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Radio tre, la leggerezza



Marino Sinibaldi con Mauro Buonocore



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Questo articolo è stato pubblicato sul numero 69 (gennaio-febbraio 2002) di Reset 

La radio riesce a rivolgersi ad un pubblico preciso, esatto, mirato. Questa è una delle caratteristiche con cui ha saputo sopravvivere all’onnipresenza della televisione. Radio Tre Rai è interamente dedicata alla cultura. “Nasce nel 1950, dando inizio al superamento della dimensione generalista della comunicazione di massa - dice Marino Sinibaldi, vice direttore di Radio Tre Rai. “Si tratta di un canale orientato non tanto ad un pubblico particolare, quanto ad un elemento particolare della comunicazione, un segmento tradizionalmente minoritario come la cultura o lo spettacolo di qualità. Iniziata con la vocazione pedagogica della Rai, Radio Tre ha più volte cambiato pelle; di fronte all’enorme offerta di prodotti culturali della nostra epoca, ha dovuto cercare nuove caratteristiche, trovandole
negli approfondimenti critici, nella ricerca di voci che parlino in diretta; si è trasformata da una radio fatta molto in studio, al chiuso, con i pareri dei competenti, ad una in cui le competenze sono importanti ma vengono raccolte il più possibile dal vivo, si tratti del grande scienziato, del pianista o dell’esperto di scuola.

E nonostante i mutamenti del consumo culturale funziona ancora?

Certamente una risposta è nella leggerezza. In radio per produrre contenuti può bastare un telefono cellulare, e così si riesce a stare il più possibile nei posti nel momento in cui accadono le cose. Ma la radio ha anche una leggerezza percettiva, riesce ad entrare nei posti della nostra vita: il quarto d’ora che si passa in macchina, ad esempio, può essere riempito dalla radio e da nessun altro medium.

Un altro aspetto fondamentale è emerso anche con i fatti dell’11 settembre. In quei giorni abbiamo fatto uno sforzo per proporre molte voci, approfondimenti e differenti punti di vista su un argomento verso il quale lo smarrimento dell’opinione pubblica era totale. Mentre in tv la discussione scivolava sempre nella contrapposizione, nella messa in scena di un conflitto, da noi si sono ascoltate molte voci fuori dai cori, diverse opinioni, pareri di islamisti, di insegnanti di letteratura afghana, di sacerdoti delle diverse religioni; ed il pubblico, con gli ascolti, ha dimostrato di apprezzare il nostro lavoro.

Nuovi linguaggi: la radio può essere sempre alla ricerca del nuovo mentre in tv non si vede nulla, se non pochissimo, che vada oltre una ricostruzione superficiale e spettacolare della realtà.

Rispetto alla televisione la radio, proprio per la sua leggerezza, può permettersi di lavorare a costi molto ridotti e con una facilità di adattamento tecnico che altri media di massa non possono avere. La televisione, per i costi e per la pesantezza degli apparati che la compongono, ha raggiunto un tale livello di ipertrofia che nessuno può permettersi di rischiare dei bassi ascolti in qualsiasi momento del palinsesto. La nascita e la diffusione delle tv commerciali hanno innovato il linguaggio televisivo ma si è prodotta, salvo poche eccezioni, una rincorsa al conformismo da parte dei diversi canali nazionali per cui tutta la televisione generalista insegue le forme ed i contenuti della tv commerciale.

Per la radio, invece, il monopolio venne infranto dalle radio libere, alcune politiche, ma per la maggior parte commerciali, che hanno compiuto una rivoluzione dei linguaggi, creando i presupposti per la nascita di idee e soluzioni nuove, per la sperimentazione di nuove tecniche per fare radio, dal microfono aperto fino al racconto in diretta degli avvenimenti.

Invece con Internet le cose cambiano, la radio non vive certo un rapporto conflittuale con in new-media.

Alla minaccia tecnologica della tv la radio ha paradossalmente risposto riuscendo a dialogare con gli altri media. La trasmissione più ascoltata di Radio Tre è “Prima Pagina”, un programma del mattino in cui si leggono i quotidiani e si permette agli ascoltatori di telefonare ed intervenire. Si tratta di un esempio di convergenza mediale, o di ibridazione, se vogliamo usare le parole più moderne, perché intreccia radio giornali e telefono, tre media in uno.

Per Internet sta già accadendo lo stesso processo di integrazione con la possibilità di allargare la radio: questa si può arricchire di alcune immagini, grazie alle e-mail può migliorare l’interattività che ha saputo sviluppare utilizzando il telefono, può arrivare ad ascoltatori di tutto il mondo superando il problema delle frequenze. Per non parlare poi delle possibilità di creare un archivio del materiale radiofonico e renderlo disponibile ad un ascolto che non è necessariamente legato alla programmazione quotidiana. Senza dubbio l’incontro tra questi due media darà dei bei frutti nella misura in cui i due mezzi sapranno mettere in comune le proprie caratteristiche arricchendosi a vicenda.

Quali aggettivi bisogna spendere per descrivere la radio che piace fare a Marino Sinibaldi?

Vorrei che fosse affascinante, che desse piacere. La radio oggi non si ascolta perché è l’unico mezzo che si ha a disposizione, ma vive in un ambiente mediale che è molto competitivo; l’ascoltatore sceglie di accenderla e di non fare molto altro, lavorare o mandare un “sms”, queste scelte sono orientate dal piacere e chi fa radio deve corrispondere ai desideri. Ma bisogna stare attenti a prendere in considerazione un piacere che ne sappia racchiuderne molti, che sia articolato e differenziato, che sia in grado di contenere il gusto per la conoscenza, per l’ascolto, per la grande musica ed il piacere di essere presenti, di non essere esclusi.

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