Quando si parla del contenuto umanistico
della politica, dei bisogni non immediatamente legati agli interessi economici, delle
"domande di senso" che la gente rivolge ai politici, di solito un liberale
risponde: no lasciamo fuori questi problemi, non sono attinenti. Lei pensa che questi temi
debbano o no influenzare la costruzione di un discorso un politico per i nostri tempi?
Difficilmente ha senso che questi discorsi facciano parte delle azioni legislative o
regolatorie di uno Stato anche se questa stessa affermazione va presa con un certo
relativismo perché è direttamente legata allaltra questione: si può legiferare su
temi che investano letica, la morale individuale e collettiva? La risposta di un
liberale è tendenzialmente no, anche se deve ammettere che entro certi limiti è così, e
gli esempi vengono da sè in un modo o nellaltro: tu linterruzione della
gravidanza la regoli. Un liberale preferirà certi modi a certi altri ma non potrà negare
che comunque questa stessa materia rientra nellambito della regolazione. Detto
questo, però, va anche aggiunto che non cè affatto coincidenza tra azioni di
governo e giurisdizione della politica.
È una differenza di cui non si parla spesso. Eppure sembra che essa conti.
La politica è qualcosa di molto più ampio delle azioni di governo: è uno dei modi
attraverso i quali ciascuno di noi identifica se stesso nel contesto di una società.
Lessere partecipi di una identità collettiva politica può concorrere a dare senso
alla vita, e qui si tocca un punto cruciale in rapporto ai cambiamenti che abbiamo
davanti. Noi abbiamo vissuto per secoli in un contesto nel quale cerano una serie di
contenitori della nostra esistenza che concorrevano a dare un senso alla medesima: la
famiglia, il convento, lesercito, la burocrazia. Poi, nel diciannovesimo secolo per
gli esclusi dai conventi e dagli eserciti sono apparsi i partiti e i sindacati e buona
parte del senso della vita era dato da queste strutture organizzate che ti situavano, ti
davano uno status, ti facevano percepire dagli altri in una certa condizione.
Pensiamo a tutta la letteratura mitteleuropea a cavallo del secolo: la fine
dellimpero austro ungarico, la fine degli eserciti hanno rappresentato fonte di
crisi esistenziali per migliaia e migliaia di uomini, soprattutto maschi, perché essere
ufficiali di quellesercito rappresentava, come in decine di romanzi abbiamo
percepito, ragione di vita. Questo naturalmente riguardava le élites. Poi sono arrivati
gli esclusi, e per loro sono stati prima i sindacati e poi i partiti a dare un senso.
La partecipazione alla vita sindacale e politica diventava parte dellesistenza.
Pensiamo a questa cosa bellissima, a quello che è stato il "tu" per le prime
organizzazioni del movimento operaio. Finalmente lindividuo aveva unidentità
collettiva non subordinata: questo è stato il "tu". Prima, io ricevevo del
"tu" e davo del "voi" agli altri,. La mia condizione era segnata da
questo mio essere subordinato, poi nelle Camere del lavoro, nei primi partiti degli
esclusi ci si dava tutti del "tu". Eravamo esseri umani ed eravamo eguali;
cosi si è sperimentata leguaglianza, il senso delleguaglianza.
Unidentità individuale si è affermata attraverso unidentità collettiva.
Essere perché partecipi di questo movimento.
Cosi nel passato. Ma ora le cose stanno cambiando.
La fine del ventesimo secolo ha cancellato queste cose, per mille ragioni: non tanto e
non soltanto perché ha cancellato la classe generale, ma perché aveva nel frattempo
distorto e fatto emergere il peso dellorganizzazione sullidentità dei
singoli, aveva fatto emergere unidentità collettiva costruita su linee gerarchiche
essa stessa. Cè forse una qualche unilateralità quando uno come me dice queste
cose, perché la cosiddetta identità operaia non è mai stata unidentità solo
subita, è sempre rimasto quel senso orizzontale di cui parlavo, non verticalizzato. Ma è
fuor di dubbio, nella migliore delle ipotesi, che la inclusione degli esclusi è avvenuta.
Ha fatto crescere in ciascuno il senso di sé, ha fatto meglio percepire che io sono in
grado di pensare con la mia testa, mi ha portato dalla condizione di analfabeta che, come
unica risorsa ho quella di poter dare del "tu" agli altri, alla formazione,
allistruzione diffusa, allalfabetizzazione, ai figli che crescono nella scala
sociale rispetto ai padri, e ha fatto emergere una serie di Io insofferenti delle derivate
gerarchiche dellorganizzazione e ha portato a un mondo che oltre a perdere i confini
interni cominciava a perdere anche quelli esterni. Esseri umani che hanno cominciato a
incontrarsi, a muoversi, a creare aggregazioni in precedenza impensabili. Lorizzonte
dei figli era la famiglia fino ad unetà molto avanzata, poi mille orizzonti si sono
aperti per i figli e per i padri che hanno cominciato a uscire dai primitivi confini
partitici e sindacali in cui erano. Ciascuno con il proprio Io.
Il processo di individualizzazione della vita moderna ha rimescolato le carte, ma come?
Ci sono una serie di vicende che hanno punteggiato tutto ciò. Una si può ricordare
per il suo valore emblematico, è quella che porta al superamento, nel mercato del lavoro,
della chiamata numerica a favore di quella nominativa. Allorigine la chiamata
numerica è una difesa dei più deboli perché luno vale laltro
nelloffrire pura forza fisica e allora la scelta delluno anziché
dellaltro può avere motivazioni discriminatorie. Poi, si tratterà di mettere a
disposizione del datore di lavoro non il braccio ma la mente. E a quel punto diventerà
discriminatorio che ciascuno non possa far valere se stesso, che sia soltanto un numero e
non una persona a far valere se stessa. E allora si inizierà a contrattare
individualmente lingresso nel posto di lavoro. Questa è stata una vicenda chiave di
un cambiamento che è molto più largo e che poco alla volta fa emergere lidentità
individuale al di sopra dellidentità collettiva. Ciascuno è un io per sé. Cedono
le strutture gerarchiche. Ciascuno è solo. È la talpa della libertà, che da quando è
entrata nella storia secoli addietro ha inesorabilmente allargato la propria sfera
dazione: un principio universale inizialmente praticato per pochi non poteva non
coinvolgere i più. Sta veramente accadendo che ciascuno è libero e che liberi non siano
soltanto alcuni, ma masse di individui. Ma essere liberi significa essere soli davanti
alle proprie scelte. E qui la libertà, oltre ad essere soluzione, diventa anche problema:
perché quanto più si è soli, tanto più cè bisogno di trovare un senso nuovo
rispetto a quello che le strutture gerarchiche precedenti offrivano.
Senso della vita e protezione venivano offerti pero agli individui anche dal
posto fisso dellepoca fordista, prima dellepoca della flessibilita.
L"anziano Fiat" aveva dei punti di riferimento precisi e fonte di
identità .
Il posto fisso, perbacco: certo anche lessere un anziano Fiat è una fonte
didentità, però bisogna stare cinquanta anni alla Fiat per poterne essere
partecipi in quei termini. Siamo davanti al vero problema morale di fine secolo:
gigantesco, perché la politica non lo può ignorare, perché non può essere lasciato
soltanto ai filosofi o alle religioni il compito di riempire di senso queste vite. Si
potrà dire: tu una volta che sei libero, il senso lo devi trovare da solo. Perché questo
è il significato della libertà. Tutto quello che veniva a te per eteronomia lo devi
trovare per autonomia. E quindi sei solo con le tue scelte. Benissimo, ma qui cè
già un insegnamento: non bisogna mai dimenticare che la libertà è una conquista, e
ormai una condizione, di milioni di individui, ma non ci si può aspettare che milioni di
individui reagiscano alla libertà e vivano nella libertà come le migliaia o le
centinaia. Milioni e milioni di esseri umani che sono giustamente liberi possono trovarsi
in una condizione di grande incertezza davanti alla vita, ben più delle migliaia o delle
centinaia. Perché quando si ragiona in termini di migliaia o centinaia di persone
sappiamo che la loro vita è comunque segnata da ruoli, ma sono almeno i ruoli elitari. Le
élites non sono mai sole e disarmate davanti alle loro scelte: chi appartiene ad esse un
ruolo lo trova, un senso per la sua vita se lo trova comunque offerto. Puoi anche
rifiutarlo, ma il problema che ti viene posto è quello di continuare lazienda di
tuo padre. Oppure tuo padre ti manda a prendere un dottorato che ti fa trovare un altro
posto importante. Oppure sei una ricca signora che anche davanti ad una crisi familiare ha
vie alternative per risolvere il suo problema.
Ma non è cosi per tutti.
Per i milioni e milioni di esseri umani questa scelta può essere drammaticamente tra
la solitudine e un mondo che fa paura. Cera un passaggio, che ho trovato bellissimo,
nel film "Il pianista dellOceano" di Tornatore. Ed è quando il
protagonista decide di uscire dalla nave, si ferma a lungo sulla scaletta ma poi rientra e
alla fine spiegherà: "Io per tutta la vita ho vissuto qua dentro, il mio mondo era
tutto qua dentro, là fuori cerano troppe opzioni. Da che parte dovevo andare: a
destra a sinistra, quale strada dovevo prendere? Anche per vivere per organizzare la mia
vita pratica era impossibile. Allora sono rientrato". Allora, milioni e milioni di
esseri umani, quanto più deboli sono nella società, tanto più si trovano davanti a
opzioni che fanno paura, che atterriscono.

Rieccoci al problema delle scelte di vita e delle "domande di senso".
I milioni hanno bisogno di trovare un senso. La grande domanda del nostro tempo è: che
cosa succede se non lo trovano? Mi viene in mente un altro film, "Taxi Driver",
dove la mancanza di senso genera una implosione che può provocare limpensabile nei
rapporti con gli altri, fino alla violenza piu folle. Anche se questo è un esempio
estremo. Quello che conta è che il problema si pone da sotto, e cioè nella coscienza di
ciascuno, ma anche da sopra, e cioè ai fini del governo di una società cosiffatta. Io
sono un convintissimo assertore, e questo fa parte della mia impostazione fondamentalmente
liberale, che gli esseri umani sono animali di relazione, che la società è un tessuto
fatto di relazioni tra persone, che ciascuno di noi vive attraverso le relazioni che ha
con gli altri. E quindi da sotto, se vengono meno la capacità o la possibilità di
stabilire queste relazioni, manca una componente essenziale della vita e della
esplicazione della stessa libertà: libertà infatti è responsabilità verso se stessi e
verso gli altri e deve essere praticabile su entrambi i fronti. Da sopra, cè il
problema del governo di una società democratica, perché in una società che riconosce, e
non può non riconoscere, la libertà di tutti, la maggior parte delle scelte da cui
dipende il funzionamento della società. In una società di democrazia liberale la maggior
parte delle scelte le fanno i singoli. Il confine tra il giusto e lingiusto, tra il
bene e il male in società come quelle che fronteggiamo oggi non è dato, né dai dettami
delle chiese né dalle linee dei partiti, ma dalle bussole che ci sono in ciascuna
coscienza. Davanti a milioni e milioni di coscienze sulle quali devi contare, come fai ad
avere una ragionevole aspettativa che le scelte saranno quelle giuste? Un esempio che
spesso faccio è questo: cosa ci garantisce contro il fatto che un giorno la maggior parte
degli italiani non decideranno che il rosso dei semafori è uguale al verde? Il giorno che
lo decidono non ci sarà nessun vigile che potrà far funzionare la circolazione. Tu hai
bisogno che questa regola sia vissuta dallinterno. Certo, lesempio è
meccanicistico, automobilistico, ma riguarda anche le grandi scelte morali, sul come
ciascuno stabilisce la sua relazione con gli altri. È un problema di uso della libertà ,
di questa straordinaria libertà di cui oggi giustamente gli esseri umani usufruiscono.
Non possiamo non vedere come la libertà delle scelte sia anche un problema di
governo, se vogliamo una società che funzioni. Inesorabilmente perciò il problema
entra nellarea della politica e la costringe a mettersi in grado di corrispondere
alla ricerca da parte di ciascuno di un senso per la propria vita e quindi di quei
collegamenti attraverso i quali la libertà di ciascuno diventa libera vita di relazioni
con gli altri. La politica ha uno straordinario interesse a intercettarla tale ricerca. E
a farsi intercettare.
E cè il problema di come può avvenire questa intercettazione. Ora, il
tono generale del discorso pubblico italiano sembra assai distante da questi problemi
"di senso". In altri paesi, lo abbiamo visto nei contributi francesi e inglesi
dello scorso numero di "Reset" cè invece una maggiore sintonia tra
bisogni ideali e spirituali degli individui e dialogo politico con la leadership? Blair
parla espressamente della sua politica come "manifesto morale". Da noi non si
esce dal perimetro degli interessi economici. Eppure, parlare per esempio di eliminazione
delle pensioni di anzianita significa spingere a lavorare alcuni anni in piu.
È un tipico tema che coinvolge questioni di senso della vita. Come mai questo limite
italiano?
È possibile per una sorta di reticenza; è possibile per una sorta di impreparazione
ad affrontarlo ed è possibile per una sbornia di mercato politico da bipolarismo. Si è
immaginato che il bipolarismo implichi semplicemente il fare offerte competitive sul
mercato, volte a suscitare il gradimento. La prima frontiera più facile e più semplice
è quella di offrire risposte a bisogni pratici, che è anche quello cui i politici sono
più abituati: rispondere alle domande legiferando. In genere la politica traduce in leggi
e le leggi ,come dicevo allinizio, entrano solo in minima parte nelle questioni che
riguardano il senso della vita, ed è giusto, in fondo, che sia così.
Ma lei ha distinto prima tra sfera del governo e sfera della politica.
E infatti su una politica capace di concorrere allidentità che cè
la reticenza: soprattutto dei partiti di sinistra che avvertono il bisogno di cambiare
rispetto ai tempi in cui fornivano identità collettive che oggi appaiono coattive davanti
allesplosione di libertà. E così non si è preparati ad affrontare diversamente la
questione, col risultato di restare emarginati, o addirittura estraniati, rispetto ai temi
che per la coscienza di ciascuno, per il senso che fornisce identità a ciascuno, contano
di più.
E allora come si fa a spostare la sensibilita della nostra politica?
Qui si pone con chiarezza la superiorità del dibattito che ha cominciato a svolgersi
nel Regno Unito e che ha cominciato a svolgersi in Francia, su una politica che solo se è
esemplificazione del giusto riesce a coinvolgere in direzione della scelta per il giusto i
tanti individui che la osservano. Una volta si diceva: a me non interessa che il politico
sia ladro, basta che sia efficiente. Ecco, oggi probabilmente una risposta del genere non
può più essere data, non perché sia venuto meno il cinismo a questo mondo, ma perché
il bisogno di scegliere tra giusto e ingiusto non può lasciar fuori la politica. Almeno
da parte di chi sente il bisogno del giusto. Da questo punto di vista io rimasi molto
colpito quando lessi alcuni anni fa uninchiesta dell "Economist"
sullIslam e il capitalismo occidentale in cui, sostenendo che lIslam aveva
ragione nellaccusare il capitalismo occidentale di perdita di quei confini etici che
ne avevano giustificato largamente lo sviluppo finché la religione aveva funzionato da
cornice morale dei comportamenti, l"Economist" diceva: se la sinistra ha
un compito nella società di oggi, quel compito è ridare etica ai comportamenti
individuali e collettivi. Perché l"Economist" si rivolgeva alla sinistra?
Perché questo è un bisogno che sente lelettore di sinistra, abituato alla
solidarietà, a riconoscere se stesso anche negli altri, al valore etico della stessa
azione collettiva. Questo punto di vista fa parte di unidentità che gli individui
che affollano la potenziale platea elettorale della sinistra sentono molto: sono quelli
che questo valore leggevano nellidentità di classe, nellidentità sindacale,
nellidentità militante, quegli stessi che oggi vorrebbero che questo valore rimanga
sia pure reinterpretato, sia pure trasformato e non imposto; e sono quelli, sopraggiunti,
che sono indifferenti alla politica perché la considerano una palestra di cinismo.
Forse la prudenza dei politici italiani ad avventurarsi sul terreno morale è
giustificato dalla terra bruciata fatta da tangentopoli, dai sospetti giustificati da
episodi atroci e comici come quello di un dirigente politico arrestato per tangenti subito
dopo un comizio contro la corruzione.
Il politico non deve fare la predica contro la corruzione, deve esemplificare una vita
non corrotta, che è una cosa diversa. È il problema della riconoscibilità. La politica
ha modi diversi di manifestarsi: cè quella che si esercita sui rami bassi, che è
lessere vicini, il lavorare insieme alla gente comune. E in questo caso cè
uno scambio continuo. Poi cè la politica fatta dai personaggi che si vedono
soltanto in televisione, di cui si legge soltanto sui giornali. Ecco, se questi si mettono
a fare delle campagne morali, anchio in qualche modo me ne risentirei: fai il tuo
lavoro penserei e io le prediche vado a sentirle da unaltra parte. Da
lui o lei mi aspetto che esemplifichi una vita dalla quale non mi sento distante, nella
quale posso riconoscere unidentità che è anche mia, una vita fatta di discrezione,
di modalità dimesse, di frugalità, che è sempre stata una dote dei dirigenti politici
particolarmente amati dallelettorato, da un certo elettorato. Queste non sono
affatto cose minori. Una cosa che per esempio a me da molto fastidio è assistere al
ricambio tra classi dirigenti di aree politiche diverse e dover constatare poi che una
parte almeno di quella nuova finisce inesorabilmente per assimilare le modalità
comportamentali di chiunque labbia preceduta.
Lesperienza socialista è stata, a questo proposito, rovinosa.
No, non mi appunterei in questo modo contro quellesperienza, anche perché ciò a
cui penso in questo momento tende a ripetersi al di là dei colori politici. Quando noi
socialisti entrammo al governo la prima volta negli anni 60, suscitava in molti di
noi quella sana ilarità che avevamo ereditato da una storia di opposizione il fatto che
alcuni, appena diventati sottosegretari, se ti invitavano a cena, avevano il cameriere con
i guanti bianchi. Ci sembrava ridicolo perché prima non era così: prima si andava a cena
e si portava tranquillamente il piatto in cucina. Lui, o lei, la padrona di casa, o tutti
e due insieme, servivano e portavano la pentola con la minestra in tavola. Perché era
cambiato tutto? Perché erano diventati sottosegretari? E noi ridevamo. Sana risata. Ora,
non provocare occasioni per quel genere di risate è già uno stimolo alla sintonizzazione
su una lunghezza donda che può far percepire al cittadino che abbiamo
unidentità comune. Questo non è affatto un dettaglio. È importante, perché il
politico ha una visibilità. Questa è una questione etica che conta; e che ne trascina
tante altre con sé.
Questi aspetti morali del comportamento hanno un legame con la crisi di consenso dei
governi di centrosinistra? La crisi sembra riguardare soprattutto la Germania e in buona
misura lItalia, a giudicare dai risultati elettorali e dai sondaggi. Sicuramente
pesano altre ragioni. Ma, per esempio, non credo che un certo risentimento degli elettori
dipenda dal fatto che il governo italiano sta affamando i pensionati. E il distacco dei
giovani?
Noi oggi abbiamo ansietà e incertezze di primaria grandezza nelle nostre società, che
derivano dai mille cambiamenti di cui ciascuno ha percepito la consistenza ma di cui non
si capisce la direzione: dove vanno a parare questi cambiamenti? Che cosa succederà con
limmigrazione e con le nuove tecnologie? Che cosa succederà di me quando sarò
grande in un mondo che sarà tanto diverso da quello che oggi conosco? Tante e tante
incertezze, e in realtà, se ciascuno è solo nel cercare una risposta a queste domande,
difficilmente si orienterà verso una politica che non riesce a raggiungerlo, cercherà e
troverà chissà quali vie di fuga. Io ho avuto questa sensazione: nel 1996, a metà degli
anni 90, queste incertezze hanno giocato a favore della sinistra in Europa.
Incertezze uguale bisogno di protezione, bisogno di protezione uguale voto a sinistra. La
sinistra per rispondere a questa domanda che le è stata rivolta ha bisogno di essere e
anche di apparire solidale, perché apparirlo non è meno importante dellesserlo. Io
non credo che la sinistra al governo in Italia non sia stata e non sia solidale con chi ha
questi problemi di incertezza, ma non è apparsa tale. E per apparire contano le
sintonizzazioni: bisogna arrivare a parlare a coloro nei confronti dei quali si cerca di
esser solidali e arrivare a parlare è difficile se vengono meno quei canali identitari
che consentono a me, che non riesco a percepirlo, che tu stai lavorando per me, se non
esclusivamente per me. E la grande carenza della nostra politica: i vecchi canali
identitari si stanno essicando e i nuovi non li abbiamo ancora trovati.
Io non ho la ricetta: cerco solo di capire qual è il problema. E capisco che, se non
lo risolviamo noi, quelle stesse incertezze, quello stesso bisogno di protezione, potranno
rivolgersi in tuttaltra direzione politica. E forse, qua e là per lEuropa,
hanno già cominciato a farlo.
Il vecchio Pci di Berlinguer era carico di discorsi morali e di identita, ma
questo passato è a doppio taglio.
Qui pesano molto i passati perché altro è modificare un partito laburista che ha
trasformato la sua cultura ma che ha una tradizione alla quale continua a richiamarsi,
altro è avere una sinistra fatta da un partito socialista che è praticamente scomparso e
e da un partito ex comunista che sente il bisogno di cancellare, addirittura di
dimenticare il passato comunista, diventando unimpossibile "nata ieri".
Sono stato io, più volte, che in questi anni ho detto agli ex comunisti: non buttate via
il bambino insieme allacqua sporca. Certe reticenze che vedo nellaffrontare
certi temi sono figlie del fatto che erano stati affrontati in una prospettiva di partito
comunista e quindi oggi si preferisce dimenticare e voltar pagina. Non è giusto che sia
così, perché quel partito è stato verticale e orizzontale, è stato anche una fonte di
identità orizzontale come lo è stato il partito socialista. In entrambi i casi abbiamo
buttato via il bambino con lacqua sporca. Io mi pongo questa domanda: è possibile
districare filo da filo ed evitare che la giusta cancellazione di uno o più fili li
cancelli tutti? Nella storia, certo, tutto è stato intrecciato, ma nella costruzione del
futuro è proprio necessario che io cancelli tutto, non sono in grado di districare e di
portarmi dietro ciò che ancora ha un valore?