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La magia della parola



Piero Dorfles con Mauro Buonocore



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Questo articolo è stato pubblicato sul numero 69 (gennaio-febbraio 2002) di Reset 

“Rispetto agli altri media la radio è lo strumento più duttile. È facile da usare, va dappertutto, arriva nei posti che alle telecamere rimangono inaccessibili, ce la possiamo portare dietro, possiamo ascoltarla a casa, in viaggio, mentre si lavora. Ma è duttile soprattutto perché, essendo basata solo sulla parola e la musica, e non sull’immagine, contiene in se’ la parte più alta, raffinata del pensiero umano. Così la radio, utilizzando la parola può essere tutto quello che è il discorso umano: metaforico, logico, ironico, irrazionale ed anche razionale. E può esserlo tutto insieme”.

Per Piero Dorfles, responsabile dei servizi culturali dei giornali radio della Rai, è la duttilità il concetto che più di tutti riesce a definire in maniera sintetica ed esauriente la natura della radio, e riesce anche a spiegare perché, dopo un secolo di storia, questo medium non abbia ceduto abbattuto dai colpi della tv e di Internet, ma sia stato in grado di scovare sempre nuovi territori per parlare alle persone. Già, perché questo è un altro nodo cruciale della questione: “La duttilità - continua il professor Dorfles - permette alla radio di parlare a tutti. È una caratteristica essenziale che le consente di essere adatta ai giovani ed ai vecchi, ai colti ed ai semplici, a quelli che vogliono essere trastullati e quelli che vogliono essere incuriositi, è in grado insomma di essere tutto questo insieme grazie alla parola che diventa di volta in volta allusiva, metaforica, ironica e così via. Dentro la radio c’è la magia della parola, in tutte le sue forme, dalla conversazione tra due persone che confrontano in pubblico le loro idee, al semplice racconto di un fatto, dalla radio che mostra più aspetti, più persone, più cose dello stesso argomento, alla radio che cerca i documenti e che ci porta alle orecchie voci del passato di persone morte da anni, fino alla radio che è lettura, di libri, di poesie, di testi teatrali o persino cinematografici”.

Queste caratteristiche del medium radiofonico sembrano consentire di parlare di argomenti culturali più e forse meglio della televisione. “La radio ha canali interamente dedicati alla cultura - continua Dorfles - ed è un mezzo raffinato che sa parlare allo stesso tempo ad un pubblico vasto ma differenziato.

Il vero problema è trovare un modo che sappia incuriosire il pubblico, anche su argomenti che sembrano elitari, senza spaventarlo. La cultura nei mass media non è necessariamente una scocciatura se fatta con programmi che pur essendo di intrattenimento abbiano la capacità di farci pensare, di riflettere sulla realtà. Ho a volte la sensazione che molti programmi televisivi vengano visti soltanto perché la competizione televisiva ha un livello così basso che anche trasmissioni che di per se’ non sono affatto pregevoli hanno successo. Ma se i programmi fossero fatti con garbo, con ironia e con una certa qualità, la gente li guarderebbe lo stesso.

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