Erano rappresentate varie
tendenze della grande famiglia progressista. Lo storico Paul Ginsborg e il sociologo
Anthony Giddens, stretto consigliere di Tony Blair, hanno portato, con sfumature diverse,
il contributo del mondo anglosassone. Joaquin Almunia, leader del Psoe spagnolo, ha
parlato a nome dell'unico grande partito socialista europeo oggi all'opposizione, dopo
aver governato ininterrottamente a Madrid per ben 14 anni. Il segretario dei Ds Walter
Veltroni e il leader della Cgil Sergio Cofferati hanno messo in campo due visioni
politiche per alcuni versi convergenti e per altri in tensione tra loro, com'è
inevitabile nel contesto di una sinistra fortemente pluralista come quella italiana.
L'incontro è stato brevemente introdotto da Vittoria Franco,
presidente dell'Istituto Gramsci toscano, che ha sottolineato come la sinistra debba oggi
trovare strumenti diversi per realizzare i suoi obiettivi di sempre: "Senza una nuova
coerenza fra valori e comportamenti concreti - ha osservato - sarà impossibile restituire
autorevolezza alla politica".
Ha quindi preso la parola il conduttore del dibattito Giancarlo
Bosetti, direttore di "Reset" e "Caffè Europa". A suo parere la
sinistra incontra notevoli difficoltà nel ridefinire i tratti della propria identità,
poiché si trova ad affrontare trasformazioni sociali che esaltano le istanze individuali
a scapito di quelle collettive.
"Attualmente - ha notato Bosetti - i governi tendono a chiedere ai
cittadini maggiori assunzioni di responsabilità in molteplici campi, a partire dal lavoro
e dal Welfare. Un processo che è in parte un aspetto dell'ondata neoliberista, ma può
offrire opportunità preziose anche alle forze di matrice socialista. Purtroppo in Italia
il dibattito culturale a sinistra è molto indietro, per via dell'attenzione prioritaria
rivolta alle questioni istituzionali, ma anche dei personalismi e delle sterili
contrapposizioni di formule cui assistiamo quotidianamente. E' appunto così che la
politica rischia di perdere l'anima".
Si è quindi entrati nel vivo della discussione con Paul Ginsborg, uno
studioso britannico che vive da tempo nel nostro Paese, al quale ha dedicato diverse opere
storiche. Il suo è stato un intervento denso di interrogativi, con toni a tratti
piuttosto pessimistici. "Di fronte ai processi in atto manchiamo di strumenti
analitici - ha ammesso - e manca anche la voglia della politica di rispondere alle
questioni che tali novità sollecitano".
"Un primo trend preoccupante - ha sostenuto Ginsborg - riguarda la
crescente concentrazione del potere economico, che i governi non riescono a regolare. Nel
campo cruciale dell'informazione come in molti altri settori, il controllo di mezzi enormi
si trova ormai in pochissime mani. In senso opposto, si assiste però a un'estensione
della democrazia politica. Sono sempre più numerosi i paesi in cui il diritto di
cittadinanza viene riconosciuto a tutti, superando le discriminazioni di razza, di classe,
di genere, di opinione".
"Sarebbe però un errore - ha proseguito lo storico inglese -
credere che la marcia in avanti della democrazia sia irreversibile. Mercato e libertà
politica sono indubbiamente collegati, ma non procedono certo in modo perfettamente
simmetrico. E questo divario può comportare gravi pericoli".
Ginsborg ha quindi trattato il problema dei rapporti tra cittadino e
pubblica amministrazione, in cui si manifestano due tendenze di fondo. "Da una parte
si combatte lo statalismo con il dinamismo manageriale, cercando di far funzionare scuole
e ospedali come se fossero imprese. Dall'altra si punta a razionalizzare uffici e servizi,
istituendo una serie di controlli ramificati volti ad aumentare il tasso di efficienza
delle amministrazioni. In Italia, grazie all'opera di Sabino Cassese e Franco Bassanini,
si sono fatti passi importanti per mettere l'apparato statale al servizio dei cittadini,
ma mi pare che oggi il processo si sia un po' bloccato, soprattutto per via
dell'ostruzionismo esercitato dalla burocrazia".
Infine Ginsborg ha invitato a non mitizzare la cosiddetta società
civile. "Purtroppo le associazioni spontanee - ha affermato - sono spesso
caratterizzate da inesperienza e ignoranza politica, per cui vanno avanti con enorme
fatica. Spetta ai partiti promuovere la partecipazione dei cittadini, aiutarli a crescere
e ad impegnarsi, anche in forme e in momenti diversi, nel corso della loro vita. Oggi la
sinistra appare assente rispetto a questo compito: si tratta di una lacuna terribile che
necessita di essere colmata".

E' stata poi la volta di Sergio Cofferati, che ha esordito contestando
l'idea che oggi sia necessario sottrarre agli individui ciò che era stato concesso loro
attraverso i meccanismi di tutela dello Stato sociale. "Non si tratta di togliere -
ha detto - ma di dare diversamente. Quando si è costretti a cambiamenti profondi, occorre
realizzarli mantenendo saldo il rapporto con i cittadini e i lavoratori. E' possibile
affrontare la sfida del mutamento solo se c'è chiarezza sui valori e sulle differenze tra
destra e sinistra".
Cofferati ha quindi denunciato la scarsa attenzione che oggi si presta
al valore sociale del lavoro e alla natura risarcitoria che deve comunque conservare il
sistema del Welfare. "Certamente oggi lo Stato sociale - ha dichiarato - deve in
primo luogo creare occasioni per i giovani, ma non può venir meno l'attenzione alle
generazioni anziane, i cui sacrifici sono stati essenziali per raggiungere gli attuali
livelli di benessere. Se va perduto questo elemento di solidarietà, si compromette la
coesione sociale, con conseguenze disastrose".
Un altro tema posto dal leader della Cgil è stato quello della
qualità dello sviluppo e del lavoro. "Bisogna fare in modo che il talento delle
persone sia valorizzato, che la loro personalità non sia schiacciata dalla macchina
produttiva. Anche la distinzione corrente tra outsider e insider non può fare riferimento
solo all'inclusione nel mondo del lavoro. Un giovane laureato disoccupato, che ha
consapevolezza e strumenti culturali, si trova nel complesso in condizioni migliori di un
suo coetaneo che magari ha trovato un impiego a 16 anni, ma svolge mansioni dequalificate
e frustranti".
A Cofferati sta molto a cuore anche il nodo dei diritti individuali e
collettivi. "Da una parte - ha argomentato - non si può pensare che le nuove forme
atipiche di lavoro comportino la scomparsa di ogni diritto e quindi la condanna
irrevocabile dei giovani all'incertezza e alla precarietà. Dall'altra bisogna chiarire
che la libertà non riguarda solo i singoli ma anche le associazioni, prima fra tutte il
sindacato. Se non si garantisce il diritto di rappresentanza, la tutela del lavoratore
viene sacrificata in maniera intollerabile".
Il segretario generale della Cgil ha chiuso il suo intervento con un
invito alla trasparenza e al coinvolgimento della gente nelle scelte. "Bisogna
discutere di più sul merito delle questioni ed occorre una maggiore coerenza nei
comportamenti. Si può cambiare idea ma è necessario rendere esplicite le ragioni che
inducono a farlo. Non solo la politica deve recuperare l'anima, ma deve trattarsi anche di
un'anima visibile".
Joaquin Almunia, candidato premier dei socialisti spagnoli alle
elezioni legislative del prossimo marzo, ha notato che le forze socialdemocratiche sono
riuscite a ottenere in Europa notevoli successi elettorali, ma ciò non ha comportato
affatto il rovesciamento di un clima culturale che vede l'egemonia del pensiero liberale.
"Si tratta dunque di vedere - ha sostenuto - se i recenti successi dei partiti
appartenenti al Pse sono solo una parentesi o hanno radici solide nelle società
europee".
"La stessa espansione della democrazia nel mondo dopo la caduta
del Muro - ha aggiunto Almunia - presenta aspetti contraddittori, poiché in diversi paesi
dell'Est e dell'America Latina si manifestano minacce autoritarie. Ma soprattutto la
globalizzazione mette in difficoltà le socialdemocrazie, poiché produce nello spazio
politico della sinistra fratture profonde, che è difficile ricomporre in un credibile
progetto di governo. Né si può far conto su una maggioranza sociale di sinistra, perché
siamo di fronte a una enorme frammentazione delle classi".
Secondo il leader socialista spagnolo questo coacervo di problemi
impone inevitabilmente alla sinistra di rivedere i suoi strumenti, tradizionali, a
cominciare dallo Stato nazionale, che mostra ogni giorno di più la sua inadeguatezza. Poi
bisogna assumere il valore della flessibilità anche nel mercato del lavoro, combattere i
monopoli parassitari, tutelare di più i consumatori e gli utenti dei servizi".
Ma l'urgenza più pressante, ha concluso Almunia, è garantire
l'autonomia della politica: "I governi non possono apparire subalterni a poteri non
legittimati dal suffragio popolare, come quelli dei grandi gruppi economici e dei mass
media. Se la gente avverte questo, perde fiducia nelle istituzioni e si astiene dal voto.
Alla destra il declino della partecipazione politica non interessa, ma alla sinistra deve
assolutamente interessare".
Walter Veltroni, segretario dei Ds, ha portato nella discussione una
nota di speranza. "Questo secolo, nonostante tanti orrori, si chiude con un bilancio
positivo per la sinistra democratica. Negli ultimi 25 anni molte dittature sono scomparse,
in Europa e in America Latina, per non parlare del Sudafrica. E la caduta del Muro di
Berlino non ha soltanto sancito la fine dell'esperienza comunista, ma ha dispiegato
possibilità inedite per una sinistra liberata dalla gabbia di dogmi obsoleti".
"Tuttavia la fine delle ideologie - ha proseguito Veltroni - non
implica affatto l'appannamento delle differenze. Occorre anzi far emergere con forza,
soprattutto qui in Italia, l'asprezza del conflitto con la destra, perché senza uno
scontro limpido la politica muore".
Il leader dei Ds ha quindi indicato alcune priorità per l'azione della
sinistra. "La prima cosa che mi viene in mente - ha detto - è la lotta contro la
miseria, che conduce ogni anno alla morte per fame milioni di bambini. Giudico
indispensabile, a questo proposito, cancellare il debito estero dei paesi più poveri. Poi
ci sono i diritti umani. Poi c'è la lotta contro l'esclusione sociale assai diffusa anche
qui in Occidente, che esige un impegno straordinario sul terreno dell'istruzione".
"La destra - ha sostenuto Veltroni - ritiene che ogni problema
possa risolversi spontaneamente grazie alla crescita economica, ma non è così. Ci
vogliono regole per governare lo sviluppo, per fare in modo che ricchi e poveri, nella
corsa della vita, partano dagli stessi blocchi di partenza".
Il leader di Botteghe Oscure ha quindi ricordato di aver previsto, tra
vari "sorrisini" di compatimento, che con la vittoria di Clinton in America si
sarebbe aperto un nuovo ciclo progressista. "I fatti - ha proseguito - mi hanno dato
ragione come dimostrano i dati sulla riduzione della povertà e della disoccupazione negli
Stati Uniti. Clinton ha dimostrato che la sinistra non s'identifica più con la spesa
facile e la depressione economica".
In conclusione Veltroni si è soffermato sulla situazione italiana.
"Il governo - ha detto - sta lavorando in maniera proficua, ma le condizioni
politiche si sono fatte difficili. L'unico modo di superare i presenti ostacoli è
concludere la transizione verso una democrazia compiuta, in cui sia affidato direttamente
ai cittadini il compito di scegliere il governo del Paese".
Anthony Giddens, creatore della famosa formula della "terza
via" di cui tanto si discute nell'ambito del socialismo europeo, ha messo in rilievo
innanzitutto un dato contraddittorio. I partiti socialisti sono al governo nella quasi
totalità dei paesi europei, ma in realtà il livello medio del consenso di cui dispongono
si ferma al 29 per cento. "E' una posizione strutturale difficile - ha notato -
perché alla sinistra manca un sostegno elettorale stabile".
In sintonia con Veltroni, lo studioso inglese ha lodato i risultati
ottenuti dall'amministrazione Clinton, sottolineando che negli Usa si è capovolta una
tendenza all'aumento delle diseguaglianze che durava da circa 25 anni. "Tutti i
gruppi etnici hanno guadagnato reddito, compresi neri e ispanici".
"Tale esperienza - ha proseguito Giddens - dimostra che alzare le
tasse e gonfiare il deficit pubblico non serve a combattere l'emarginazione e a ridurre le
sperequazioni sociali. Non è quindi con le politiche auspicate dalla sinistra
tradizionale, quella rappresentata in Germania da Oskar Lafontaine, che si può attuare
un'efficace difesa dei più deboli".
Secondo il consigliere di Blair, i socialisti devono proporsi di
chiudere un ciclo di circa vent'anni durante il quale la politica è stata paralizzata dal
neoliberismo. "Se lo sviluppo spontaneo del mercato è l'unica forza che fa avanzare
il mondo, gli eletti dal popolo non possono che assecondarlo passivamente. Ma il compito
della sinistra è al contrario assicurare un governo attivo della società, che valorizzi
il ruolo delle istituzioni pubbliche".
"L'obiettivo - ha spiegato Giddens - deve essere la creazione di
un nuovo equilibrio tra principi guida della sinistra, funzionamento del mercato, esigenze
della società civile. Solo così si possono affrontare problemi come il degrado
dell'ambiente, la criminalità, l'immigrazione. Occorre liberare i cittadini dall'ansia
che li attanaglia, favorire l'integrazione dei lavoratori stranieri, combattere il
razzismo".
Quindi lo studioso britannico ha ridimensionato la portata del dissidio
fra la terza via del New Labour di Blair e la visione del premier francese Lionel Jospin,
ritenuta da molti piuttosto conservatrice e dirigista. "In realtà - ha puntualizzato
Giddens - entrambi i leader perseguono le pari opportunità, l'aumento degli investimenti
in infrastrutture, un nuovo contratto sociale. Per i laburisti come per i socialisti
francesi, diritti e responsabilità dei cittadini devono andare di pari passo".
Infine il teorico della terza via ha affrontato il tema della
globalizzazione, esortando a prenderla sul serio. "Servono istituzioni - ha affermato
Giddens - che consentano un governo transnazionale per valorizzare gli aspetti benefici
della mondializzazione e lanciare una guerra globale alla povertà. Alla destra tutto ciò
non importa, alla sinistra sì. Perché solo governando le grandi trasformazioni
economiche e culturali sarà possibile realizzare il sogno di un mondo più giusto. E solo
un forte slancio di idealismo può restituire un'anima alla politica".