Come adattarsi all'idea senza perdere
la faccia
Giancarlo Bosetti
Articoli collegati
Come adattarsi all'idea
senza perdere la faccia
Il centrosinistra, anche se
sconfitto, "riparte dal nord". E da Milano.
Democrazia e retorica
deliberativa
Ma con la DC era peggio
Non è razzista chi
critica il populismo
Abbiamo
pubblicato in campagna elettorale su queste pagine l’appello di
Bobbio e Sylos Labini in cui si dava l’allarme nei confronti del “pericolo
per la democrazia” rappresentato da Silvio Berlusconi. Abbiamo anche
pubblicato quell’altro appello, firmato da Cafagna, Mieli, Salvati,
in cui si invitavano entrambi gli schieramenti ad accettarsi e
riconoscersi reciprocamente come legittimi.
Il primo dei due ha riscosso sulle nostre bacheche virtuali maggiore
successo. Come avrete visto sono state molte le adesioni di personaggi
illustri e conosciuti e molte quelle dei lettori di passaggio sul
nostro sito. Il secondo ne ha riscosse assai meno. Il che significa,
detto tra noi, che nella testa dei nostri visitatori, per lo più,
Berlusconi resta un personaggio poco affidabile. Del resto sulle
pagine di Caffè Europa e di Reset versione online,
nelle ultime fasi della campagna elettorale abbiamo anche pubblicato
numerose prese di posizione, che ancora potete consultare, di
intellettuali della sinistra liberal, riformista, moderata, i quali
avevano una opinione abbastanza chiara: poco entusiasmo per il
centrosinistra, ma meglio votare un’altra volta per l’Ulivo che
lasciare il governo alla Casa delle Libertà. E la ragione era, anche
qui, e detta con la massima sobrietà, che Berlusconi come capo del
governo per cinque anni è una prospettiva non precisamente luminosa
dal punto di vista del riformismo.

Adesso che il risultato elettorale, dopo le disastrose vicissitudini
dei seggi, è chiaro e non lascia margini a elucubrazioni (Berlusconi
è in condizioni di governare per cinque anni senza minacce pericolose
da parte degli alleati, messi in condizioni di non disturbare le
operazioni, e parte in condizioni migliori di quelle di Prodi nel ’96)
chi la pensava, come me, in quel modo - era meglio se vinceva l’Ulivo
perché il leader del Polo non è abbastanza affidabile - deve
adattarsi all'idea che invece il governo di questo centro-destra,
brutto come mamma l’ha fatto, starà al suo posto per un bel po’.
Avremo dunque tempo di discutere dei suoi programmi, di quello che non
ci piace, del conflitto di interesse e dei modi in cui si possa
risolvere (saranno davvero validi per altro solo se tali saranno anche
per l’opposizione), dei suoi ministri, del suo operato; articoleremo
e limeremo il giudizio tanto quanto sarà necessario.
Ma il tema al momento più interessante che sottoponiamo ai nostri
lettori è questo: come ci adatteremo all’idea di un capo di governo
che promette di diventare “regolare” e che vuole farsi accettare
come “normalmente democratico” dopo una battaglia elettorale tanto
dura, durante la quale abbiamo contestato porprio questa sua piena “regolarità”?
Io vi dico ora la mia opinione, voi ditemi la vostra. Penso che non
possiamo fare a meno di accettare il responso delle urne senza riserve
mentali. Il che non vuol dire “farsi piacere” il programma di
Berlusconi. Quanto a questo trovo sbagliato già il “punto 1” che
il Cavaliere ha posto all’ordine del giorno del primo Consiglio dei
ministri: l’azzeramento della tassa di successione. La eliminazione
di questa imposta ha un elevato valore simbolico e, per quanto mi
riguarda, contraddice i principi della moderna fiscalità.
Che qualche ministro del centrosinistra abbia affacciato la stessa
idea nell’imminenza della campagna elettorale è un altro degli
errori della coalizione uscente che deve essere aggiunto a una lista
in corso di preparazione, e che da qualche parte bisognerà anche
discutere. Quindi “accettare” Berlusconi come capo del governo non
significa di sicuro condividere il suo programma. E nemmeno significa
mettere a tacere la opposizione al conflitto di interesse e la
richiesta di una sua decente sistemazione.
“Accettare” significa a mio avviso un’altra cosa: passare da un
tentativo, del tutto legittimo e democratico, di impedire a un uomo
così dotato di mezzi economici e di poteri mediatici di andare al
governo, a una opposizione meno di principio e più empirica. Che il
Polo governi è nell’ordine delle cose lecite. La questione è stata
risolta con il voto. Ora l’atteggiamento degli oppositori dovrà
dipendere dal modo in cui il governo sarà esercitato, dai singoli
fatti, dalle azioni e dagli enunciati che usciranno dalle bocche dei
governanti.
Mi rendo conto che questo cambio di atteggiamento non è semplice e
automatico, ma è necessario, diciamo pure indispensabile. So che c’è
chi teme che in questo modo si “abbassi la guardia” e che potremmo
pentirci di averlo fatto. Ma non ci sono alternative. E anche il
rifiuto di riconoscere la sanzione elettorale sarebbe assai
pericoloso.
Possiamo accompagnare l’inevitabile approdo a un nuovo orientamento
verso il fatto compiuto della vittoria di questo centrodestra con il
viatico che ci offre la concezione liberale della politica di Michael
Walzer, autore che ci è caro: un sistema democratico ha bisogno della
mobilitazione dei suoi cittadini in difesa della libertà non tutte le
sere ma soltanto quando serve.
E’ indispensabile sapere che, se ci fossero delle minacce alla
libertà, la gente si metterebbe in movimento per sventarle. Che
minacce ci siano o non ci siano si può giudicare soltanto dai fatti.
Nel frattempo ci si può anche rilassare e lasciare che chi era all’opposizione
vada al governo. E quel che farà il governo lo staremo a guardare con
la massima attenzione.
Articoli collegati
Come adattarsi all'idea
senza perdere la faccia
Il centrosinistra, anche se
sconfitto, "riparte dal nord". E da Milano.
Democrazia e retorica
deliberativa
Ma con la DC era peggio
Non è razzista chi
critica il populismo
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio
Attualita' |