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"Ma tutti gli alimenti contengono dei rischi"



Agostino Macrì con Odette Misa Sonia Hassan



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Dopo la mucca pazza, un'epidemia di afta epizootica e forse anche qualche caso di brucellosi ci ritroviamo travolti da un’ondata di insicurezza e circondati da notizie allarmanti o allarmistiche. Per capirci qualcosa di più ci siamo rivolti a una fonte davvero autorevole: Agostino Macrì, direttore del Laboratorio di Medicina Veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanita.

Professor Macrì, che cosa distingue la BSE dalle altre patologie che colpiscono gli animali da allevamento? E come mai tanto allarme per una malattia che nell’uomo resta sporadica?

La BSE, a differenza delle altre malattie che colpiscono gli animali da allevamento, è una nuova malattia che colpisce il tessuto nervoso in cui si verifica una "degenerazione" delle proteine prioniche. Per dare la maggiore sicurezza possibile ai consumatori i tessuti a rischio, ed in particolare il midollo spinale eil cervello, vengono eliminati dal consumo alimentare umano. Per altre malattie di carattere zoonosico che colpiscono gli animali, abbiamo molte più informazioni e quindi è più facile prendere delle adeguate misure di prevenzione.


Ha parlato di proteine che degenerano, fa riferimento ai prioni?

Certo, i prioni sono delle strutture proteiche che sul caso della BSE si modificano assumendo una conformazione spaziale diversa in grado di provocare una degenerazione di tutto il sistema nervoso centrale che istologicamente assume un aspetto “spongiforme”. È stato accertato che somministrando ai bovini farine di carne ottenute da animali ammalati da BSE si ha la trasmissione della malattia.

Si ritiene che l’assunzione per via alimentare di prioni patologici ne provochi la graduale migrazione nel cervello con le conseguenze descritte. Tuttavia non è ancora noto il meccanismo di trasmissione della BSE e non si ha ancora la certezza scientifica che si tratti di una zoonosi anche se gli alimenti disponibili sono a favore di questa ipotesi.

Solo pochi mesi fa l’Italia sembrava immune da questa malattia, cos’è cambiato in questi ultimi mesi?

Probabilmente nonè cambiato molto dal punto di vista epidemiologico. Infatti fino allo scorso anno venivano fatti dei controlli soltanto sugli animali a rischio, ovvero che presentavano un’evidente sintomatologia clinica a carattere nervoso. Dall’inizio di quest’anno invece si fanno controlli a tappeto su tutti gli animali di età superiore ai trenta mesi, quindi adesso la malattia può essere accertata anche in assenza di manifestazioni cliniche.

Che importanza hanno la zootecnia avanzata e la globalizzazione delle produzioni e dei consumi alimentari?

L’aumento della richiesta di proteine alimentari ha portato ad una radicale modifica dei sistemi di conduzione degli alimenti e quindi sono nati nuovi rischi legati soprattutto ai trattamenti farmacologici degli animali. Anche se questo tipo di allevamento comporta benefici ai consumatori, e soprattutto da un punto di vista economico, è necessario valutare con sempre maggiori attenzioni le possibili conseguenze per la salute, ricordando comunque che nessun alimento può garantire la sicurezza totale

Il progresso scientifico ci fa riconoscere malattie che prima passavano inosservate?

No, le conoscenze che abbiamo oggi, per esempio riguardo all’afta epizootica, sono le stesse che avevamo cinquant’anni fa e questo vale anche per la brucellosi, che è una malattia batterica, una zoonosi. Si trasferisce all’uomo ma come tutte le malattie batteriche è curabile con gli antibiotici. Certo, oggigiorno ci deve essere una maggiore attenzione sulla sanità animale che si ripercuote sulla salute umana. Quindi è fondamentale che vengano attuati interventi preventivi sulla salute degli animali da parte dei veterinari: questo è l’unico modo in cui si può garantire la sicurezza per i consumatori.

Si è sempre detto in Italia abbiamo un buon servizio veterinario, che ne pensa?

Tutto si può e si deve migliorare. I servizi veterinari sono pubblici e privati, bisogna che questi ultimi, cioè i liberi professionisti, abbiano la sensibilità e la possibilità di intervenire negli allevamenti e dare il loro contributo affinché gli animali stiano bene. I servizi veterinari pubblici poi dovranno fare i controlli per verificare che tutto sia stato eseguito nel modo corretto. Una tale sinergia tra veterinari pubblici e privati può assicurare ai consumatori un livello molto elevato di sicurezza alimentare.

E dei servizi veterinari europei che cosa ci può dire?

Qui la situazione è un po’ diversa perché i servizi veterinari europei sono molto legati alla produzione. Forse è questo che dovrebbe cambiare. Il ruolo del veterinario non dovrebbe essere più solo di supporto alla produzione, ma di stimolo affinché gli animali siano rispettati. Il veterinario dovrebbe quindi svolgere la professione con tutte le norme etiche che essa richiede.



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