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Itinerario/Messina la ghiotta

 

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I sapori e i profumi del pesce e quelli della pasticceria. Il cuore ghiotto di Messina si muove tra questi due capisaldi. Da un lato il gusto pieno e corposo della ghiotta di stoccafisso, dall'altro la soavità di una granita con brioche.

Una granita di caffè con panna e brioche, calda possibilmente. Il percorso fra i colori e i sapori di Messina non può che cominciare così. La granita messinese, infatti, è diversa da tutte le altre: molto più leggera, quasi spumosa. E poi la ricchezza di gusti. Classici a parte [caffè, limone e fragola], a Messina ci sono granite di mandorle, di gelsi, di ananas, di pesca, cioccolato, ecc. Assaggiate quella confezionata dal bar pasticceria Doddis - La Tradizione dal 1926 in via Garibaldi dove regna Giovanni che sarà ben felice di raccontarvi, granita a parte, altre storie e altre ricette. Se amata la granita di fragole fermatevi da Billé, in piazza Cairoli.

Poi il rito dell'aperitivo per il quale a mezzogiorno si spostano in tanti creando una curiosa sintonia con le figure bronzee del Campanile astronomico che proprio a quell'ora si muovono affascinando grandi e piccoli. Si può far tappa al bar Dolce Vita, accanto al Duomo, aperto fino a notte fonda e dotato di un bel gazebo estivo dove l'estate si fa musica dal vivo e si organizzano mostre, e al bar Abbate che ha anche l'optional di una elegante saletta e dove è possibile consumare un pranzo veloce ma di qualità. Ma ogni bar degno di questo nome ha un angolo dedicato all'aperitivo che a Messina va al di là del semplice gesto di bere; è momento d'incontro, magari anche per lavoro. Il bar ha sostituito il classico muretto; è lì che ora ci si dà appuntamento con gli amici. I barman, poi, sono in genere facili alla conversazione, oltre che bravi. Come Mike, il decano dei barman messinesi, che "officia" alla Dolce Vita: e difficilmente coglierete impreparato su un cocktail, o Silvio e Attilio protagonisti del bar Abbate. Però meritano citazione anche Franco Toscano, detto Pizzul per la sua somiglianza con il giornalista sportivo, titolare del bar Lombardo o Giuseppe del ritrovo Doddis. A fare da cornice ai cocktails, salatini a parte, ci sono bruschette, tartine, focaccine, pitoncini, arancinette, mozzarelline, verdura fresca ovvero un piccolissimo assaggio della cucina messinese, ricca di specialità alcune delle quali molto complesse ed elaborate. Piatto simbolo è, infatti, il pescestocco "'a ghiotta", raffinatissimo e sensuale matrimonio fra odori e sapori tipicamente mediterranei e lo stoccafisso importato dal Nord Europa. Cipolla, olive bianche, sedano, capperi, patate, pomodoro e olio cuociono a fuoco lentissimo per ore in una pentola di coccio. Il risultato finale è un piatto tondo e forte, dal profumo inconfondibile [con la ghiotta si condisce anche la pasta] che vuole un rosso corposo come il Faro doc prodotto con uve delle colline che circondano Messina. Fino a qualche anno fa il pescestocco si assaporava nelle putie [sorta di osterie dove si vendeva vino e si cucina tutt'al più un piatto]. Con l'aumentare vertiginoso dei prezzi le putie hanno chiuso i battenti o si sono trasformate in trattorie dove la ghiotta è solo uno dei tanti piatti, preparato magari solo un giorno a settimana. Ex putie sono la Trattoria del Popolo, da Piero e Le Due Sorelle dei fratelli Orlando. In tutti i locali che hanno caratteristiche diverse [le Due Sorelle sconfina anche oltre la tradizione locale] è possibile assaporare la ghiotta come un tempo.

Ma c'è un altro grande protagonista della cucina messinese, il pescespada. Percorrendo la strada litoranea che conduce a Faro non si può fare a meno di notare delle strane imbarcazioni munite di due lunghe torrette, una protesa verso l'alto e una parallela al mare: si tratta delle filue o filuche, le barche utilizzate per la pesca del pescespada nello Stretto. L'ntinneri si apposta ad oltre dieci metri di altezza e da lassù, dopo aver avvistato il pescespada, guida il timoniere all'inseguimento; quando la barca è vicina alla preda sull'antenna orizzontale u lanzaturi con la forza delle braccia deve arpionarlo. Il pescespada entra negli antipasti a carpaccio o affumicato, nei primi e nei secondi. La preparazione più famosa a base di pesce spada è la "braciolettina". La ricetta tradizionale prevede che una sottile fettine di pescespada avvolga un ripieno di pangrattato condito con un trito di olive bianche e prezzemolo, un pizzico di pecorino grattugiato e tocchetti di pesce spada bollito; c'è chi aggiunge pinoli e uvetta. Una volte riempite le braciolette si infilano in uno spiedino intervallate da foglie di alloro e spicchi d'aglio; si cuociono quindi sulla brace e si servono irrorate di sammurighio una salsina a base di olio condito. Le braciole si possono preparare anche a ghiotta. Per conciliare gusto e portafoglio potete assaporarle alla trattoria Il Polipo Guercio.

Doppiata Punta Faro e la sua antica torre, il percorso all'interno delle tradizioni messinesi prosegue verso i laghetti di Ganzirri dove nelle trattorie che si affacciano sui due specchi d'acqua è possibile gustare cozze e vongole coltivate in loco. Prima di rientrare in centro è d'obbligo l'assaggio di un'altra specialità messinese, i tajuni, misto di interiora arrosto. Provateli a Camaro, sul viale che porta all'autostrada dal baracchino di Lulli, uno degli ultimi arrostitori, fedele alla tradizione di famiglia inaugurata nel 1920. Tornando verso il centro se la stanchezza non vi avrà ancora catturato [sappiate che se volete a Messina ora la notte è piccola, non mancano infatti pub e birrerie, Orso Cattivo e Grifone in testa, dove tirar tardi] potrete dedicarvi allo shopping gastronomico. Per salumi e formaggi tipici locali, l'indirizzo giusto è Franco Doddis, fornitissimo salumiere di via Garibaldi. Per i vini un salto all'Enoteca Abbate sulla stessa via. Ma l'appuntamento da non perdere è quello con la pasticceria messinese più leggera, meno carica e meno barocca anche nelle decorazioni di quella palermitana o catanese. Fermatevi alla pasticceria di Piero De Pasquale, autentico artista dello zucchero, per ammmirare alcune delle sue sculture dolci e godetevi un buon cannolo messinese, farcito al momento di ricotta di pecora lavorata con zucchero e aromi, perché la crosta, ricoperta da granella, non perda croccantezza. Altro classico è la pignolata, una composizione di piccoli pezzetti di pasta bignè fritta, ricoperta di glassa di zucchero bianca aromatizzata con scorza di limone grattugiata e cioccolata. Il dolce deve il suo nome al fatto che un tempo veniva confezionato a forma di pigna. Facilmente trasportabile è un bel souvenir goloso: acquistate quella confezionata dalla pasticceria Irrera, in forze a piazza Cairoli dal 1910, famosissima anche per la sua frutta Martorana di pasta di mandorla, così verosimile da indurre qualcuno ad armarsi di coltello per sbucciarla.
Souvenir alla mano, prima di lasciare la città, fate un salto al Teatro Massimo e alzate gli occhi al soffitto affrescato da Guttuso: rappresenta il mitico Colapesce, un pescatore famoso per le sue mirabolanti immersioni il quale incaricato da Federico II di scoprire su cosa poggiasse la città, resosi conto che una delle colonne che la reggeva stava crollando si sacrificò rimanendo in fondo agli abissi per sorreggere la città, salvandola da un sicuro affondamento. Così vuole la leggenda.



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