Con Karl R. Popper: così
distanti, così vicini
Dario Antiseri
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Al di là delle differenti interpretazioni che
Popper e Gadamer hanno dato di Platone - e prescindendo da altri
interessi e direzioni di ricerca che ne fanno due filosofi ben
"distinti" - prendo l'occasione dall'intervista di Bosetti
a Gadamer per tornare su di una questione antica e controversa: il
metodo della ricerca scientifica è unico, ovvero si hanno più
metodi? O, per essere più esatti, il metodo delle scienze
fisico-naturalistiche vale anche nelle discipline umanistiche o no?
Regge ancora la nota distinzione tra "erklären" e “verstehen"?
Ebbene, come si sa, per Popper tutto il metodo della scienza
razionale si risolve in tre parole: problemi-congetture-tentativi di
confutazione. In ogni angolo della scienza, ovunque ci siano
problemi da risolvere (in fisica, in linguistica, in biologia e in
economia, in sociologia e in chimica, nell'interpretazione e nella
traduzione di un testo e in astrofisica eccetera) non possiamo fare
altro che inventare congetture per poi metterle alla prova. Karl
Popper: "Elaborare la differenza fra scienza e discipline
umanistiche è stato a lungo una moda ed è diventato noioso. Il
metodo di risoluzione dei problemi, il metodo delle congetture e
confutazioni sono praticati da entrambe. E' praticato nella
ricostruzione di un testo danneggiato, come nella costruzione di una
teoria della radioattività". Parlando di Gadamer, sempre
Popper ha sostenuto: "Io ho mostrato che l'interpretazione di
testi (ermeneutica) lavora con metodi schiettamente
scientifici".
E veniamo a una delle idee fondamentali della teoria gadameriana
dell'ermeneutica: quella di "circolo ermeneutico".
L'interprete, afferma Gadamer in Verità e metodo, si accosta
al testo con il suo Vorverständnis, con le sue
pre-supposizioni, i suoi pregiudizi. E in base a questi elabora un
preliminare abbozzo di interpretazione. Ma siffatto abbozzo può
essere adeguato o meno. Ed è la successiva analisi del testo (del
testo e del contesto) a dirci se questo primo abbozzo di
interpretazione è corretto o meno, se corrisponde a quel che il
testo dice o no. E se questa prima interpretazione si mostra in
contrasto con il testo, se urta contro di esso, allora l'interprete
elaborerà un secondo progetto di senso, vale a dire un'ulteriore
interpretazione, che metterà al vaglio sul testo (e sul contesto)
per vedere se essa possa risultare adeguata o meno. E così via. E
così via all'infinito, giacché il compito dell'ermeneuta è un
compito infinito e tuttavia possibile.
Ma che cosa è mai un progetto di senso, un abbozzo di
interpretazione - o, più semplicemente, una interpretazione, se non
una congettura o una ipotesi o teoria asserente che "il testo
dice questo o quest'altro"? Che cosa è mai, appunto, una
interpretazione se non una teoria su oggetti del mondo 3, sul
contenuto di oggetti del mondo 3? In effetti: le interpretazioni
sono congetture o ipotesi sul significato dei testi, vale a dire
congetture su quello che tali testi dicono (sul loro contenuto).
Come un ricercatore nell'ambito delle scienze fisico-naturalistiche
propone e prova teorie su pezzi (o aspetti) del mondo 1; così
l'ermeneuta propone e prova teorie su pezzi di mondo 3, sul mondo
di carta. E come fatti del mondo 1 (o meglio: asserti
presumibilmente descrittivi di questi fatti) possono mandare in
frantumi teorie proposte sul mondo 1; così, parimenti, fatti del
mondo 3 (o meglio: asserti presumibilmente descrittivi del contenuto
di questi fatti linguistici) possono demolire teorie (o
interpretazioni) proposte sul mondo 3, o più esattamente, sui
testi, cioè su pezzi del mondo di carta.
Non ogni teoria fisica o biologica vale l'altra: il processo
della prova è un processo che sottopone le teorie ad una severa
lotta per la sopravvivenza; è un procedimento che può dimostrare
false le teorie a suon di fatti contrari; ed è per mezzo della
prova che scartiamo le teorie più deboli e dichiariamo vera (e non
certo per l'eternità) quella teoria che ha resistito agli attacchi
più severi, adoperandoci con fantasia e logica a reperire smentite
anche di questa teoria al fine di avanzare verso teorie migliori,
più ricche di contenuto informativo, maggiormente esplicative e
previsive. E, analogamente, non ogni interpretazione vale l'altra:
le proposte di abbozzi di senso non sono tutte uguali, giacché il
testo (e il contesto) non è (o non sono) indifferente (o
indifferenti) a tutte le interpretazioni; e il testo, retroagendo
sull'interpretazione, può demolirla, dimostrarla cioè inadeguata
(noi diremmo: falsificarla) oppure può confermarla (e anche qui:
non certamente per l'eternità; e, anche se ciò fosse , non
potremmo mai saperlo con certezza). Questo, dunque, è il circolo
ermeneutico: la descrizione di ciò che accade nel processo
interpretativo (e simultaneamente la prescrizione di ciò che deve
accadere, se vogliamo interpretare adeguatamente un testo).
E, qua giunti, chiedo: il circolo ermeneutico descrive (e
prescrive) un procedimento diverso da quello descritto (e
prescritto) dal metodo risolventesi nei tre passaggi problemi -
teorie - critiche? Ebbene, la mia tesi è che il circolo
ermeneutico di Gadamer e il metodo per "trial and error"
di Popper configurano lo stesso procedimento metodologico
delineandolo in due "linguaggi" in parte differenti. (Per
una adeguata analisi di questa tesi si possono consultare i miei
lavori: Teoria unificata del metodo, UTET Libreria, Torino,
2001, capp. 3, 4, 5; Trattato di metodologia delle scienze
sociali, UTET Libreria, 1996, cap. 20; e H. Albert - D.
Antiseri, Epistemologia, ermeneutica e scienze sociali, Luiss
Edizioni, Roma, 2002).
Vent'anni fa questa tesi fece "scandalo" e vene attaccata
con incredibile e ingiustificata acrimonia. Eppure sarebbe stato
sufficiente lo studio di scritti metodologici di autori come Paul
Maas, Hermann Fränkel, Giorgio Pasquali o anche di Georges Mounin
per rendersi conto della sua validità. Ai nostri giorni l'idea di
una teoria unificata del metodo trova un solido sostegno in
lavori, tra altri, di W. Wieland, H. F. Fulda, G. Böhm e J. Grondin.
In breve, Karl R. Popper e Hans Gadamer: così distanti, così
vicini. Una stessa idea sul metodo della ricerca - una posizione
tanto più preziosa in quanto davvero "inintenzionale".
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