L'articolo che
qui pubblichiamo per gentile concessione di "la Repubblica" e' apparso sul
quotidiano romano il 17 marzo.
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Saremo anche un paese con il chiodo fisso della famiglia, ma intanto ci
sposiamo ogni anno un pochino meno e ci lasciamo, ogni anno, un po' di più. Soffriamo -
uomini e donne - della crisi del dodicesimo anno (un tempo - ricordate? - si diceva il
settimo) termine oltre il quale il matrimonio si frantuma, l'amore appassisce e ci si dice
addio. Ed è la donna, di solito, a fare il primo passo: caro, separiamoci; ma poi è lui
a fare l'ultimo: cara, divorziamo. Così è la vita. Ce la racconta, ancora una volta,
un'indagine Istat dicendoci che nel 1997 le separazioni sono aumentate del 4,8 per cento e
i divorzi dell'1,9 rispetto all' anno precedente. A dare un taglio netto al passato è la
smaniosa e insoddisfatta generazione dei quarantenni (38 lei, 41 lui): coppie che quando
decidono di separarsi hanno nel 66 per cento dei casi uno o più figli i quali verranno
per lo più affidati alla madre.

Anche se - va segnalato - c'è un 8 per cento di ragazzini con più di
14 anni che al momento del divorzio sceglie di andare a vivere con papà. Si separano di
più le persone che hanno un lavoro e con un titolo di studio superiore: il 9,4 per cento
dei mariti e il 7,4 per cento delle mogli avevano una laurea o un diploma universitario al
momento della separazione, cifre consistenti considerato che sul totale della popolazione,
nel 1997, le percentuali di laureati erano rispettivamente dell' 11,5 e dell'11 per cento.
Che ci si sposi in chiesa o in Comune, quando arriva il momento di fare la valigia e
traslocare, non fa granchè differenza se si considera il numero complessivo delle unioni
civili (che all'incirca sono il 20 per cento del totale) e di quelle religiose: il 18,1
per cento dei casi di separazione, infatti, riguarda matrimoni laici, mentre l'81,9 per
cento si riferisce a coppie che si erano sposate in chiesa.
Di buono c'è che l'85,3 per cento delle volte lui e lei sono d'
accordo nel farla finita, così la separazione è consensuale; e se è vero che in un 21,7
per cento di casi l'addebito viene fatto al marito, nel 72,6 per cento i coniugi sono
uniti nel dire che la famiglia si rompe perchè la "convivenza era diventata
intollerabile". Le meno predisposte al grande addio sono le casalinghe: in 18.929 nel
1997 si sono separate, sarebbe a dire il 27,3 per cento, ma qualcosa come lo 0,5 se
rapportato a tutte le casalinghe italiane che all'incirca sono otto milioni.

La fascia a rischio - quella durante la quale se siete sposati è
meglio che incrociate le dita - è quella tra i 35 e i 44 anni: un lungo matrimonio alle
spalle, i figli ancora piccoli, il lavoro che incombe, lei che morde il freno, lui che non
ha avuto quel che voleva. Tutti e due abbastanza giovani e arrabbiati per chiudere l'album
di famiglia che cominciava con quella bella foto - noi due, oggi sposi - e ricominciare.
Magari aspettando tre o quattro anni per poi dire ad un altro, ad un'altra, sì.