero. La persistenza di quei muri ottocenteschi ha reso possibile in seguito una ricostruzione fedele ai canoni del passato.

Nel 1919 le idee socialdemocratiche della Repubblica di Weimar segnano una seconda partenza architettonica per Berlino. In base alle nuove tendenze espressioniste e in contrapposizione alla "città compatta" ottocentesca, nasce un movimento che propone una crescita urbana per unità cellulari, separate da fasce di verde ma connesse al centro cittadino da un’efficiente rete di trasporti. Sorgono in questi anni le "Siedlungen", che rappresentano una svolta residenziale radicale, legata all’avanguardia degli anni ‘20, ma anche logica conseguenza delle teorie inglesi della città-giardino.

A Berlino il più importante quartiere realizzato seguendo questi schemi è la Siedlung Britz (1925-31) realizzata da Bruno Taut e i fratelli Wagner. I tetti a falde vengono sostituiti dai tetti piani, lo schema planimetrico è a ferro di cavallo ma propone la ripetizione di quattro tipi di cellule, vengono introdotti carrelli su rotaia per il trasporto dei materiali. Si tratta di una vera e propria rivoluzione architettonica che cambierà completamente il concetto dell’abitare: le case vengono progettate studiando la luce naturale, si perde il concetto di strada chiusa, si ridisegna il fronte stradale.

Le proposte innovative e d’avanguardia del Werkbund tedesco vengono soffocate dall’avvento del nazismo che chiude un importante capitolo della cultura Moderna. L’architettura del Terzo Reich non propone solo un gigantismo di facciata dato dalle scenografie urbane disegnate per Berlino da Albert Speer, ma impone un’abolizione del moderno con un ritorno al folklore e al carattere contadino per gli insediamenti urbani.

La seconda guerra mondiale distrugge soprattutto la città ottocentesca; e siamo alla terza partenza di Berlino. La città divisa tra le grandi potenze va ricostruita. Inizialmente si procede recuperando il materiale delle macerie per ricostruire i vecchi edifici. Con il passare del tempo si propongono nuove idee urbanistiche, che rivedono nuovamente una separazione tra sedi lavorative e abitazioni, con il tentativo di creare nuove aree verdi.

Alla fine degli anni’50 la città e già divisa; nascono due città, false e contrapposte, che in maniera analoga devono ostentare il potere che rappresentano. Ad Ovest nel 1953 si affronta la ricostruzione dell’Hansaviertel, quartiere storico. Si realizza l’Interbau 57, manifesto di propaganda della cultura architettonica occidentale in polemica contrapposizione alla ricostruzione storica dell’altra Berlino. Non si ricalca il tracciato urbano preesistente-caratterizzato dalle "strade corridoio", ma si vuole creare un impianto urbano radicalmente innovativo in linea con i principi igienici ed estetici della città funzionale. Il nuovo quartiere dovrà essere un centro residenziale permanentemente abitato e, soprattutto, un’esposizione internazionale del nuovo modo di costruire.

Nello stesso anno ad Est si realizza la Stalin Allee-oggi Karl Marx Allee-definita con orgoglio "die erste Strasse des Sozialismus". Criticata per il suo "classicismo prefabbricato", la Stalin Allee ha però un aspetto omogeneo che riprende i canoni compatti dell’edilizia socialista e cerca di seguire un filo storico con l’architettura ottocentesca berlinese.

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Berlino ovest e Berlino est, due città formalmente separate dal Muro di 46 km eretto dalla DDR nel 1961. La ricostruzione continua ad Est con i "Platten bauen", mentre ad Ovest si propongono complessi residenziali, cattedrali nel deserto dei vuoti post bellici. Le aree limitrofe al Muro rappresentano delle vere e proprie periferie nell’antico centro storico. Alla fine degli anni ’70, grazie alle teorie sulla città del nostro Aldo Rossi, si gettano le fondamenta per una ricostruzione ragionata del centro storico. Numerosi architetti vengono chiamati da tutto il mondo per la realizzazione dell’IBA, che prevedeva la ricostruzione storica dei vuoti limitrofi al Muro.

Il Muro, abbattuto nel 1989, rappresentava forse uno dei pochi elementi di riferimento visivi per la Berlino di fine millennio. Hans Stimmann, ingegnere capo dal 1991, si è rimboccato le maniche e ha proposto la ricostruzione di Berlino che nel 1993 è tornata ad essere la capitale della Germania unita. Il piano proposto da Stimmann si ricollega alla Berlino di Hobrecht: riprendere il tracciato viario ottocentesco, utilizzare l’altezza storica degli edifici che per il 30% devono essere uso abitazione, e in ultimo tutte le facciate devono essere rigorosamente in pietra.

Negli anni ‘90 abbiamo visto una Berlino accompagnata dai suoni meccanici delle gru e dal vociare in italiano delle numerose imprese edilizie che hanno trovato fortuna nella ricostruzione della ex DDR. Berlino, come negli anni ‘20 e ‘30, torna a essere nel 2000 meta di pellegrinaggi architettonici. Oggi però i luoghi di richiamo sono le architetture leggere e trasparenti degli ospiti d’eccezione che hanno partecipato alla ricostruzione: Rogers, Piano, Eisenmann, Grassi.

Lola corre per tre volte. La terza volta, superati tutti gli ostacoli, passeggia felice con il suo amore e centomila marchi.

Berlino sta correndo per essere la capitale del secondo millennio. Speriamo che questa volta ce la faccia.

 
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