Carlo Lucarelli, classe 1960, è uno dei più affermati autori italiani di romanzi
gialli, nonchè uno dei fondatori del Gruppo 13 di Bologna, il prolifico nucleo di autori
dalle cui file provengono quasi tutti i nomi nuovi della letteratura di genere Il suo
ultimo libro, Mistero in blu, è appena uscito per Einaudi.
Da marzo andrà in onda su Rai 3 la terza serie di Mistero blu (che prima si chiamava
Blu notte), scritto e condotto da Lucarelli, e sono in corso di adattamento per il cinema
e per la televisione quattro dei suoi romanzi (Lupo mannaro, che potrebbe diventare il
pilota di una serie televisiva, Il giorno del lupo, Almost blue e L'isola dell'angelo
caduto).
E' vero che il romanzo giallo sta attraversando un momento di boom?
In realtà i gialli hanno sempre venduto, ma soprattutto sono sempre stati letti. Anche
all'epoca del giallo Mondadori, che pubblicava pochi autori italiani e di cui non parlava
nessuno, il giallo vendeva 70, 100 mila copie. Il boom semmai e' piu' una questione di
giornali e di critici letterari che si sono accorti che esiste un giallo e un giallo
italiano. Il fenomeno Camilleri sarebbe stato impossibile prima, perchè i giornali non
gli avrebbero dato rilievo. Pero' Camilleri sarebbe comunque stato un autore letto da
centomila persone.
Nel caso di Camilleri allora qual e' stato l'uovo e quale la gallina?
Senza nulla togliere al talento di Camilleri, il terreno era comunque fertile perchè
un autore di gialli raggiungesse il grande successo. Si può quasi dire che Camilleri sia
un autore nuovo, un autore giovane, perchè è emerso dopo che altri autori del poliziesco
erano stati letti e notati, e quando il giallo era qualche cosa di cui già si parlava.
Camilleri ha assestato il colpo decisivo, ma il giallo italiano aveva cominciato ad
affermarsi gia' dalla meta' degli anni Ottanta.
Che nomi farebbe?
I vecchi, come Loriano Macchiavelli, e una serie di giovani come Marcello Fois, Massimo
Carlotto, Giuseppe Ferrandino, Giampiero Rigosi. Il giallo italiano ha comunque padri
autorevolissimi, molto letti anche se magari non molto noti, al punto che di alcuni si
dice che sono dimenticati: Giorgio Scerbanenco per esempio e' dimenticato dalla critica,
ma non dal pubblico. Quando si parla con i critici magari non lo conoscono bene, ma se
chiedi ai lettori, ti dicono subito: "Ah, Scerbanenco, certo".
Forse la vera novità del successo del giallo sta nel fatto che adesso viene
considerato letteratura alta, mentre prima era considerato letteratura media o bassa.
Si', e si sbagliavano. Era colpa di alcuni editori e di alcuni autori. Il giallo
Mondadori ai vecchi tempi richiedeva e pubblicava romanzi stranieri "bassi". Non
veniva richiesto agli autori di gialli di essere anche scrittori - il che non vuol dire
che fra loro non ci fossero anche ottimi scrittori, anche italiani. E' cambiato tutto con
La piovra e con Il nome della rosa: La piovra ha fatto capire agli editori che esisteva un
interesse da parte della gente, e quindi dei lettori, nei confronti della realta'
quotidiana italiana, e Il nome della rosa ha fatto capire che anche un professore come Eco
poteva scegliere la forma del libro giallo per scrivere un libro di filosofia, di storia,
di estetica.
Si e' capito che il libro giallo poteva essere una forma e non un contenuto, dunque.
Esatto.

Quanto conta la "confezione" per un libro giallo?
Il periodo in cui il giallo Mondadori non era piu' cosi' venduto, quando non c'era piu'
un rapporto stretto tra lettore e autore, era anche quello in cui Mondadori pubblicava
libri un po' tirati via, tanto "per il giallo conta il contenuto e non la
forma". In quel periodo i lettori continuavano a leggere gialli, ma andavano a
cercare quelli di altre case editrici, per esempio Sellerio, che li pubblicava nella
collana La memoria senza nessuna distinzione con il resto dei libri, ad esempio quelli di
Bufalino. Io, che ho pubblicato ne La memoria, mi sono accorto di molti autori proprio
grazie a loro.
Non e' un caso allora che Camilleri sia emerso dalle file della Sellerio.
Certo. Il lettore di gialli e' pur sempre un lettore, quindi non trovando piu' romanzi
di genere belli e convincenti e' andato a cercarli dove c'erano, e molti giovani autori
sono stati pubblicati da editori che non avevano una collana specifica dedicata al giallo.
Adesso che il giallo va di moda, molte case editrici ripristinano collane ad hoc,
sbagliando, secondo me, perche' ricostruiscono il canale privilegiato del ghetto
sfruttando un'etichetta, quando adesso quel tipo di etichetta non esiste nemmeno più,
perchè il noir non e' piu' cosi' classificabile, è diventato un romanzo e basta. Si
corre quindi il rischio di identificare un lettore ben preciso per proporgli una cosa che
ritieni ben precisa e che in realta' non lo e' affatto. Nessuno pubblicherebbe in una
collana specifica Tom Clancy o Michael Crichton: sono hardcover normali, e di solito best
seller.
Che cosa ha portato te a scegliere i gialli?
Avevo letto I ragazzi del massacro di Scerbanenco e mi era parsa una buona forma per
raccontare delle storie, cosi' ho cominciato a scrivere delle cose che speravo fossero
simili. In questo senso il giallo e' un ottimo meccanismo narrativo.
Giallisti si' nasce?
Si', non per tecnica, ma per inclinazione: bisogna avere la passione per il lato
inquietante delle cose e una sorta di sadismo per raccontarla in un certo modo, dicendo al
lettore: ti faro' paura. Anche se tutto sommato la forma del giallo e' quella che racconta
il lato inquietante della vita spaventando di meno.
Il provincialismo fa parte della natura del giallista?
Bisogna capire cosa si intende per provincialismo. Se è provinciale raccontare la
realta' sul territorio, che e' ristretta, allora si e' volutamente provinciali: se
racconti Bologna deve essere Bologna. Questo non vuol dire che un autore di Bologna non
possa raccontare Pordenone, o che Camilleri, che sta a Roma da sempre, non possa
raccontare la sua Sicilia. Tra le belle cose che questa forma narrativa possiede come
strumento, c'e' quella di riuscire a raccontare il territorio, la terra proprio. L'altra
specifica del giallo europeo, poichè racconta il territorio e soprattutto le cose che non
vanno, è quella di finire sempre per essere un tipo di narrativa molto sociale e
politica. Infatti tutti i nostri autori di giallo sono narratori sociali e politici.
Che cos'è esattamente il Gruppo 13?
Il Gruppo 13 e' nato nel '90 attorno a Loriano Macchiavelli. Oltre a me c'erano
Marcello Fois, Gianni Materazzo, Raul Montanari. L'anno dopo abbiamo pubblicato
un'antologia dove ognuno di noi ospitava un autore nuovo, ed eravamo gia' 22. C'erano
Leonardo Baldini, Giampiero Rigosi, altri autori dell'Emilia Romagna. La base e'
l'amicizia personale e il comune intendere, non un genere, perche' ognuno aveva un'idea
diversa di quello che era giallo, e ognuno di noi scrive in modo assai diverso, ma una
funzione comune del genere e la passione per un modo di raccontare, l'idea che questa sia
una bella forma di letteratura. Ci troviamo per chiacchierare di tecniche, di passioni
comuni.
L'entrata ufficiale del giallo nel panorama della letteratura alta gli ha tolto un po'
del suo spirito carbonaro?
Il rischio c'è, ma non mi pare che sia successo. Noi continuiamo a scrivere come
prima, anche perche' c'e' molta gavetta, molto artigianato in chi scrive romanzi
polizieschi, e questo spirito di artigianato e da gavetta rimane. C'e' anche una forma di
umilta' nell'autore di giallo, che viene spontanea perche' si ha a che fare con tecniche
molto forti. Semmai, adesso che il giallo e' diventato di moda, tanti autori che non lo
praticano, anche bravissimi, per carita', dicono va bene, scrivero' un giallo anch'io, e
lo prendono sottogamba. No: e' come per la poesia, non e' che all'improvviso Stephen King,
che pure e' bravissimo a fare paura, può mettersi a scrivere una poesia, perche' non e'
facile.
Che cosa ci vuole?
Intanto la conoscenza del genere, o per lo meno una conoscenza naturale dei meccanismi
del genere. Per riuscire a creare tensione e mantenere la tensione bisogna sapere come
facevano gli altri - da Agatha Christie a Scerbanenco - oppure avere la naturale
predisposizione per raccontare le cose in modo sospeso e reticente, il che non fa parte
delle regoline del giallo, come seminare gli indizi: e' un modo di raccontare, o uno ce
l'ha o l'ha studiato. Non puoi improvvisarti, perche' hai a che fare con un lettore molto
"forte", contrariamente a quello che si pensa, uno che certe cose le conosce, e
non gli puoi raccontare la prima cosa che ti passa per la testa. Di solito le grandi
scoperte geniali degli autori non di genere si scontrano con il fatto che la meta' dei
lettori quella geniata l'ha gia' letta. I lettori di gialli, bisogna meravigliarli.
Forse sono anche piu' smaliziati degli altri.
Certamente, anche perche' il giallo si lega parecchio alla realta', e se cominci a
descrivere una realta' che non conosci, la storia non e' credibile e finisci per
infrangere il legame di fiducia fra autore e lettore. Allora crolla tutto. Insomma, non e'
facile scrivere gialli.