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Ecco come comprare i capitali per lo sviluppo

 

Silvio Scaglia

 

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Questo articolo e’ apparso sul numero 46 di "Reset" (marzo 1998)

 Il risparmio nei paesi dell'area OCSE è sempre elevato. Nei paesi europei e Giappone si parla di cifre percentuali superiori al 10% rispetto alle entrate per ogni famiglia mentre negli USA il risparmio si assesta intorno al 5%. Cifre che complessivamente totalizzano svariate migliaia di miliardi di dollari. Ognuna delle grandi istituzioni finanziarie mondiali amministra cifre comparabili con l'intero PIL italiano : secondo una recente classifica del Financial Time gli asset management di UBS/SBC sono di 920 miliardi di dollari, la giapponese Kampo amministra un valore pari a 798 miliardi di dollari. Il principale fondo statunitense, Fidelity, gestisce circa 520 miliardi di dollari ed è al terzo posto di questa speciale classifica. Questi enormi capitali oggi si muovono senza frontiere nel mercato finanziario sempre più integrato globalmente, alla ricerca di un unico obiettivo : un ritorno attraente a fronte di un livello di rischio noto e controllabile. Un obiettivo significativamente diverso rispetto a quanto abbiamo spesso visto in Italia ed in altri Paesi dell'Europa Continentale negli ultimi anni, dove con il capitale si è più spesso cercato di comprare potere, proprietà, il futuro di una dinastia e talvolta anche la stabilità e la continuità di aziende o banche che di per sé non sono gestite in modo da produrre ritorni adeguati sul capitale investito.

Oggi anche in Italia, in epoca di globalizzazione dei mercati finanziari, è possibile e necessario affiancare ai fattori che hanno tradizionalmente guidato il flusso dei capitali domestici una nuova visione, in grado di produrre enormi benefici per la nostra economia ed il nostro Paese : comprare nel mondo i capitali per finanziare lo sviluppo dei nostri progetti e delle nostre aziende! Cosa significa questa frase? Come è possibile comprare il capitale, visto che siamo abituati a pensare e ad osservare che normalmente avviene proprio il contrario : il capitale serve per impadronirsi, nel senso più onesto del termine, di altre cose, quali ad esempio aziende o fattori di produzione? E' possibile guardare al capitale con un'ottica nuova, considerandolo esso stesso un fattore di produzione che sulla base di certe regole può essere acquisito quando e come necessario?

Questo diverso paradigma significa che oggi anche in Italia un progetto o un'Azienda in grado di offrire agli investitori un ritorno attraente a fronte di un rischio noto e controllabile può essere finanziato dai mercati finanziari globali senza necessariamente essere posseduto da chi lo finanzia. Nel nostro Paese è ancora spontaneo domandarsi a chi appartiene una determinata azienda mentre spesso dimentichiamo che nessuno si pone il problema di chi sia il proprietario di General Electric, di Walt Disney, di IBM o di AT&T. In qualche modo intuiamo che si tratta di aziende che non servono nessun "padrone", ma che operano sotto il controllo del mercato per dare i migliori ritorni possibili ai propri investitori. Finalmente anche in Italia possiamo realisticamente pensare di attrarre decine o centinaia di migliaia di miliardi dai mercati finanziari mondiali senza dover affrontare dilemmi come chiederci se sia giusto o no vendere le nostre aziende agli stranieri. Basta offrire al capitale ritorni attraenti a livelli di rischio noti e controllabili. In questo modo possiamo aggiungere al nostro sistema economico una nuova importante opportunità di sviluppo. In un'epoca di colossale domanda di capitali per le privatizzazioni o per lo sviluppo competitivo di infrastrutture ormai vitali come le telecomunicazioni a fronte della ormai comprovata debolezza del sistema finanziario italiano, perseguire sistematicamente questa opportunità è sempre più importante. Le banche italiane sono notoriamente per lo più in difficoltà, le Grandi Famiglie che tradizionalmente hanno finanziato importanti settori dell'industria italiana non riescono più a sostenere il ruolo propulsivo dell'economia che ebbero in passato, lo Stato privatizza e non investe, le piccole e medie imprese possono sviluppare solo piccoli e medi progetti, la Borsa Italiana nonostante i recenti rialzi rimane debole. Dobbiamo necessariamente perseguire anche nuove strade se non vogliamo definitivamente dimenticarci dell'Italia come uno dei principali attori economici del mondo.

Che la nuova strada di cui abbiamo parlato sia praticabile anche in Italia è fatto ormai dimostrato. OMNITEL, l'azienda che ho la fortuna ed il provilegio di gestire, è un esempio in questo senso. OMNITEL ad oggi ha investito oltre 4.000 miliardi, che sono stati raccolti in parte come mezzi propri, circa un terzo, e per la maggior parte come debito sui mercati finanziari internazionali al momento in cui l'azienda esisteva solo come progetto prevalentemente solo come progetto embrionale. Sarebbe stato impossibile finanziare quello che allora era poco più di un'idea prevalentemente in Italia. La dimensione degli investimenti necessari, la scarsa comprensione dell'opportunità in Italia, la novità del progetto nel quadro di qualche anno fa, hanno reso necessario reperire quasi 3.000 miliardi dei capitali necessari all'estero. OMNITEL è potuta decollare grazie alla fiducia di alcuni importanti azionisti, tra i quali solo Olivetti e la Banca di Roma possono essere considerati italiani mentre altri come AirTouch, Bell Atlantic, Mannesmann, Telia, CCII, sono certamente internazionali. Sul fronte del debito OMNITEL è finanziata, o meglio ha comparato capitali, per oltre il 70% da istituzioni finanziarie internazionali. E tutto ciò non ha mutato la natura dell'azienda che è profondamente italiana. OMNITEL ha azionisti e investitori importanti, ma non ha padroni, pur essendo perfettamente conscia di dover rendere puntualmente conto del proprio operato a tutti coloro che ne hanno consentito la nascita e che continuano ad accordarle la propria fiducia.

OMNITEL oggi è uno tra i pochissimi altri esempi in Italia, ma sono assolutamente convinto che si tratti di un esempio replicabile in modo sempre meno complicato. Anche perché oggi la nuova forza della Lira permette di superare i significativi rischi finanziari che una moneta debole comporta. Rispetto a pochi anni fa l'Italia ha compiuto importanti passi in avanti per quanto riguarda la propria credibilità internazionale, ha certamente maggiore stabilità economica e monetaria ed ha probabilità molto maggiori di riuscire a convergere nella moneta unica europea insieme ai primi in Europa. Elementi questi fondamentali per rendere più controllabile il rischio degli investimenti internazionali nel nostro Paese. Inoltre, seppur lentamente e faticosamente, una nuova cultura che sintetizzerei con la parola trasparenza si sta imponendo anche in Italia. Non sto solo parlando dei comportamenti, che ovviamente è data per scontata ed è legata alla onestà stesse delle persone. Parlo della trasparenza come contrario di ambiguità, come chiarezza e condivisione delle regole e delle informazioni, in modo che i rischi siano più valutabili. Trasparenza delle regole per la cosiddetta "corporate governance", trasparenza di gestione delle aziende, trasparenza dell'ambiente regolatorio ed istituzionale. Queste condizioni di trasparenza sono tutte fondamentali per consentire sistematicamente ai progetti ed alle aziende italiane di poter acquisire il capitale necessario sui mercati finanziari internazionali.

Di corporate governance ultimamente si sta parlando molto e senza dubbio gli stimoli provenienti dalla Commissione Draghi contribuiscono positivamente allo sviluppo della nostra cultura imprenditoriale. Privilegiare la "contendibilità" delle imprese piuttosto che la stabilità dei nuclei di comando è assolutamente necessario per operare nell'ambito di questa nuova visione. Per attrarre i capitali che, piuttosto del comando, cercano ritorni attraenti e rischi controllabili è certamente necessario promuovere condizioni che espongano quanto più possibili le aziende ed i relativi amministratori al giudizio del mercato, arrivando al punto di facilitare il cambiamento di controllo di un'impresa nel caso in cui in un certo momento che li gestisce non riesca più ad assicurare i ritorni che altri sui mercati finanziari pensano di poter offrire. Nei mesi scorsi la vicenda MCI - British Telecom - WorldCom ha costituito un caso scuola in questo senso. Tutte le tre aziende in questione sono "public companies" con azionisti che cercano esclusivamente il ritorno sul proprio investimento, ma WorldCom con all spalle un astoria di maggiori ritorni sistematicamente offerti ai propri azionisti è stato in grado di promettere in modo convincente agli azionisti di MCI un valore del proprio investimento superiore rispetto alle altre alternative che essi avevano di fronte : continuare da soli o accettare la già fantastica offerta di 28 miliardi di dollari in contanti di GTE. Grazie alla effettiva "contendibilità" delle imprese nei mercati anglosassoni gli azionisti di MCI hanno potuto scegliere ciò che ritenevano meglio tra diverse alternative ed hanno scelto di vendere la propria azienda in cambio di azioni di un'altra, che ha sempre dimostrato di saper adeguatamente ricompensare chi le ha fornito il capitale di cui necessita. In un ambiente diverso, che avesse piuttosto privilegiato la stabilità di controllo tramite un esempio incroci azionari, gli azionisti di MCI non avrebbero avuto scelta e avrebbero dovuto accontentarsi degli inferiori ritorni offerti dalla gestione stabile dell'azienda.

La trasparenza di gestione delle aziende è la seconda condizione ed è molto importante, perché in un'impresa priva di un padrone il rischio che il management incominci a comportarsi come tale non può essere sottovalutato. Trasparenza in questo caso significa soprattutto la volontà del management di confrontarsi sistematicamente con obiettivi condivisi a priori con chi fornisce il capitale. Naturalmente questo confronto può avvenire solo con investitori adeguatamente educati ed informati, quindi anche questa responsabilità di educazione ed informazione diviene prioritaria per le aziende che intendano acquisire il capitale anziché esserne acquistate. Il coinvolgimento dei finanziatori o dei loro rappresentanti, in primo luogo il Consiglio di Amministrazione, nei processi di pianificazione strategica e di budget, così come il sistematico e frequente confronto dei risultati consuntivi con le aspettative dei finanziatori e dei mercati a questo tipo di trasparenza.

L'ultimo elemento di trasparenza necessario per rendere il livello di rischio di qualsiasi importante iniziativa noto e controllabile è la chiarezza dell'ambiente regolatorio ed istituzionale. E' assolutamente necessario che gli investitori, specialmente se internazionali, possano avere la massima fiducia che il loro investimento non verrà penalizzato rispetto ad altri eventuali concorrenti sulla base di regole note a priori ed applicate con equità. Questo aspetto è ancora più importante nei settori che comprendono grandi privatizzazioni o laboriosi passaggi da situazioni di monopolio, in cui l'interesse nazionale spesso poteva essere confuso con l'interesse di un'azienda, a situazione di mercato in cui invece l'interesse nazionale diviene semplicemente promuovere regole eque di concorrenza. Ancora una volta le telecomunicazioni offrono numerosi spunti su quanto difficile possa essere giungere a questa necessaria trasparenza dell'ambiente regolatorio,ma invece di soffermarmi in questa sede sulle difficoltà preferisco mettere in luce l'inevitabilità dello spostamento verso una situazione di maggior chiarezza. Il processo di integrazione europea, che si concretizza con la definizione di direttive sempre più stringenti, ormai lascia solo l'incertezza delle tempistiche con cui saranno effettivamente recepite nei vari Stati membri. Insomma, anche sotto questo aspetto si va migliorando.

L'opportunità di comprare sui mercati finanziari internazionali i capitali necessari per lo sviluppo delle più importanti iniziative del Paese dunque esiste e può essere sfruttata sistematicamente per attrarre i grandissimi capitali necessari per mantenerci al passo con lo sviluppo dei migliori al mondo. E' importante essere consci di questa nuova possibilità per poterla sfruttare quando è opportuno, per preparasi adeguatamente aggiornando certi luoghi comuni ormai superati e per sostenere con quanta più forza possibile gli importanti processi di rinnovamento che il nostro Paese ha faticosamente avviato. Mettere le imprese ed i progetti italiani nelle condizioni di comprare i capitali necessari sui mercati internazionali significa dotarsi di una nuova importante arma per creare occupazione ed allo stesso tempo rendere più competitiva l'infrastruttura del nostro Paese.

 

 

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