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pubblicato sul numero 38 di Reset, giugno-luglio 1997
Un fantasma si aggira per lEuropa. Un fantasma che nel corso di
un paio di decenni rischia di vanificare buona parte degli sforzi fatti da politici e
industriali per mantenere il vecchio continente in posizione di stallo, se non di
privilegio, fra il continente nuovo che nel corso di un secolo ha sorpassato tutti, e
quello non si sa bene come definirlo, perché in termini di civilizzazione è di gran
lunga il più antico ci riferiamo allAsia ma che certo non è vecchio,
perché punta in maniera ormai esplicita a diventare modernissimo.
Questo fantasma è lanalfabetismo. La sua minaccia è largamente
sottovalutata, ma con tutta probabilità ha gli effetti potenzialmente devastanti di una
esplosione nucleare: nel senso che ove scoppiasse farebbe terra bruciata. Immaginate, se
siete capaci, una civiltà che non legge e non scrive, o che per leggere e scrivere ci
mette un tempo mediamente superiore agli altri di dieci-quindici volte, e in alcuni casi
di cento o duecento volte, superiore. Immaginate, se siete capaci, una civiltà che non sa
fare di conto, o che per fare i conti ci mette un tempo mediamente superiore agli altri di
dieci o quindici volte, e in alcuni casi di un milione di volte superiore. Immaginate, se
siete capaci, una civiltà che non comunica, o che se comunica riesce a trasferire nella
stessa unità di tempo mediamente dieci o quindici messaggi in meno, e in alcuni casi
decine di milioni di messaggi in meno.
Immaginatevi, se ci riuscite
perché riuscire a immaginarsi una
società europea moderna e civilizzata con tali handicap è praticamente impossibile.
Eppure è questo il pericolo che si corre con una società analfabeta, si corre il
pericolo di leggere e scrivere a velocità cento volte se non più inferiore
delle società alfabetizzate, e di far di conto e comunicare alla velocità di una
tartaruga rispetto a quella di Achille piè veloce, un dramma dal quale nessun Zenone del
XXI secolo sarà in grado di salvarci. Ora, per quanto sembri apocalittico, questo
pericolo è reale, e rischia di traumatizzare in tempi brevissimi lEuropa.
Lanalfabetismo di cui parliamo è una bomba annunciata. Di esso si possono con
chiarezza definire luoghi di esplosione, vittime, danni collaterali.
Il concetto di analfabetismo, come tutti i concetti, è costituito da
astratte strutture che devono essere riempite di contenuti concreti, contenuti che vanno
ricavati dalla situazione sociale, storica, anche ideologica a cui il concetto si applica.
Nel caso di specie, lanalfabetismo va rapportato alla padronanza degli strumenti di
comunicazione scritta esistenti, alla capacità di trasmissione dei messaggi e alla
possibilità di collocarsi, grazie ad essi, allinterno di una comunità di cui
socialmente si è parte, che li capisce e li condivide. Dei tre punti citati il terzo è
il più rilevante, perché si colloca in un contesto di comunicazione dove la
partecipazione sociale attiva viene fortemente ridotta, e in alcuni casi viene ridotta
addirittura quella politica (si pensi ai "literary tests" con cui
lelettorato negro veniva escluso dal diritto di voto negli stati del sud degli Usa
di principio secolo). Questa nuova alfabetizzazione, di cui oggi occorre tener conto, è
lalfabetizzazione digitale.
Confondere lalfabetizzazione digitale con la semplice padronanza
del computer è errore molto grave per diverse ragioni. La prima è che quando si parla di
società digitalizzata si parla di un contesto in cui i computer, per scelta obbligata dei
produttori, si stanno evolvendo verso forme robotistiche, dove il linguaggio di utilizzo
è sempre più congeniale a quello quotidiano, ed è addirittura in arrivo quello vocale.
Dunque sotto questo aspetto lutilizzazione dei computer si andrà sempre più
generalizzando nel tempo perché il suo linguaggio sarà più semplice e immediato. Ma la
seconda ragione, e questa è la più importante, è che i problemi relativi alla capacità
di utilizzo del computer non vanno confusi con quelli relativi allalfabetizzazione
digitale.
Chi potrebbe credere che la padronanza della penna stilografica
equivale alla capacità di scrittura? Nessuno. Lo stesso rapporto vale per la conoscenza
del computer, anche se nellapparente facilità di parallelismo una grande differenza
sussiste: il computer, essendo dotato di una logica interna comunicativa ben più
complessa di quella relativa alla penna stilografica, pone un ulteriore problema di
alfabetizzazione, quello relativo alla lettura del suo linguaggio, che viene vissuto
ma non lo è come barriera preliminare delleducazione digitale
superato una volta che sia affrontato e risolto quello della conoscenza ed utilizzo del
computer.

A questo punto sarà bene intenderci su cosa intendiamo per
alfabetizzazione digitale. Il punto di partenza obbligato è quello della convergenza
delle tecniche di comunicazione di codici di linguaggio fra messaggi sonori, di immagini e
di calcolo, con i primi due che sono ridotti al terzo codice. Questa unificazione,
iniziata negli anni sessanta, ha avuto due impatti fondamentali: uno di carattere
economico e uno di carattere culturale. Il primo ha portato e porta sempre più ad una
unificazione di settori industriali e alla nascita della cosiddetta information society.
Questa rivoluzione ha distrutto e si avvia a distruggere i monopoli nazionali e di
settore, ha implicato la formazione di alleanze transnazionali impensabili in altri
settori industriali, ha posto le premesse di un modo completamente diverso di produrre.
Quando si parla di mondializzazione delleconomia è difficile
immaginare un esempio più potente di esemplificazione del fenomeno, perché si tratta di
una mondializzazione che va dalle fonti di produzione, alla distribuzione, passando
attraverso una omogeneizzazione del consumo e del consumatore. Nel fare politica, quella
spicciola così come quella di grande respiro, dopo la sicurezza interna e internazionale,
non cè alcun dubbio che al primo posto ci sia il problema o meglio i problemi posti
dalla società digitalizzata. E questa inoltre è decisamente entrata con un ruolo di
assoluto rilievo anche nellarea della sicurezza interna e internazionale. Si pensi
al ruolo che le tecnologie informatiche assumono in certi tipi di conflitti ad
esempio quelli arabo-israeliano, oppure quando la conflittualità è di strutture belliche
tradizionali e al ruolo che la digitalizzazione assume della democrazia interna con
il controllo delle informazioni digitalizzate per fini diversi.
Dellimpatto economico e indiretto si parla quotidianamente in
tutti i mezzi di informazione: chi dovrà fare parte delle nuove alleanze telefoniche e
televisive? Chi dovrà controllare la televisione digitale? Come bisogna trattare i
disoccupati tecnologici del settore? Entità politiche ed istituzionali varie sanno
benissimo che la società digitalizzata è un business con regole nuove, e cercano più o
meno spontaneamente di adattarsi a queste nuove regole. I sociologi a loro volta
intuiscono limpatto scardinante dei sistemi e tentano di fare sentire la propria
voce (vox clamans in deserto, per la verità, perché oltre che una generica attenzione ai
loro interventi nei convegni, la società digitale non dedica). Ma se nellarea dei
problemi economici attenzione più o meno informata viene dedicata da chi di dovere,
nulla, completamente nulla, è lattenzione, la criticità, e soprattutto la forza
politica destinata a quella più ampia e di gran lunga più significativa problematica
relativa allalfabetizzazione digitale. Eppure, piaccia o no, è questa larea
più critica che una classe politica deve affrontare.
Il sorgere di una classe alfabetizzata
La nascita e lo sviluppo della nuova alfabetizzazione pone il
problema di come e dove affrontare questo problema. Nelle scuole? Nei luoghi ufficialmente
demandati allistruzione base? Nei posti di lavoro? Nelle università? E chi dovrà
gestire questa istruzione, i docenti ordinari? Altri individui alluopo preparati?
Unità produttive tradizionali? Le soluzioni sin qui intraviste, a livello macro-europeo,
giusto per limitarci a situazioni a noi vicine, sono completamente deficitarie per motivi
economici e culturali. Sul versante economico lerrore tipico che si fa è quello di
affrontare il problema dal versante produttore invece che da quello consumatore. Errore
gravissimo, di tipica matrice statalista. Si finanziano cioè entità produttive
che si cerca di collegare a livello internazionale nella presunzione che fornendo
disponibilità finanziarie ad aziende operanti nel settore, queste risolveranno il
problema della formazione digitalizzata in maniera automatica.
Ora, a parte il fatto che dette unità operano su un contesto di età
in cui il problema è già incancrenito trentenni, o quarantenni, e tuttal
più ci sono corsi di riqualificazione professionale per ultraventenni, laddove il
problema si pone per i teen-agers ma il fatto principale negativo è proprio
lequivoco strategico in cui incorrono: le aziende che ricevono tali finanziamenti
non promuovono "il sapere agire" nelluniverso digitalizzato, ma spingono
invece alla produzione di ulteriori unità di sapere digitalizzato da fare confluire
nellimmenso mare magnum del sapere che ora dopo ora confluisce incessantemente nello
stesso pool.
Ma laltro errore che si compie con questo approccio è proprio
strutturale. Trattandosi di un nuovo sapere, perché di questo si tratta, che si propone
di affrontare la scommessa posta dalla "Ubiquità" dellinformazione, non
è più logico e coerente attingere alle capacità di insegnamento compatibili con quello
che si vuole insegnare. In pratica la contraddizione che non si coglie nei modi in cui il
processo è stato affrontato è infatti la seguente: può una informazione per natura
decentralizzata nella produzione, essere insegnata in maniera centralizzata? E nel caso
del telelavoro può una centralizzazione di alcune microscopiche forme produttive
risolvere il problema dello spin off pauroso che la decentralizzazione digitalizzata sta
per realizzare?
La risposta ovvia, almeno per chi scrive, ai due quesiti suddetti è un
plateale no, un no senza la benché minima possibilità di compromesso:
1. i luoghi tradizionali di educazione al sapere non sono quelli capaci
di risolvere il problema dellalfabetizzazione digitale;
2. i meccanismi economici centralizzati sin qui utilizzati per
recuperare un po del gap che si annuncia sempre maggiore fra Europa e Usa, ma presto
fra Europa e diversi paesi asiatici, non sono quelli che risolveranno il problema
dellalfabetizzazione digitale.

La Educational Credit Card in funzione
Studenti Immaginiamo di dare una carta di credito (educational
credit card) ad una massa critica di 1 milione di studenti probabilmente quelli
compresi fra i 16 e i 18 anni. Il titolare di questa credit card ha una possibilità
"iniziale" di spesa di 10.000.000. Attenti a quelliniziale perché presto
vedremo quali saranno le "successive" capacità di spesa che possono raggiungere
i 40 milioni. Ma cominciamo con questi 10 milioni che lo studente può spendere come
crede. Come crede? Non propriamente. Ci sono limiti al "tipo" di beni che può
acquistare. Una parte di questa disponibilità di credito, diciamo la metà, potrà essere
utilizzata per comprare computer, software, programmi di scrittura. Insomma quello che
serve per far funzionare il computer.
Ma il computer da sé non basta, come è stato indicato
precedentemente, il computer serve principalmente "per accedere" al nuovo tipo
di formazione a distanza, per autoeducarsi alla nuova alfabetizzazione. Due sono
sostanzialmente le aree di intervento, e in queste aree dovrà potersi spendere
laltra metà della dotazione. La prima area è internet, che significa non solo
linee telefoniche, ma utenze: con internet lo studente che si sta alfabetizzando impara a
navigare nel mondo delle banche dati, delle ricerche aiutate, dei gruppi di lavoro
finalizzati. Impara anche a spedire materiale e a riceverlo da utenti consciuti e
sconosciuti. Entra, in pratica, nel mondo della comunità intellettuale planetaria.
La seconda area è quella della formazione a distanza. Decine e decine
di corsi nuovi saranno fra poco disponibili "on line" e questi corsi
costituiscono anche la premessa pratica per il lavoro a distanza. Dunque spendendo i suoi
crediti in questa area, il nostro studente accede agli insegnamenti di docenti famosi,
importanti, che vivono lontano, e che lui potrà interrogare. Proviamo un po a
pensare, da Bitonto di Puglia, lo studente può seguire un corso di un docente di Amburgo,
di New York, di Parigi.
Gli interessi a carico dei titolari della carta di credito Gli
studenti pagheranno per il credito che usano un bassissimo tasso di interesse, diciamo il
3%. In pratica L.300.000 allanno in caso di utilizzo dellimporto massimo di 10
milioni. Vale a dire 25mila lire al mese. Una cifra inferiore ad un biglietto di ingresso
in un concerto. Uguale a due entrate cinematografiche. Un contributo che fra laltro
non andrà a pagare interessi che come vedremo sono a carico dello Stato ma
serve ad alimentare un fondo sociale che viene costituito nellinteresse di tutti i
membri della comunità, studenti e non studenti, di qualsiasi età. Questimporto va
a costituire un fondo per formazione a distanza, con il quale si pagheranno dei corsi che
verranno offerti da società che operano nella formazione a distanza e che verranno messi
a disposizione gratuitamente a tutti coloro i quali vorranno utilizzarli.
Il rimborso I titolari delle carte di credito dovranno
rimborsare il loro debito a partire dal raggiungimento degli anni 30 nella misura di un
venti per cento annuale. Nel caso di mancato rimborso lo Stato avrà un diritto
privilegiato di prelievo sui salari riscossi. In questo caso gli interessi saranno
ovviamente quelli legali. Questo tipo di rimborso lo denominiamo "ad
estinzione". Esiste tuttavia un altro tipo di rimborso, quello di costituzione di
capitale, che è molto interessante. Immaginiamo che lo studente rimborsi anticipatamente
nei primi tre anni di utilizzo limporto della carta di credito, in questa ipotesi lo
Stato eleva al doppio di quanto rimborsato anticipatamente il credito, in modo da dargli
la possibilità di frequentare corsi universitari, questa volta anche regolari, o di
acquistare nuove attrezzature.
Questo meccanismo ha un limite massimo di credito di 40 milioni, il
costo circa di un titolo di studio ottenuto fuori sede. Le implicazioni sociali di questo
tipo di rimborso sono notevoli. Una famiglia di modeste risorse finanziarie può
acquistare al proprio figlio attrezzature e servizi di nuova alfabetizzazione per L.20
milioni che può pagare in rarte di cinque o sei anni. Diciamo 300 mila lire al mese
assicura al proprio figlio/a una disponibilità di L. 40 milioni con cui può affrontare
un intero corso universitario fuori sede, completo di iscrizione, tasse e libri. In
pratica il genitore finanzia in questo modo la istruzione superiore, dando la opportunità
a tutti di poter anche viaggiare e studiare fuori sede.
Lo Stato e la nuova alfabetizzazione Ma qual è il ruolo dello
Stato in tutto questo? Il suo ruolo è duplice. Lo Stato si fa carico anzitutto di
anticipare il pagamento delle spese dei titolari di credito. Ipotizziamo una massa
durto di 1 milione di studenti da alfabetizzare come primo impegno. Dando loro la
disponibilità di spesa per tale somma lo Stato dovrà farsi carico di finanziare L.10
mila miliardi. Lo dovrà fare emettendo degli Educational Bonds per importo analogo. La
scadenza di questi Bonds sarà ovviamente compresa fra i 15 e i 18 anni circa, in tempo
per arrivare al raggiungimento dei 30 anni da parte dei beneficiari. Durante questo
periodo lo Stato pagherà gli interessi, che dovranno essere esenti di tasse, perché si
tratta di unemergenza nazionale e come tale va trattata.
Tutti coloro che vorranno vendere i loro prodotti tramite la
educational credit card dovranno iscrivere prodotti, caratteristiche, qualità e prezzi in
un sito on line gestito dalla Università Multimediale che sta nascendo in Umbria.
Lacquisto di tali prodotti potrà essere fatto on line o fisicamente dal venditore
dei beni, ma il pagamento verrà addebitato via carta di credito al mercato stesso, che
verrà a sua volta fatturato dal fornitore.
Sintesi delle caratteristiche del sistema
Il sistema della Educational Credit Card presenta, a parere di chi
scrive, due benefici strategici di enorme importanza.
Primo. Fa direttamente appello al mercato sia come produttori di
servizi che come fornitori di docenze. Le macchine, i software, le linee telefoniche, i
corsi che verranno acquistati saranno quelli liberamente disponibili sul mercato. Un
mercato che nel suo complesso riceverà una spinta iniziale di 10 mila miliardi, ma che si
stabilizzerà sui 3-4 mila miliardi allanno. Lo Stato, in sostanza, si limita a
fornire i mezzi, e a garantire il contesto operativo, ma lascia i ragazzi nella più
assoluta libertà di acquistare ciò che preferiscono.
Secondo. Consente una democratizzazione e una internazionalizzazione
della vita culturale senza precedenti. Si pensi che un operaio che decida di estinguere il
debito dei dieci milioni anticipatamente in cinque o sei anni, raddoppiando il credito
disponibile per il figlio, gli dà la possibilità di finanziarsi gli studi universitari o
di specializzazione ovunque.
La strutturazione del meccanismo consente di avviare a soluzione un
problema di grande importanza: la formazione digitale dei lavoratori espulsi dai processi
produttivi (si pensi alla drammaticità di ciò che potrebbe succedere nelle banche,
nellamministrazione pubblica). Qui attori e strutture dovrebbero essere diversi
coinvolgendo Sindacati, datori di lavoro e Stato. Ma anche qui la via del mercato è
lunica significativamente percorribile.
Il secondo contributo significativo del meccanismo suddetto è quello
di supporto alla nascita di una Università Multimediale che anche qui
rigorosamente legata a meccanismi di mercato può non solo sostenere le università
italiane a offrire i loro prodotti ovunque nel mondo, ma anche a gestire una fascia di
formazione che le strutture tradizionali non hanno né i mezzi né la possibilità logica
operativa per realizzare.
La vera emergenza nazionale di cui non si parla è quella
dellalfabetizzazione digitale. Tale problema se non è affrontato in tempi
strettissimi, con procedure della massima emergenza, creerà in tempo anni dieci una massa
di analfabeti digitali che avrà serissime ripercussioni sul contenuto formativo della
nostra istruzione e sulloccupazione. Il piano indicato è lunico che,
combinando spinte di mercato e responsabilità politiche, è in grado di avviar per il
meglio tale problema.