Anche la stua de Michil, la famosa stube bianca, ha inizio come un
divertissement, ma da pochi anni ha guadagnato una cucina indipendente sempre comunque
sotto la supervisione dello chef Markus Wolfsgruber e dell'aiuto chef Cosimo Amodio nelle
cucine de la Perla da 25 anni. Solo un piccolo scarto di ricercatezza separa la cucina
della stube bianca dal resto. E anche il servizio in guanti bianchi con tanto di cloche
sopra i piatti fanno parte dello stile comune della Casa. Cucina di carne e di pesce come
esige la clientela [metà tedesca e metà italiana più qualche australiano o americano
catturato via Internet]; prodotti costosi spesso acquistati via corriere: carne di manzo
direttamente dall'America, un vitello da latte biologico dalla Germania, pollame dalla
Bresse. Cucina comunque di impianto classico con i fondi, leggerissimi, a fare da filo
filo conduttore. Numerosi i rimandi al territorio che suggerisce canederli, cervo o
capriolo. Nulla che qui possa accennare alla "cucina globale", ai sapori ai
profumi dell'Oriente ["finiremmo per fare tutti la stessa cosa come è successo per
la nouvelle cusine: si mangiava l'anatra ai lamponi ovunque" - dice Markus]. Provate
anche a considerare questo: una volta la settimana il vecchio maso di famiglia del XV
secolo, vero e proprio museo ladino attaccato alla Perla, viene utilizzato per delle feste
nel fienile: gli americani letteralmente impazziscono, ma che cosa pensate vi si possa
mangiare? Polenta e funghi naturalmente!
San Cassiano
Rosa Alpina
San Cassiano, 61
tel. 0471/849500
chiuso: sempre aperto
Rosa Alpina, ovvero la grandeur, una fabbrica in movimento. Il
ristorante, il St Hubertus, è solo una piccola parte di questa grandeur. Ecco,
nell'ordine, che cosa aspetta l'ospite oltre alle stanze dell'albergo (che per altro si
stanno trasformando tutte in suites): il ristorante dell'albergo, una beauty farm, una
taverna, tre bar, una pizzeria e, finalmente, il St Hubertus, ultimo arrivato nella gara
dell'alta ristorazione in Val Badia. E' affidato, come è tradizione nelle Case della
Badia, al giovane Hugo. Il Rosa Alpina, forse più di altri, ha le caratteristiche di
un'industria dell'ospitalità che però nulla ha sacrificato del suo standard familiare
con le attenzione che ne seguono in tutti i più piccoli dettagli. Ci lavora tutta
lafamiglia al completo, Paolo il capofamiglia, la moglie Daniela, i figli Marlene e Hugo.
Sovraintende la cucina lo chef Norbert Niederkofler, scuola da
Witzigmann, nominato il cuoco del secolo. L'ambiente tradisce molte suggestioni austriache
e tirolesi con affreschi alle pareti dipinti da un artigiano austriaco. Puntano, in
famiglia, ad entrare a far parte dei prestigiosi Relais& Chateaux che li tiene però
in stand by per via di quel loro essere un po' sacrificati dalla posizione (al centro del
paese e proprio sulla strada) e per via di quella pizzeria aperta ai locali che poco
c'entra con la dimensione del Relais. Loro, per ovviare, hanno anche costruito un prato
pensile perchè i clienti non abbiano interferenze alla vista delle vette. Mentre sono
molto indecisi se chiudere la pizzeria e i fatturati che ne escono. Il fiore all'occhiello
è il St Hubertus, quasi inevitabile nell'ambizione del tutto. Elegante, misurato,
affrescato, non mostra esagerazioni. Anche la cucina di Norbert Niederkofler è semplice,
lineare, leggera e mediterranea. Molte i piatti di pesce perché richiesto dalla clientela
(indovinate quale). Qui si insiste molto su una cucina leggera e povera di grassi, cucina
vitale la chiama Norbert ("cerco di mettere insieme due o tre gusti al massimo e di
non lavorarli troppo") anche se guai alla confusione con il discorso dietologico
della beauty farm. Il menù è flessibile per assecondare i gusti di tutti. Lo chef esce e
chiede al cliente che cosa gli piacerebbe mangiare e su questo improvvisa. "La cosa
più difficile" - dice - "è fare le cose semplici. Noi cerchiamo di insegnare
ai clienti a mangiar sano. Pochissime le contaminazioni orientali mentre le specialità
ladine ci sono sempre anche se opportunamente "dissimulate" in carta: filettino
di capriolo su insalata di carciofi e gallinacci marinati, essenza di stinco di manzo con
ravioli, anatra al forno con soufflé di polenta e gallinacci con insalata di crauti
rossi. La clientela, oltre ad uno zoccolo duro di italiani e tedeschi, conta anche
americani e australiani. Frutto, quasi certo, anche delle serate di promozione fatte
direttamente negli Stati Uniti dalla Casa. E se non è marketing questo...
San Cassiano
La Siriola
loc. Armentarola
in Pre de Vi, 127
tel. 0471/849445
chiuso lunedì
Ora sono un po' stupiti e spaventati: non avrebbero mai creduto che il
loro ristorante in così pochi anni potesse diventare così importante. Wilma e Stepan
Wieser però lo ammettono: non sarebbe mai stato possibile un ristorante come la Siriola
senza l'albergo dietro, il Ciasa Salares, una vera macchina da guerra: albergo storico
della valle, clientela blindata da anni, e una lista di attesa che si apre solo fuori
stagione o all'ultimo momento. La ragione è presto spiegata: una posizione invidiabile
che condivide solo con l'Armentarola (gestito dall'altro ramo della famiglia Wieser, vedi
box), defilato dal paese, in mezzo ai prati, e uno standard di ospitalità che solo una
lunga e collaudata tradizione può assicurare. E' in una situazione come questa che Stepan
decide il suo confronto familiare. L'emancipazione dalla "marcatura" di famiglia
avviene grazie al vino. C'è un modello in valle: Michele della Perla. Stepan comincia a
proporre in albergo grandi bottiglie. Poi chiede e ottiene un angolo tutto suo: una
piccola enoteca. Al solito, gli danno del pazzo: cosa ci fa un'enoteca sotto le
Conturines? Si sposa con Wilma e, inevitabilmente, nasce la Siriola (ma ora anche il
simpaticissimo Giovanni).
Chiamano Siriola il ristorante come l'usignolo che da queste parti
cantava al tramonto. Vuole la leggenda che tutti avessero rispetto per il canto di questo
usignolo, ma pochi ne comprendessero il significato. Forse non a caso i coniugi Wieser lo
hanno portato a simbolo del loro locale. La Siriola, del resto, è quella che meno concede
al gusto della valle, agli allettamenti, anche culinari, del folklore ladino. Di tutti i
ristoranti della valle è quello che ha senz'altro scelto la via più hard, la scalata in
roccia. Il locale è comunque pieno di citazioni valligiane anche se la sua cifra è
piuttosto quella del design e la decorazione mantiene il tratto dell'essenzialità: tanto
legno di abete e le tinte calde dei ghiaioni al sole del tramonto. Cucina impervia,
dicevamo, che parla il linguaggio di queste vette (un menu di caccia proposto d'inverno
con otto portate abbinate ai vini) ma anche quello di altri cieli, di altri luoghi, di
altri Paesi. L'innovazione è di casa con combinazioni a volte anche molto azzardate, un
esempio per tutti: filetto di dentice con fegatelli di anatra marinati al Sauternes e
cipolla di Tropea e con materie prime anche vagamente provocatorie da queste parti, come
il bisonte, la renna o lo struzzo. E c'è da credere che vengano accolte con curiosità.
L'extraterritorialità del pesce a questo punto non deve stupire. Ma in carta non si
esagera mai: il pesce, per esempio, appena tre portate, molto amate dai tedeschi. I
rifornimenti sono il vero problema: "Ci portano tutto - dice Stepan - ma ovviamente
non è come avere a disposizione un mercato; si compra sui listini". Corrado Fasolato
è il giovane chef, ha lavorato anche nelle cucine di Gualtiero Marchesi e il tocco si
sente.
E' anche così che in Val Badia vengono proposti gli spaghetti di riso
e piatti con ingredienti come soja, zenzero, alghe o, udite udite, nella patria dei
finferli e dei porcini, gli shitache, i funghi giapponesi (ma quando gli altri non si
trovano!). Succede che ci sia in carta un parfait di cioccolato bianco e sedano ("li
avevo lì sul tagliere, li ho provati ed erano perfetti"), un gelato al rosmarino con
salsa di fagioli borlotti o una sfogliatina di mandarino con gelato alla rucola e
marmellata di radicchio. Insomma, un bel rimescolamento di generi che qualcuno ha bollato
come "peccati di gioventù". Stepan ci confessa altri suoi peccati, per esempio
la proposta del caffè di Gianni Frasi, il caffè più raro del mondo con forniture di
pochissimi chili per volta. E poi la fatica della ricerca degli ultimi artigiani della
Valle per procurarsi l'ultimo vero speck (venti pezzi al massimo) che abbia la dignità di
chiamarsi tale. E i formaggi (una ventina circa scelti da un selezionatore). E poi la
cantina: questa, davvero, un grandissimo "peccato" con tutti i grandi nomi del
firmamento enologico mondiale e trecento tra grappe e distillati. E i bicchieri con tutta
la gamma dei Riedel perché ogni bicchiere ha la sua funzione. Stepan e Wilma hanno di che
spiegare ai clienti. Le serate più impegnative? Quelle con i tedeschi: capiscono di vino,
ne vogliono parlare, vogliono visitare la cantina. E gli italiani? "Si
affidano". E fanno senz'altro bene.