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Suona la sveglia. Con il computer si trova lavoro

Giancarlo Bosetti

 

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Giancarlo Bosetti

 

La disoccupazione negativa

Tra le molte celebri frasi di John Maynard Keynes ce n’e’ una che dice cosi’: "La difficolta’ non sta nelle idee nuove, ma nel liberarsi da quelle vecchie, che mettono rami in ogni angolo delle nostre menti". E non e’ un caso che queste due righe compaiano nella prefazione alla Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta. L’innovazione e’ faticosa e dolorosa nel campo del lavoro: il computer ha distrutto molta occupazione e molta ne ha creata, ma diversa e piu’ qualificata. La rivoluzione informatica e’ una delle ragioni per cui la crescita economica non produce piu’ un aumento sufficiente dell’occupazione totale. Ma produce anche nuovi posti di lavoro, che pero’ neanche i paesi piu’ avanzati riescono a riempire. Sta succedendo qualcosa che ha un nome, tutto sommato benigno e incoraggiante (per chi non ha paura delle novita’): si chiama "disoccupazione negativa". Information Strategy, una rivista del gruppo The Economist (la trovate di carta e anche on line, http://www.info-strategy.com, questo articolo pero’ non e’ gratis, dovete abbonarvi) racconta che secondo gli analisti delle tecnologie dell’informazione del gruppo Gartner una eccedenza di posti di lavoro sta diventando la condizione naturale nei settori legati ai computer. Si prevede che a tempi indefiniti soltanto sette posti su dieci saranno coperti in permanenza. Questo significa che per chi ha una formazione in questo campo il mercato del lavoro e’ assai attraente. Le aziende se li rubano, gli ingegneri informatici, alzando il prezzo, e quelli che ce li hanno non sanno piu’ che cosa inventare per trattenerli. A tempi indefiniti: se qualcuno tra i giovani che ci leggono avesse dei dubbi di natura economica sulla scelta del corso di laurea ne prenda nota. Tre posti su dieci sempre liberi. Per sempre.

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 La legge del microcosmo

Qualcuno sostiene che il divario tra la gente disponibile ed i posti liberi va di pari passo con quella che Goerge Gilder chiama "legge del microcosmo", vale a dire la teoria, inventata dal fondatore dell’Intel, Gordon Moore, 30 anni fa, secondo la quale la potenza dei microprocessori raddoppia ogni 18 mesi. Di pari passo i talenti del computer, che lo facciano di proposito o no, hanno creato una situazione in cui la preparazione necessaria e’ in continua e rapidissima evoluzione. La formazione non riesce a tenere il passo dell’innovazione. Che succede allora? che le grandi aziende del settore IT (information technology), scarseggiando uomini e donne sulla prima linea degli specialisti, si accontentano di gente che venga, si fa per dire, da seconde e terze linee: l’economia, la matematica, il management. Cio’ prosciuga anche questi altri settori dove il mercato del lavoro si mette a "tirare" di piu’. I giganti come Ibm, Bull e Cap Gemini, date le dimensioni del proprio fabbisogno, affrontano il problema facedo formazione nelle loro universita’ modellate a misura delle proprie esigenze. La Germania intanto, pure in deficit di personale qualificato nel campo, sta drenando migliaia e migliaia di cervelli dall’Europa dell’Est per addestrarli in casa propria. E pure a Londra il risucchio di esperti sta alzando le quotazioni dei lavori informatici necessari per il mantenimento e lo sviluppo della gigantesca macchina della City.

 

La regola del sette su dieci

Il fenomeno pero’ non riguarda soltanto le posizioni piu’ alte, i vertici della tecnologia e delle aziende. La sua ricaduta produce lo stesso fenomeno giu’ per i rami. Qualunque mansione nella struttura di una azienda di oggi – dai manutentori dell’impianto elettrico agli assistenti della direzione e allo staff commerciale, per non parlare della segreteria di redazione di una rivista – mette chi la esercita in condizione di alzare il proprio valore professionale, e il potere contrattuale che ne deriva, attraverso la alfabetizzazione informatica. La regola del sette su dieci, ovvero: c’e’ sempre bisogno di qualcuno capace di interpretare il proprio mestiere con i ferri di un computer, forse vale dovunque. L’avvertimento di Keynes sia preso come messa in guardia contro la pigrizia: in tanti angoli della nostra testa c’e’ sempre un folletto che resiste e pensa di poter continuare "come una volta".
Il guaio italiano e’ che il folletto invade tutti gli angoli del sistema. Guardate la lista mondiale della classifica degli stati in base al numero di computer per abitante. Noi, che siamo sesti per prodotto lordo, arriviamo ventitreesimi, con un miserabile 15,8%, preceduti da tutte le contrade del mondo occidentale. Se poi parliamo di Internet, risaliamo all’undicesimo posto per numero assoluto di hosts, (243mila, contro i 20 milioni degli Stati Uniti e un milione per ciascuna di Germania e Inghilterra, al fotofinish di World in Figures, The Economist 1999), ma non siamo neppure classificati nei primi 23 se facciamo la proporzione del numero degli utenti per mille abitanti (meno di 8 contro i 66 degli Stati Uniti, 16,7 dell’Inghilterra, 12,1 della Germania). Francesco Bacone diceva quattro secoli fa che "come tutte le creature viventi alla nascita sono deformi, cosi’ sono deformi tutte le innovazioni, che sono le nascite del tempo". La deformita’ da noi e’ quella di una creatura che non vuole nascere.

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Chi si sveglia prima vince

Dal momento pero’ che le tecnologie dell’informazione invaderanno comunque anche l’Italia, nonostante il ritardo, chi ha gia’ sentito la sveglia si trovera’ in vantaggio. Quando si trattera’ di passare dal vasto bla-bla sulle nuove tecnologie al fare le nuove tecnologie, bisognera’ combattere la battaglia faticosa contro le "idee vecchie" di cui parlava Keynes. Meglio per chi si sara’ gia’ allenato a vincerla questa battaglia psicologica. E non mi dite che questo e’ ottimismo tecnologico o fanatismo del nuovo. Obbiezione respinta. Il ritardo cronico dei governi italiani nel promuovere ricerca e sviluppo, e insieme il ritardo della scuola lo conosciamo ormai bene. Ma il problema delle "politiche per l’occupazione e lo sviluppo" ogni tanto bisogna guardarlo anche dal punto di vista dei destinatari, della loro capacita’ di darsi da fare. Nel loro interesse.

 


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