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Giancarlo Bosetti


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Questo articolo è apparso su la Stampa  del 28 settembre

Sui giornali di ieri Giuliano Amato è stato ricoperto di apprezzamenti, meritati quanto sospetti: grande statista, umanità generosa, signorilità responsabile. Tutto vero, il presidente del Consiglio ha queste e altre doti, ma la somma dei latori di tali encomiastici giudizi non ha prodotto non dico una secca designazione del portatore di tanta virtù come candidato a rappresentare la guida del centrosinistra alle prossime elezioni, ma neppure una succinta discussione sulle ragioni per cui è stato scelto un altro candidato.

Io e una cinquantina di persone che stavano per presentare un documento per la richiesta di un rinvio della convention che doveva investire Rutelli (ormai è già investito) ci siamo detti: che vogliamo fare? Finta di niente? E ci siamo anche rapidamente risposti (quei pochi che abbiamo fatto in tempo a sentirci, ma anche gli altri: mi scuseranno, so che è tutta gente di carattere, che non ha paura delle proprie opinioni): no, finta di niente neanche un po'.

Gli argomenti in base ai quali chiedevamo il rinvio erano, e sono, buoni: contraddizione tra premier in carica e premier designato, rischi di instabilità e debolezza del governo, vaghezza e oscurità dei criteri con i quali si sceglie un premier, e infine paura di una sindrome da serial killer, quella della sinistra italiana che fa fuori i suoi capi di governo con una velocità per lo più proporzionale alle loro doti. Se preferite possiamo definirla una banale sindrome suicida.

I sottoscrittori di questo documento nato e sostenuto nei dintorni della rivista Reset (qui ne posso citare solo alcuni: Luciano Berio, Norberto Bobbio, Sandro Pizzorno, Luciano Cafagna, Luciano Gallino, Miriam Mafai, Guido Martinotti, Salvatore Veca, Maurizio Scaparro, Silvio Lanaro, Piero Bevilacqua, Alessandro Cavalli, Giacomo Marramao, Carlo Melograni, Salvatore Lupo), cui si sono aggiunti negli ultimi giorni i politici dell'area riformista dei Ds, a cominciare da Napolitano, e poi anche quelli dell'area di sinistra che fa capo a Cesare Salvi, con Luciano Pettinari, Mario Artali, Federico Coen - si sono dunque trovati uniti dalla richiesta di un metodo di designazione che desse all'opinione pubblica una incontestabile prova di serietà e chiarezza.

Tutto inutile, si potrebbe commentare. Forse è così: questa lezione di metodo al centrodestra, abituato dalla nascita a fare politica in regime di monopolio, il centrosinistra gliela darà un' altra volta. Ma non si può tacere che un risultato la nostra iniziativa lo ha raggiunto: ha contribuito a che Giuliano Amato fosse in condizioni davvero di scegliere tra una battaglia politica aperta sulla candidatura e la rinuncia.

Quando ha scelto di rinunciare, ha scartato una via, che era praticabile e che aveva possibilità non trascurabili di successo. Insomma non è stata la mossa della volpe davanti all'uva irraggiungibile, e perciò giudicata acerba. L'uva era alla sua portata. Ha davvero scelto di non coglierla per ragioni comprensibili - il timore dei danni prodotti dalle divisioni, il desiderio di non essere distratto dall'azione di governo - anche se non convincenti per tutti.

Adesso dalla richiesta di rinvio della designazione alle ovazioni per il candidato Rutelli il passaggio non sarà automatico. Prima di archiviare la pratica (e un capo di governo) e di lanciarsi in gioiosi salmi elettorali, si potrà discutere da qualche parte delle ragioni per cui la sinistra vuole andare al governo?


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