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Pasquino: “Voglio la Bonino al Quirinale”

V.R.

 

 

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Professor Pasquino, la decisione di Romano Prodi - scendere in lizza con una propria formazione alle Europee - è l’inizio di una ricomposizione dei poli, rispetto a come li abbiamo conosciuti dal '96?
“Siamo di fronte - risponde il politologo Gianfranco Pasquino - a un tentativo di scomposizione prima e di eventuale ricomposizione dopo. È sicuramente il tentativo più ambizioso e meglio agguerrito fra quelli svolti fino ad ora. Non è detto peraltro che possa riuscire. Vedo molti elementi di difficoltà e di rischio”.

Ci sono protagonisti consapevoli del tentativo?
“Vedo due attori perfettamente consapevoli. Il primo è Romano Prodi. Vuole, e lo ha anche dichiarato, in qualche modo distruggere ciò che si è venuto costruendo nella forma di questa coalizione di governo, che reputa incongrua con gli obiettivi finali dell'Ulivo: obiettivi che per la verità, quando era presidente del Consiglio, egli stesso non aveva perseguito con grande determinazione e forse neppure esplicitato a fondo. L'altro protagonista è il movimento referendario. Che è attore composito, nel quale c'è Segni, evidentemente gradito al centrodestra, e nel quale c'è Di Pietro, che mira a un obiettivo non dissimile da quello di Prodi. Ma all'interno del movimento ci sono anche molti che pensano che il sistema maggioritario uninominale di tipo inglese consenta un vero e proprio bipolarismo se non addirittura un bipartitismo”.

Quali sviluppi ipotizza? C'è la scadenza del voto europeo, e da qualche giorno c'è la novità d'un D'Alema che rilancia il centrosinistra e assume pienamente nella politica di governo la legge elettorale istruita da Amato e il percorso riformatore.
“Una battuta - forse cattiva ma, mi pare, obiettiva - sulla legge elettorale. Non sarei in grado di attribuire ad Amato alcun precedente riformatore in materia, tranne alcune cose scritte nel 1980. Amato lo ricordo come autore dell'affermazione secondo cui i referendum elettorali erano "incostituzionalissimi". Ciò detto, mi sorprende che il governo faccia propria una proposta di riforma elettorale. Novità rilevante, in cui colgo l'aspetto positivo dello stimolare la maggioranza ad andare in una direzione maggioritaria; e colgo però anche l'aspetto negativo, cioè il tentativo disperato di evitare un referendum che - come è noto - darebbe un colpo decisivo alla legge vigente”.

Prodi, referendum. Poi c'è la corsa al Quirinale.
“Ed è un aspetto molto importante. Ho sentito dire persino dall'uomo che apprezzo di più, cioè dal giovane Walter Veltroni, che bisognerà formulare una proposta di maggioranza. Io credo che non debba essere così. Ma se ci sarà proposta di maggioranza, sa cosa temo maggiormente? Il continuismo: un presidente della Repubblica che asseconda la maggioranza parlamentare, asseconda il sistema così com'è e lo conduce su binari di tranquillizzazione. Io invece credo sia oggi il caso di drammatizzare e di rompere”.

Quindi?
“Quindi vorrei che venisse eletta al Quirinale una riformista autentica. Come sa, in questa fase la mia preferenza va a Emma Bonino”.

Se si tratta di drammatizzare, anche l'operazione Prodi drammatizza quel che basta.
“Ah, certo. Anche perchè se Prodi va al di sopra del dieci per cento vuol dire che ha distrutto il partito popolare. E questo di per sè sarebbe un elemento di grandissima novità nel panorama politico. In più, Prodi si presenta come un contraente potente per qualsiasi tipo di alleanza di centrosinistra. Naturalmente, se invece rimane al sette, sette e mezzo per cento e i Popolari viaggiano a quote simili, allora temo - ahimè - che si tornerà a quella che chiamo la morta gora del sistema politico italiano. Se a ciò si accompagna che il referendum viene fagocitato, come il Parlamento ha spesso fatto, allora non so proprio come ne usciremo”.

Quale effetto possono avere sul Polo le dinamiche che stiamo valutando?
“Mah, il centrodestra è sempre stato meglio. Li abbiamo criticati variamente, ma sono più omogenei e hanno una visione semplificata anche se qualche volta semplicistica del sistema politico. Poi non bisticciano più di tanto, o almeno bisticciano meglio: per esempio, Fini può sostenere il referendum e Berlusconi quella sua proposta di legge elettorale che è una specie di crostata di casa Letta con qualche ingrediente in meno. Hanno un vero problema, naturalmente, che in questo momento non è risolto e che forse non sono in grado di risolvere. Non hanno il candidato per Palazzo Chigi. La carta vincente”.

Avrebbero il Cavaliere.
“Appunto. L'asso che avevano in mano nel '94 non c'è più, quella carta si è molto sdrucita. Sanno di dover scegliere un altro asso ma non sanno dove trovarlo. Qualcuno dice che cercano di pescarlo nel centrosinistra, qualcuno che pensano a Bruxelles: ma Mario Monti naturalmente non è Berlusconi, o almeno non lo è ancora. In più hanno il problema che il centrosinistra continua a tener loro sulla testa un macigno che si chiama conflitto d'interesse.”

Se prevale la morta gora che cosa ci tocca?
“Ci terremo una situazione in cui le maggioranze di governo di centrosinista - che ci saranno, beninteso, perchè raccatteranno tutti i trasformisti che hanno desiderio di cariche e di poltrone, di un po' di potere e prestigio - si mostreranno divise e litigiose sulle questioni importanti. Ci attende un tasso di sviluppo più lento di quanto sarebbe possibile. E infine, l'Europa continuerà a guardarci come l'uomo malato o la donna malata del continente. Il che effettivamente saremo”.



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