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I risvolti dell’Opa

 

Marcello De Cecco

 

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Questo articolo e’ apparso su Affari&Finanza, supplemento economico di "Repubblica", lunedì 1 marzo 1999

 A giudicare dallo spazio che i giornali stranieri gli hanno riservato, il tentativo di scalata ostile di Olivetti a Telecom sembra proprio "the only game in town" e che lo sia vien da pensarlo anche guardando alla ressa di merchant bank anglo-americane che si sono affrettate a offrire i propri servigi a entrambi i contendenti. Il New York Times ne ha contate undici, in uno spiritoso articolo nel quale Samuel Hayes, noto professore di finanza di Harvard, viene citato come autore di una definizione del comportamento delle banche stesse come "feeding frenzy" , che in italiano può essere reso con il meno elegante, ma egualmente espressivo "ressa attorno al trogolo".

I giornali italiani hanno, per l'occasione, abbondato nello stile che sembra piacer loro sopra ogni cosa, quello "Fiorentina-Juventus" o "Coppi e Bartali", la contrapposizione dei caratteri dei protagonisti delle due cordate, o anche in variazioni sul tema "fine di un'epoca". Alcuni si sono rallegrati per una sfida supposta tra Davide e Golia, tutti sottolineano, e da entrambe le parti, la preoccupazione per "tenere il controllo di Telecom in Italia". Ma il tentativo di scalata ostile della Telecom rappresenta molto di più di una partita tra fazioni italiane. Questa volta scomodare Carlo Ottavo o Carlo Quinto non vale la pena: essi sono tornati tra noi ormai da un pezzo, come uno studio della compagine societaria delle principali banche italiane rivela assai chiaramente. E' una sfida a tutta l'Europa quella che si gioca in questi giorni. Dal suo risultato si vedrà infatti se l'introduzione dell'Euro segna la vittoria del modello renano o se invece la moneta unica faciliterà sempre più chiaramente le attività di coloro che veramente sanno gestire un grande mercato unico, le case finanziarie (ma anche industriali) americane.

Lo scorso anno una scalata ostile tentata da un blasonato gruppo industriale tedesco ad un altro altrettanto storico raggruppamento dello stesso paese è finita con un accordo fuori mercato nella migliore tradizione renana. Questa volta la curiosità maggiore è proprio riposta nella probabilità che la tenzone termini di nuovo alla renana, con una ridistribuzione di cani contro gatti dalla imperscrutabile valutazione di mercato. O che, invece, questa scalata, per la quale la stampa americana non ha esitato a richiamare il precedente KKR-Nabisco, del quale abbiamo ora è poco celebrato il decennale, mostri che veramente è possibile imbastire un'operazione totalmente mutuata dalla esperienza americana, con tecniche finanziarie anche esse statunitensi, e portarla al successo nonostante l'ancora grande differenza dei contesti istituzionali italiani da quelli d'oltre oceano.

Guardiamo alle nazionalità degli attori coinvolti in questa recita. Ci sono italiani, americani, tedeschi, inglesi. Ci sono autorità tutorie italiane ed europee, ma c'è anche la possibilità che persino la Security and Exchange Commission ritenga necessario interessarsi della faccenda, visto il presumibile destino finale di buona parte dei bonds emessi per finanziare l'operazione, nei portafogli di trust fund e pension fund statunitensi. E guardiamo le tecniche cui si fa ricorso. Innanzitutto l'uso proposto di una caratteristica di quasi tutte le scalate ostili americane, la capacità disponibile di indebitamento della società-preda. E poi l'emissione di "speculative-grade bond" (alias, junk bond) e la proposta vendita di parte del patrimonio della società-preda per finanziare l'operazione. Tutte cose che in America si insegnano nelle business school ormai da decenni, ma che in Europa sono viste ancora da lontano, come appartenenti a un mondo diverso.

Supponiamo che la scalata abbia successo. Quante sono le società europee nei confronti delle quali l'operazione può essere ripetuta? Già in Italia possiamo individuarne alcune. Ma in tutto il continente se ne contano parecchie altre, e le case finanziarie che sono impegnate nella operazione Telecom, da entrambe le parti, possono, in caso di successo, mettere la propria spada a disposizione di altri raider di coraggio. E c'è da scommettere che lo faranno, proponendo ai potenziali predatori, come forse è accaduto anche questa volta, operazioni accuratamente studiate. Questa prospettiva diviene tanto più probabile quanto più dura la crisi da sovrapproduzione, da capacità in eccesso, che attanaglia molti settori e che è stata prodotta da tre bolle speculative successive: quella giapponese della fine dello scorso decennio, quella asiatica esplosa nel 1997, e quella statunitense, che i responsabili della politica economica americana tentano in tutti modi di far spegnere senza drammi. Ma è stato proprio Alan Greenspan a richiamare (nella deposizione al Congresso del 23- 24 febbraio) l'attenzione sulla discrasia tra dinamica degli investimenti e dinamica della produzione, che caratterizza il sistema produttivo americano da qualche anno, e costituisce una formidabile minaccia all'ordinato ritirarsi della congiuntura.

La razionalizzazione di parecchi settori produttivi dunque si impone. Dall'esito della operazione Telecom si trarranno auspici per prevedere le modalità con le quali tale razionalizzazione sarà condotta, a scala mondiale. La tradizione europea vuole che essa si svolga all'insegna della collusione tra grandi gruppi, con possibile coinvolgimento dei governi. Ora invece si affaccia la possibilità reale che a razionalizzare sia la grande finanza, coinvolgendo i mercati e in particolare i trust fund e i fondi pensione che forniscono le risorse finanziarie infine necessarie. E che, al termine delle varie operazioni, si possano identificare senza difficoltà i vincitori e i vinti. In tal caso, si passa da una tradizione di giochi ripetuti, tipica di classi dirigenti che abitano in paesi angusti, dove ognuno respira l'aria altrui, e non spinge mai la propria vittoria fino in fondo, ad una di "one-shot games" condotti su mercati abbastanza ampi da permettere comportamenti esclusivamente ispirati alla massimizzazione di breve periodo.

Questo è il significato della sfida che attualmente impegna attaccanti e difensori della fortezza Telecom. E' toccato ad una società italiana fornire il terreno per questo esperimento che rischia di essere di portata epocale. Ma non si avvolgano nel tricolore i vari protagonisti, per meglio offendere o difendersi. Non è il caso. Assai prima si sarebbe dovuta alzare la bandiera, e apprestare le armi; e nessuno lo fece. Chiunque vinca, i veri vincitori saranno professionisti e banchieri d'affari, per la gran parte anglo-americani. Le ragioni dei produttori sono state ignorate. Perché tutto, o quasi tutto, quel che serve a telefonia e comunicazioni si vende da noi, ma si progetta e fabbrica, e da parecchio, all'estero. Si rallegrino i nostri figli. Non progetteranno o fabbricheranno, ma potranno almeno, se hanno voce gradevole e modi urbani, trovare occupazione presso i "call center" di quelli che vendono e gestiscono i telefoni. E' già meglio che friggere patatine.

 

 

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