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Guido Martinotti
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Molti anni fa il bibliotecario dell'Università di
California at Santa Barbara, UCSB, mentre mi aiutava a cercare un
libro che non riuscivo a localizzare. A un certo punto mi ha chiesto
come mai le collane italiane fossero così disordinate e mi mostrava
sugli scaffali alcune serie di volumi che, in contrasto con la
rassicurante omogeneità della generalità degli altri periodici,
erano delle più varie dimensioni e foggie, con numerazioni confuse e
lacunose e, in particolare, con la scritta sulla costa a senso
alternato in modo casuale. E' noto che questa scritta deve essere
sempre nella stessa direzione, dall'alto in basso, in modo che quando
si cerca un libro o quando un libro è posato sul tavolo a faccia in
alto non occorra fare pericolosi esercizi con le vertebre cervicali.
Lì per lì non ho saputo che dire, ma poi mi è parso chiaro che
questo piccolo segno era l'indizio di qualcosa di molto radicato nella
nostra cultura, l'innovazione senza tradizione, che poi non è altro
che una forma di magia nominalistica. La credenza cioè che cambiando
la sigla di un ente che non funziona si sia fatta una riforma - guarda
quante sigle si sono sprecate per i servizi segreti. E questo vale per
le collane di libri. Ogni nuovo direttore di collana appena insediato
dà l'ordine di cambiare copertina e formato, ma non si preoccupa di
sapere né la numerazione precedente né, sono quasi certo, di
informarsi su cosa è stato fatto. E ogni rilegatore mette a capocchia
il titolo sulla costa, senza controllare, probabilmente perchè
nessuno gli ha mostrato come.

Così i segretari dei partiti che decidono i candidati per noi
cambiano il candidato senza preoccuparsi della inspiegabile e
probabilmente letale contraddizione di una coalizione che invece di
uno dei tre premier che hanno dato prova di bene operare, di cui uno
ancora in carica, sceglie un nuovo candidato solo perché ha la
copertina più bella. Senza contare che l'esperienza italiana, al
contrario di quella francese, dove fare il sindaco è compito più
amministrativo che politico, insegna che il passaggio da sindaco,
anche di una grande città come Milano, Napoli, Firenze o Catania al
governo nazionale non dà buoni risultati. Si potrà obiettare che il
Sindaco di Roma è un sindaco con due più, ma sul piano nazionale
l'immagine di Roma non gode di tutta questa grande simpatia e non sono
sicuro che in Roma stessa Rutelli possa contare su un grandissimo
consenso.
Nei tempi antichi, e fino agli inizi di questo secolo in verità,
perché anche Mussolini ha potuto provarne il brivido, le sfide a
duello si praticavano con una precisa regola: lo sfidato sceglieva
l'arma. E ovviamente lo sfidato che non fosse un suicida o un
mentecatto, contro uno spadaccino eccellente, sceglieva la pistola. Mi
sembra che questa sana regola sia stata seguita molto assennatamente
dal Al Gore: visto che il Governatore Bush aveva scelto un terreno
prevalentemente massmediatico, sul quale si muove a suo agio,
sciorinando molte battute e poco contenuto, Al Gore ha scelto l'arma
dei contenuti (issues) riaffermando duramente l'identità
progressista del proprio elettorato.
E' vero che anche i contenuti sono stati conditi da succulenti
intingoli televisivi, nessuno dice che le campagne si devono fare
senza ricorrere ai migliori mezzi di persuasione disponibili. Ma si è
soprattutto basato sulla riaffermazione dei fondamenti della
socialdemocrazia americana, persino a tratti eccessivamente calcati,
tanto che alla fine del discorso si aveva l'impressione che si fosse
trattato, alla buonora, di una risposta all'angosciosa implorazione di
Nanni Moretti: "dì una cosa di sinistra".
La scelta ha pagato, mentre se Gore avesse rincorso le lepidezze del
governatore del Texas il risultato sarebbe stato senza dubbio penoso.
Qui in Italia invece si decide la politica della rincorsa lanciando
Rutelli sul terreno della sfida personale a Berlusconi, come appare
chiarissimo dalle reazioni dell'interessato. Invece di un duello
classico su chi è più bravo a governare, sembra una sfida da film
western con il giovane pistolero che vuole a tutti i costi misurarsi
con il famoso tiratore andandolo a provocare nel saloon dove si trova
abitualmente con i suoi scherani.
Ma, oltre all'errore sul piano elettorale appare veramente grave la
perdita di credibilità che si accompagna al modo confuso e non
trasparente di scelta del candidato. Chi ha nominato gli elettori
palatini della Dieta di Gargonza? Dove, come e da chi vengono fatte le
scelte? Chi e a chi risponderà degli errori? Che convenzione è mai
questa in cui tutto è deciso prima, non dagli elettori, ma in
"stanze piene di fumo"?

La sinistra in questo paese si è sempre impegnata sul piano
dell'ampliamento e del miglioramento della democrazia. E' un grave
errore e uno spreco allontanare gli elettori con pratiche che, anche
nella scelta dei riti e delle parole, tradiscono un profondo
disinteresse (quando non una decisa ignoranza) delle regole delle
procedure democratiche. La clamorosa topica della
"incoronazione", che si candida a finire sui manuali di
comunicazione politica, è stata molto probabilmente suggerita dalla
pratica americana del "concedere" che ha portato Bradley a
sostenere Gore e McCain a sostenere Bush. Ma in entrambi i casi i
perdenti erano stati convinti a rinunciare dopo una campagna
elettorale senza esclusione di colpi. Che razza di convenzione è
quella in cui esce papa chi entra papa, scelto dagli apparati e non
dagli elettori del centro sinistra che, come risulta dai sondaggi sono
in maggioranza per Giuliano Amato.
La sondaggite di questi tempi ha fatto dimenticare l'insegnamento dei
padri della sociologia politica, Lazarsfeld e Merton, che il maggiore
effetto di una campagna elettorale di successo è il rafforzamento del
proprio elettorato. Se non si vuol far la fine di chi cerca di
stringere l'acqua con le mani, si può andare alla ricerca del voto di
altri elettorati solo dopo essersi garantiti il consenso del proprio.
Difficilmente voteranno per un Rutelli scelto in tal modo i non pochi
che sono attenti a questi aspetti e che si collocano soprattutto
all'interno di quella fascia di elettori scontenti e propensi
all'astensione, che per la coalizione rappresentano forse l'apporto
decisivo.
L'unica possibilità di battere Berlusconi è di dimostrare che il
centro sinistra ha bene operato e sta raccogliendo i risultati di una
politica che ha preparato le condizioni per sfruttare le possibilità
di ripresa mondiale quando si fossero presentate e per attutire i
rischi delle emergenze. Lo può fare Rutelli? No, perché dovrebbe
contemporeaneamente spiegare perché si è cambiato un leader che
andava bene. Invece avremmo una campagna B&R tutta
all'americana fatta di battute e di attacchi personali.
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