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Posta del cuore/L'addio della Compagnoni, le femmine e le femministe

 

Anselma Dell'Olio

 

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Domanda:

Carissima Anselma,

ho sentito che assumeva la gestione della Posta del cuore di Caffe' Europa, proprio mentre leggevo una intervista di Deborah Compagnoni in cui si parla di cuore e di carriera. Mi sono venuti i brividi, data la mia esperienza di vita di lungo corso, sentendola dichiarare candidamente: "Saro' felice anche senza lo sci", proprio mentre ammetteva che sia il suo saggio padre sia il fidanzatao, che come e' noto , e' Alessandro Benetton della celebre dinastia, insistono perche' invece continui. Dio mio, la ragazza spiega che le piace dipingere, passeggiare nei boschi etc. etc., ma chi glielo spieghera' a lei che Deborah Compagnoni senza lo sci e' una ragazza come centomila, mentre Deborah Compagnoni con lo sci e' una irresistibile star?
Benedetta figliola perche' vuoi segare anzitempo il ramo su cui e' seduto il tuo fascino? E forse anche il tuo findanzato?
Non e' d'accordo con me, Anselma cara?

Un saluto
Amelia T.
Milano

Risposta:

Cara Amelia T.

Inizio volentieri la mia collaborazione alla Posta del Cuore di Caffé Europa con la sua non antipatica ma brutalmente cinica e-mail su Deborah Compagnoni del 9 marzo u.s. Ho visto anch’io l’intervista TV in cui la Compagnoni diceva che forse avrebbe abbandonato l’agonismo e che sarà "felice anche senza lo sci". Anch’io come lei ho sentito un brivido, ma non perché lasciando il suo sport "sarebbe diventata una ragazza come centomila". Questo è impossibile: nessuno potrà mai toglierle la corona di fuoriclasse e il suo posto nella storia dello sci nazionale. Ho sentito un brivido perché pensavo che fosse scoraggiata dai non brillanti risultati nelle gare di questa stagione, senza tener conto che non si diventa una campionessa come lei gettando la spugna alla prima curva. Infatti è di oggi (11 marzo) la notizia che i suoi risultati deludenti dipendono da problemi specifici e non da un generico calo di tono. E mentre lei, Amelia, è d’accordo con il suo "saggio padre" e il fidanzato Alessandro Benetton, che sarebbero felici se la Compagnoni continuasse a gareggiare, io tendo a dar più credito a Giulia Mancini, fidata manager della star. La Mancini vede lontano, e capisce che le condizioni fisiche della sua cliente sono con ogni probabilità compromesse, e che volendo insistere per ragioni sentimentali o opportunistiche (come suggerisce lei, benedetta Amelia) potrà farsi più male che bene su tutta la linea: salute, fama, e quella osa impalpabile che è la commerciabilità del suo marchio. Ha molti progetti di lavoro nel suo presente e futuro Deborah Compagnoni, e se vorrà dipingere e passeggiare nei boschi, dovrà programmare ben bene i suoi impegni.

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Ma vorrei cogliere quello che l’ha spinta a scrivere, leggendo tra le righe della sua lettera. Per le donne è così difficile emergere, che lei considera pazzotica chi rinuncia "anzitempo" alla sorgente della propria fortuna. Pur sapendo che un’atleta che si avvicina ai trent’anni non potrà competere ancora a lungo, lei la vorrebbe abbarbicata a questo salvagente fino all’ultimo momento possibile. Il suo occhio disincantato le dice che, a riflettori spenti, per il principino Benetton si spegnerà anche il trasporto amoroso verso la ormai ex-campionessa. Due sono le cose: o lei ha una pessima opinione degli uomini in generale, o trova la Compagnoni "fuori ambiente" nella dinastia Benetton (come la chiama lei) se sguarnita del manto della gloria. Ma Deborah Compagnoni non è Cenerentola, è una donna fatta da sé; e Alessandro Benetton non è né Ted Turner, né il principe regnante di un antico casato, ma un figlio di papà che deve ancora dimostrare di che pasta é fatto. Dovendo scegliere, punterei il mio denaro su colei che sta costruendo un impero economico in proprio, dopo essersi cosparsa di polvere di stelle con le proprie mani. 

 

LA FEMMINA FATALE E LA FEMMINISTA

Si dice spesso che, soprattutto su questioni di sesso, la verità è più complicata di quel che appare. Può darsi. Ma nel caso di Monica Lewinsky stordisce quanto siano risultate affidabili le prime amplissime e interminabili impressioni. Dopo l’intervista Tv della Lewinsky che si è vista su Rai 2 i primi di marzo, l’unica sorpresa era che non ce n’erano. La giovane stagista non è una neofita innocente sedotta da un potente, ma una fiera sgomitatrice che ha teso lei la trappola per il Gaglioffone Capo, finendoci dentro anche le, però. (Tra tanti svantaggi le donne hanno sempre goduto del privilegio avvelenato di accedere a personaggi molto più realizzati, ricchi, famosi, e naturalmente più anziani di loro, solo in virtù della loro avvenenza e disponibilità. Ma il veleno c’è, anche senza cadere come Monica, novella Alice, attraverso lo specchio dentro un mondo che sembra di fantapolitica. Perché intanto che la giovane sgrana gli occhi davanti a questo nuovo mondo luccicante e non vede l’ora di raccontare tutto alle amiche, non si accorge che sotto la soffice e lussuosa moquette ci sono le sabbie mobili pronte ad inghiottirla al primo passo falso o quando semplicemente non serve più.)

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Se di Clinton è tutto vero, dalle molestie sessuali di Paula Jones allo stupro di Juanita Broadderick, allora con la Lewinsky si è imbattuto nel suo epigono donna: non è certo paragonabile la seduzione non-violenta, ma c’è una certa specularità nell’incontro di due personaggi convinti del "diritto narcisistico" di prendere per sé tutto ciò che il proprio cuore (o qualche altro organo) desidera. Per uno sempre sull’orlo di un arrapamento irresistibile come il Presidente degli Stati Uniti, l’incontro con quella principessina accomodante ha tutti i segni della legge del contrappasso. Il primo approccio tra i due consiste in una triangolazione perfetta: un terzo presente complimenta la Lewinsky sul suo vestito (da lei battezzato il suo "vestito verde fortunato" e che ha messo di proposito quel giorno (insieme al tanga non-si-sa-mai) sapendo che avrebbe incontrato il Presidente a una festa di compleanno). Clinton, con finezza originale, esprime invece curiosità" "per quello che c’è sotto " il vestito di Monica, la quale prontamente lo accontenta. Trovandosi sola con il Clinton, la scaltra giovinetta pensa "Su, Monica, fai qualcosa, sennò l’occasione d’oro sfuma." E dice a quel povero intossicato di testosterone: "I have a crush on you" "Ho una cotta per te." E lui la invita a seguirlo nel retro dell’Ufficio Ovale. Là il loro destino si compie. Sembra un paradigma fin troppo calzante della tesi di una femminista storica delusa. "Noi, femministe sconfitte" è il titolo di una recensione apparsa su Il Giornale a proposito del nuovo libro di Germaine Greer La donna intera, edizioni Doubleday. Sconfitte perché invece di stabilire nuove regole ci siamo (noi donne moderne, eredi consapevoli o meno della seconda ondata femminista) adeguate a quelle vecchie, salendo sui tacchi a spillo, infilandoci biancheria intima trillacapperi (vedi il tanga di Monica) e correndo dal chirurgo plastico appena ce lo possiamo permettere per restare sessualmente appetibili anche all’obitorio. La Greer è gravemente delusa anche per la persistente mancanza di solidarietà femminile, e anche qui si impone l’esempio della preoccupante Linda Carotenuto Tripp. Ma il vero bersaglio della Greer non sono le Monica e le Linda, ma le Hillary: cioé le femministe che hanno tradito il loro proposito di costruire un nuovo mondo coraggioso fatto ad immagine e somiglianza della Differenza femminile. E invece ci saremmo accontentate di una fetta miseranda del marcio modello maschile. La soluzione della battagliera femminista storica? (Rullo di tamburi, squillo di trombe): Il separatismo. Solo facendo a meno dell’uomo troveremo noi stesse e una vita degna fuori dallo schema patriarcale. Per le mogli presenta più tentazioni di quanto non si creda, questa idea estrema, specie dopo l’ennesima sventagliata di stoviglie per bloccare le prepotenze e le malefatte del tiranno di turno. Chiedetelo a Hillary.

 

Chi e' Anselma Dell'Olio

Femminista americana della prima ora della Seconda ondata, sono una co-fondatrice di New York-NOW (The National Organization for Women). Ho fondato e diretto il New-Free, un teatro femminista; e ho lavorato nel cinema con Federico Fellini, Francesco Risi, Mario Monicelli, Marco Ferreri ed altri. Sto scrivendo una sceneggiatura sulla vita di Francesca Saverio Cabrini, la prima santa americana. Sono di madre-lingua inglese. Mia madre era una russa-ebrea nata negli Stati Uniti, e mio padre l’ha conosciuta in California dov’era emigrato dalla Puglia. E’ stato da poco pubblicato un mio saggio nell’antologia "Feminist Memoir Project" edito da Crown (New York). Nessuno è stato più sorpreso di me quando nel 1987 mi sono sposata con Giuliano Ferrara, che si esprimerà sui temi di questa rubrica.

 

 

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