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Il grande regista si chiama Prodi



Silvio Trevisani



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Rileggendo con calma quello che è successo negli ultimi dieci giorni sorge spontanea una domanda: esiste una leadership all’interno del centrosinistra? Da sempre ci rispondono che essa è collettiva, trattandosi di una coalizione aperta, con diverse anime e identità. Non c’è un “padrone”, un partito egemone, una figura politica che chiaramente sovrasti le altre. Insomma, ci descrivono una famiglia più o meno grande e unita, a seconda dei momenti e degli umori dei vari “parenti”. Sembrerebbe una risposta sensata e motivata dalla storia di questa coalizione che, molto più della sua antagonista, il Polo, si porta in eredità identità profonde che hanno segnato la storia politica italiana, e che, stando ad alcune recenti cronache, starebbe vivendo un momento di grande concordia e unità.

Eppure riguardando quello che è successo negli ultimi dieci giorni resistono in noi alcune perplessità circa i meccanismi che presiedono ai processi di decisione interni e circa la capacità di comunicare con chiarezza organigrammi e progetto, non solo elettorale. L’impressione che le ambiguità che scossero e ferirono gravemente il primo Ulivo siano ben al di là dall’esser state affrontate e superate.

Partiamo dalla scelta compiuta, in maniera abbastanza sorprendente, da Giuliano Amato, che si è ritirato dalla corsa alla premiership per le elezioni del 2001, comunicandolo durante una trasmissione televisiva. Una scelta fatta proprio nel momento in cui erano stati scritti e firmati appelli di parlamentari e intellettuali che chiedevano alla maggioranza di centrosinistra di modificare e “rallentare” il processo che avrebbe dovuto portare a “nominare” il proprio candidato premier.

In quegli appelli si chiedeva sostanzialmente di aprire un dibattito ampio e approfondito che passasse quantomeno per un confronto tra i programmi dei candidati, si invitavano i dirigenti del centrosinistra a valutare le eventuali ripercussioni negative sull’attività e la credibilità del governo in carica, proprio alla vigilia di una Legge Finanziaria sicuramente innovativa. Ma il presidente Amato ha rotto gli indugi decidendo altrimenti. Perché?

Francesco Rutelli è stato acclamato candidato del centrosinistra in attesa che una convention della coalizione convocata per il 20/21 ottobre ratifichi la sua nomina. Perché?

Sabato scorso poi è improvvisamente rinato l’Ulivo, benedetto e rafforzato da una discesa in campo del suo fondatore, il presidente della Commissione Europea Romano Prodi. Il giorno dopo Walter Veltroni, in un’intervista al “Corriere della Sera”, dichiara: “Rilanciamo una sinistra riunita, liberale, che abbia quale grande regista Giuliano Amato, con Ds, Comunisti unitari, Socialisti e formazioni diverse della sinistra riformista, che ritrovando se stessa, ritrovi anche i grandi numeri di una volta”. E non sarebbe la cosa Tre.

Cosa è accaduto? Dove e tra chi si è svolta la discussione? Dove e chi ha steso i contorni del progetto? Chi ha deciso? Esistono ancora le strutture dirigenti degli antichi partiti, i piccoli Cremlini, i luoghi dove, magari solo in sette, si dibatteva anche ferocemente?

Domande ancora senza risposta.

Speravamo che questi quesiti potessero trovare qualche spiegazione sabato sera a Formia, dove si è svolta una bella festa di compleanno, vera e commovente, per festeggiare i novant’anni di un Grande Padre della sinistra: Vittorio Foa. Un’occasione per apprendere lezioni di coerenza, per ascoltarlo mentre parla del suo ultimo dolce libro “Passaggi”, mentre afferma: “Io vorrei essere ricordato così: Vittorio era uno che credeva in quello che diceva”. Eccolo: sorridente e commosso, circondato da compagni di battaglia, amici e “discepoli”, da Bruno Trentin, a Sergio Sabbattini, a Pietro Marcenaro. Seduto accanto a lui c’è Walter Veltroni.

E' festa, ma Vittorio non rinuncia e dice: “Io mi ero espresso per ritardare la nomina del candidato premier del centrosinistra, affermando che occorreva un dibattito ampio. Ma adesso che la nomina è fatta, Rutelli ha il mio totale appoggio e i miei auguri di successo. Gli auguro però di non essere solo il portavoce televisivo. E mi auguro che serva a dare all’Ulivo forza di soggetto politico unitario e di disciplina unitaria. So bene di essere vecchio quando penso che la tv è certamente importante, ma solo come sostegno alla politica. Non la può sostituire. Noi abbiamo bisogno di qualcosa che sappia dare risposte che non siano quelle vecchie.” Insomma: il centrosinistra ha scelto il proprio leader?

Ma la risposta non arriva: forse in questo momento nessuno la può o la vuole dare. Anche perché la scelta di Francesco Rutelli non è facile da spiegare. Non è semplice capire perché un presidente del Consiglio come Giuliano Amato, che a detta di tutti sta lavorando bene ed è competente, non debba essere il candidato anche per la prossima legislatura.

Walter Veltroni quando conclude la festa non affronta l’argomento sollevato da Foa, ma parla della necessità di una “contaminazione fra i diversi riformismi per dar vita a una grande casa del riformismo, con dentro una sinistra moderna che sappia con asprezza leggere la propria storia e difendere i propri valori”. “Vittorio - aggiunge - è ciò che la sinistra è o dovrebbe essere: un luogo curioso del futuro. Fu lui il primo a capire il progetto autentico e profondo dell’Ulivo e da sinistra lo ha sempre sostenuto.”

Rutelli è più “contaminante” di Amato?

Sempre sabato a Formia, città che nel suo stemma ha l’Araba Fenice, non si era svolta solo una festa di compleanno. Secondo molti osservatori era rinato l’Ulivo e le cronache raccontano di un presidente della Commissione europea che, affrontando il presente della situazione politica italiana, lancia l’idea di una “Casa dei riformatori”, tutti insieme, sia laici che cattolici (disturbando non poco la neonata coalizione “Margherita” di ispirazione cattolica) e di un presidente del Consiglio dell’Italia che affronta soprattutto i problemi del presente e del futuro dell’Europa.

Questa sarebbe la cronaca rapida di uno strano week-end politico. Per alcuni sorprendente, per altri forse molto semplice da capire. Noi l’abbiamo letto così: il leader del centrosinistra c’è e si chiama Romano Prodi. L’Ulivo lo ha fondato lui, il know-how è suo. “E' il Gran pasticciere che aiutato dall’ingegnere (Carlo De Benedetti, ndr ) ha preparato la ciambella con il buco per l’Ulivo”: lo sostiene Antonio Macaluso nel prossimo numero di “Ragioni del socialismo”. Così al momento giusto è venuto a dire che bisogna ricominciare là da dove si era partiti, nel 1994.

Ci sarebbe solo una piccola differenza: che Romano Prodi adesso è a Bruxelles, nel ruolo che fu di Jacques Delors (un uomo che da presidente della Commissione non parlò mai di problemi politici francesi), e in Italia si combatterà una campagna elettorale difficilissima nel nome del sindaco di Roma Francesco Rutelli.

Così viene voglia di fare una proposta: perché candidato premier del centrosinistra per le elezioni del 2001 non si è nominato (o si nomina) Romano Prodi? Certo è una proposta che ha il sapore della provocazione però, forse, tutto sarebbe stato più chiaro e più lineare, e, forse, non sarebbero nati i tanti, troppi, sospetti di un percorso costellato da veti e contro-veti incrociati. E di un grande regista esterno.


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