Perché i giovani non votano
più a sinistra?
Corrado Ocone
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Perché i giovani non votano più a sinistra?
Le opinioni dei lettori
Proviamo ad allenarci, come suggerisce Bosetti, "allidea (e al fatto) che
Berlusconi ha vinto le elezioni" (vd. http://www.caffeeuropa.it/attualita01/
134attualita-editoriale.html ). Ciò significa, come dice sempre Bosetti, che da
oggi dobbiamo tenere gli occhi ben aperti e dobbiamo prepararci a poter giudicare la
Destra dal suo operato. Ma ciò significa anche, a mio avviso, che, se non vogliamo
trovarci impreparati fra cinque anni e se vogliamo costruire qualcosa per il futuro,
dobbiamo porci seriamente il problema della natura e dellidentità della sinistra.
Occorre una sorta di "rivoluzione copernicana": dobbiamo mettere in atto uno
spostamento prospettico del nostro sguardo che ci faccia interrogare non tanto sul perché
la destra abbia vinto quanto piuttosto sul perché la sinistra abbia perso le elezioni.
Ciò esige che finalmente si abbia il coraggio di dire "tutta la verità", e
quindi anche le "verità amare", sugli errori e i limiti della sinistra. Si
tratta, in altri termini, di svolgere una dura e severa autocritica, una vera e propria
requisitoria.
Penso che sarebbe un errore ripetere ragionamenti astratti tipo: è meglio un Partito
socialdemocratico alla europea o un Partito democratico allamericana; oppure, è
meglio rafforzare la "prima" o la "seconda gamba" del centrosinistra;
o ancora, bisogna collocarsi più a destra di prima o più a sinistra. Ciò che invece
dobbiamo fare, subito e soprattutto, è cercare di capire perché non funziona più il
nostro rapporto con i cittadini: è necessario chiedersi perché non sappiamo più
interpretare le idee e i sentimenti della gente, perché non diamo più voce alle loro
speranze né risposte alle loro esigenze.

La politica della sinistra è stata sempre contrassegnata, nei momenti alti, da una doppia
capacità: di analizzare la società e i cambiamenti in corso, da un lato; di inserirsi
nei processi in atto per modificarli nellottica della maggiore giustizia sociale e
di più ampi spazi di libertà per gli individui, dallaltro. Lo scollamento con le
esigenze reali, e con il modo di essere e di pensare delle persone, non potrebbe essere
oggi, invece, più ampio: la sinistra non parla più né al cuore né alla mente dei
cittadini.
Questi ultimi, quando il 13 maggio hanno votato ancora una volta a sinistra, lo hanno
generalmente fatto o per abitudine o per gridare forte la loro protesta contro questa
destra. I dirigenti, daltro canto, hanno dimostrato di mancare del tutto di visione
strategica. E hanno finito per ridurre la loro politica a mera tattica quotidiana. O,
tuttal più, alladesione acritica ad unideologia "politicamente
corretta", vaga e generica, debole nella forma e sincretica nella sostanza.
Cè un dato che, da qualche anno, è costante. E relativo a un fatto che
dovrebbe farci riflettere, ma che invece è solitamente poco considerato da noi di
sinistra. Si tratta di questo: il consenso che ha oggi la nostra parte politica è un
consenso che aumenta con il crescere delletà degli elettori - basti considerare che
il Senato, alla cui elezione non concorrono i giovani fra i 18 e i 21 anni, è più di
sinistra rispetto alla Camera dei deputati.
Perché è potuto succedere che la maggioranza dei giovani non voti più a sinistra? Non
vogliamo credere che i giovani si siano tutti rimbecilliti (casomai per essere cresciuti,
come dice Umberto Eco, alla scuola della tv commerciale di Berlusconi, che con la sua
"discesa in campo" non avrebbe fatto altro che raccogliere i frutti della sua
opera "educatrice"). Non vogliamo crederlo anche perché, almeno empiricamente,
ci sembra che le cose non stiano affatto così: rispetto a una generazione fa, i giovani
non sono affatto meno critici o preparati (a meno di non pensare che i giovani
post-sessantottini, imbevuti di una pseudocultura fatta di slogan e affermazioni
dogmatiche, fossero sapienti e culturalmente attrezzati).
Né, daltro canto, vogliamo credere che i giovani di oggi, preparati e cosmopoliti,
abituati a viaggiare e a conoscere genti e paesi, possano ritrovarsi nelle parole e nei
gesti del provincialismo demagogico e populista del Cavaliere. Il problema allora sta, con
tutta evidenza, altrove: i giovani non trovano più espressione nella società politica
perché la politica è sempre più rinchiusa in se stessa e autoreferente (una vera nomenklatura!).
E qui che sta appunto il problema, che è perciò il problema di una nuova classe
dirigente: di una Sinistra politica che esca dalla coazione a ripetere riti e miti ormai
inadatti e che non parlano più alla gente, non toccano i veri problemi delle persone di
questa età post-ideologica. Un ricambio fu timidamente tentato nel 93-94, ma
nellultima tornata elettorale siamo complessivamente tornati indietro. E, in verità
non solo a sinistra (basta riflettere un attimo sulla composizione delle liste proposteci
dai partiti: si può dire che esse non abbiano offerto uno spaccato del paese reale,
bensì spesso uno spaccato della parte più arcaica oppure impresentabile della società
nel suo complesso). E qui che si inserisce quindi, io credo, il vero rischio di
involuzione del sistema, la sua pericolosità. Ed è qui che si inserisce la possibilità
della presenza dell"Impresentabile" per antonomasia, cioè del Cavaliere.
Tornando però a noi dobbiamo dire che i giovani probabilmente non apprezzano più, nella
sinistra, la non corrispondenza fra ideali e prassi, il predicare bene e razzolare male
(lidea che i comportamenti non contino, ma che contino le idee, è un portato
delletà ideologica che ha oggi una valenza negativa che pesa in modo non
indifferente). Così come non apprezzano forme di retorica veramente irritanti: ad esempio
quella dei Padri della Patria, dellAltra Italia Minoritaria e Civile (siamo sicuri
che i nostri padri, ad esempio i Gobetti e i Rosselli, avrebbero amato le celebrazioni?
Non avrebbero forse preferito che qualcuno li "celebrasse" nellimpegno e
nella prassi quotidiana?).
E che dire poi della forma retorica, connessa alla precedente, che si chiede se siamo
ancora o siamo mai stati un Paese Civile (mera retorica: ovviamente lo siamo, anche se,
come sempre, spesso rischiamo di essere superficiali, sognatori ad occhi aperti, ingenui e
sprovveduti, creduloni nel pensare che con un colpo di bacchetta qualcuno possa risolvere
dincanto e in modo non prosaico i nostri problemi quotidiani).
E cosa pensano i giovani di un altro vezzo diffuso di questa nostra sinistra,
dellAppello sempre pronto? E dello "scendere in piazza", della retorica
dellEmergenza e della Mobilitazione di Massa e Democratica? Non è forse vero che
poprio reiterare queste forme, le depotenzia e le rende innocue anche quando potrebbero,
casomai, avere un senso?
Ed è stato giusto o opportuno scendere sul terreno di gioco imposto da Berlusconi
nellultima campagna elettorale, quello in cui la destra sguazza meglio: il terreno
di chi si indigna o urla di più, mentre ciò di cui forse cè oggi effettivo
bisogno, qui da noi, è di sobrietà e pacatezza o anche di ironia, ma non solo
dellironia greve alla Luttazzi.
E ancora, sul terreno sempre più importante della laicità, è veramente laico un
atteggiamento che agli Assoluti cattolici oppone gli Assoluti laici, cioè idee a priori e
la convinzione precostituita e antecedente ogni dialogo di stare dalla parte giusta? Si
può affrontare il nostro tempo, cioè il mondo secolarizzato, con schemi di idee già
pronte, da applicare in modo meccanico e deterministico ad ogni evenienza?
Ci sarebbe, last but not least, da affrontare anche il problema della comunicazione
politica, a sinistra. Che noi non sappiamo comunicare, e che anzi abbiamo una
idiosincrasia verso tutto ciò che anche alla lontana assomigli al marketing, è un fatto.
Che si debba invece scimmiottare il modello alla Wanda Marchi del Cavaliere, è un altro.
Il discorso sarebbe lungo, ma anche qui mi sembra che il passaggio è segnato: una
sinistra capace e non parolaia, riformista e liberale, non deve fare a pugni con le
tendenze in atto nella società della tarda modernità, ma deve capirle e utilizzarle per
rendere concreti i proprii obiettivi. Non lasciamo allavversario la bandiera della
modernizzazione, ma dimostriamo a tutti che ciò che egli sbandiera è solo un simulacro,
una falsa e apparente modernizzazione.
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