Ambientalismo: una filosofia del limite
Grazia Francescato con Susanna Marietti
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"Portami il girasole ch'io lo trapianti, nel mio terreno bruciato
dal salino". Sono i primi versi di una bellissima poesia di
Eugenio Montale. "Ecco" dice Grazia Francescato, Presidente
dei Verdi, "è proprio questo il punto: abbiamo un terreno
bruciato dal salino, e c'è bisogno di un girasole".
Sono passati pochi giorni dal matrimonio tra i Verdi, lo Sdi di
Boselli ed esponenti della Società civile, matrimonio che ha visto
sbocciare il Girasole quale terza formazione del centrosinistra.
"Come simbolo, il girasole ha una storia antica", continua
la Francescato. "E' il simbolo dei Verdi Europei, nasce più di
venti anni fa, nel 1979, nel contesto delle lotte antinucleari. Il
nostro Girasole intende guardare lontano. Non si tratta di un'alleanza
a scopi elettorali, ma di un programma politico di enorme respiro, che
mira a integrare le politiche ambientali con quelle sociali ed
economiche. La questione ambientale non deve essere messa
nell'angolino dell'ecologia - nell'ecology corner, come dicono
gli inglesi - ma va invece agìta, integrata all'interno della
società e dell'economia."
"Per avere cibo sano", continua Francescato, "bisogna
avere un'agricoltura sana, e per avere un'agricoltura sana bisogna
operare delle riconversioni rispetto a quella di adesso. Il che
significa lavorare a livello sociale ed economico, portare avanti una
politica generale. La questione ambientale non isolata e marginale: al
contrario, non si può non considerare tutto contemporaneamente,
ambiente, mondo del lavoro e riforme. Bisogna pensare in maniera
organica, prevedere riforme di ampio orizzonte, che non si limitino a
tamponare le emergenze mano a mano che queste ci investono. Mi pare
che la vicenda Bse ne abbia data ampia prova".

Effettivamente l'ultimo Consiglio agricolo a Bruxelles non ha fatto
molto per chiarire i nostri dubbi... La strategia politica proposta
dal Commissario europeo all'agricoltura Fischler non ha trovato
consensi da nessuna parte. Considerata troppo gravosa dalla Germania e
troppo poco dalla Francia, bersagliata dagli allevatori accorsi a
Bruxelles in assetto da guerriglia e giudicata fuori bersaglio da
Pecoraro Scanio. Voi cosa proponete?
"Ripeto, bisogna pensare in maniera organica. Si tratta di
riconvertire l'agricoltura e la zootecnia verso un modello che sia
interamente - e non soltanto per quanto riguarda la parte bio -
rispondente a caratteristiche di sostenibilità. Innanzitutto,
agricoltura e zootecnia devono essere compatibili con l'ambiente. In
secondo luogo, devono essere attente a prodotti di qualità. Infine,
cosa importantissima, devono essere legate al territorio. Ci vogliono
delle regole atte a preservare le diversità alimentari, i prodotti
tipici di elevata qualità ma deboli nella competizione economica.
Altrimenti rischiamo di arrivare a un'omologazione tale da avere un
giorno un unico tipo di prodotto per ogni genere di alimento (un tipo
di pane, un tipo di arancia, un tipo di mucca), vale a dire il
prodotto vincitore nella competizione multinazionale.
"Le regole sono importanti, noi siamo per inserirle nel mercato
globale. E' stato l'iperliberismo della politica inglese a portare
alla Bse. Ora, è chiaro che per fare tutto questo, per mettere in
atto un piano di riconversione, servono dei finanziamenti, bisogna
dare un sostegno alle categorie produttive, agli allevatori. Ecco
allora che 'mucca pazza' si rivela nella sua veste di metafora. Se la
sappiamo ascoltare, la natura per suo tramite ci sta dicendo questo:
bene, avete voluto usare le farine animali nella speranza illusoria di
risparmiare, e adesso pagate il fio della vostra avidità!".
Ma inizialmente, quando il primo caso di Bse era ancora di là da
venire, poteva non sembrare un ragionamento del tutto peregrino; l'uso
delle carcasse degli animali per cibarne altri sembrava quasi
ispirarsi a un principio di riciclo.
"Ma per carità! E' proprio questa la questione. Ed è una
questione filosofica, si badi, fondativa di una mentalità. Il punto
è che viviamo in una società che percepisce se stessa come
illimitata, come onnipotente. La filosofia verde, allora, intende far
rientrare il limite in questa percezione. Non si può andare avanti
senza un limite: se in 30 anni abbiamo consumato il 30% delle risorse,
cosa lasceremo in un secolo ai nostri figli se non una terra desolata?
Allo stesso modo, è parte integrante del sentimento del limite il
fatto di accettare che in natura operi un'intelligenza che è più
ampia e più sapiente di quanto non sia la nostra. I bovini non sono
carnivori, non lo sono mai stati, sono da sempre animali erbivori, e
deve esserci un qualche senso in questo. Dobbiamo accettare che non
sta a noi trasformarli forzosamente in cannibali che si mangiano fra
di loro. Se lo facciamo, questo avrà delle conseguenze sulla loro
salute, e quindi sulla nostra e su quella dei nostri figli.
"Mi sembra così lineare, così ovvio: se sputi nel piatto in cui
mangi, il piatto sarà pieno di sputi! Nel 1976 ho scritto un libro
che si chiamava Il pianeta avvelenato, uscito con La Nuova
Italia. C'era un capitolo dedicato all'inquinamento alimentare. Bè,
lo potrei ripubblicare oggi tale e quale modificando appena qualche
dato. Allora, noi diciamo: non facciamoci 'sfuggire l'occasione' di
questa emergenza. Non basta moltiplicare divieti parziali o test di
incerta affidabilità. Usiamo piuttosto l'emergenza stessa per
riacquisire il senso del nostro limite, per imparare a farci conti. Il
limite è dentro di noi: accettiamolo.
"Basta vedere che tre persone su cinque soffrono di disturbi
psichici per rendersi conto che non siamo onnipotenti. Accettiamo che
il benessere animale e il nostro siano legati a doppio filo, che non
siamo in grado di farcela se ci mettiamo contro la natura. Quello del
rispetto per gli animali è senz'altro un principio etico, ma è un
principio etico che non si limita a fare del bene all'anima, ma fa
bene anche alla salute. Il cerchio si chiude: ciò che fa bene alla
natura alla fine fa bene anche a noi. E alle nostre tasche, come
dimostra l'esempio di 'mucca pazza'!".
Cosa significa, in concreto, non farsi "sfuggire
l'occasione" dell'emergenza Bse?
"L'uso di farine animali va abolito del tutto, in modo
generalizzato, perché ha in sé, all'origine, un principio sbagliato.
Le possibilità di riconversione ci sono, anche da un punto di vista
materiale (pensiamo alla Germania, che si appresta a riconvertire il
25% della propria zootecnia verso un modello biologico). Ci sono ad
esempio dei terreni marginali, i cosiddetti set aside, che
possono tornare ad essere pascoli, soprattutto in vista della
produzione di proteine vegetali - erba medica, fieno, ma anche
spirulina o altro - da dar da mangiare agli animali. Per evitare la
soia transgenica prodotta negli Stati Uniti ci possiamo fare queste
coltivazioni qui a casa nostra, in Europa".
Visto che ha nominato il transgenico, parliamo un po' dell'appello
che Renato Dulbecco e altri scienziati hanno rivolto ultimamente al
Presidente del Consiglio. Chiedono che la scienza sia liberata da
ideologie oscurantiste, si lamentano degli scarsi fondi stanziati per
la ricerca e degli ostacoli che incontrano lungo il cammino in campo
di biotecnologie. C'è stata una forte polemica anche nei confronti di
Pecoraro Scanio.
"Quello che dicono di Pecorario Scanio, cioé che sia contro la
ricerca, è assurdo. Tutt'altro: è stato proprio lui ad alzare da
62,5 a 68 miliardi di lire gli stanziamenti, aumentando di 20 miliardi
quelli per le biotecnologie. I Verdi sono favorevolissimi alla ricerca
scientifica, altro che oscurantismo! Al contrario, è proprio
attraverso la conoscenza che riteniamo si possano affrontare i
pericoli del biotech. Ma un conto è parlare di libertà di
ricerca, che deve essere totale, e tutt'altro è parlare di libertà
delle sue applicazioni. Fino a quando non avremo conoscenze precise,
dobbiamo attenerci a quel 'principio di precauzione' sancito dalla
Convenzione di Rio de Janeiro del 1992 e dal Trattato di Mastricht,
secondo il quale un prodotto non può essere commercializzato se non
si è certi che esso non comporti rischi per la salute e per
l'ambiente.

"Pecoraro Scanio non ha fatto altro che limitarsi ad applicare il
principio di precauzione. E qui rientra di nuovo il discorso sul senso
del limite: siamo ben lontani dal possedere conoscenze sicure e
dobbiamo imparare ad accettare questo fatto. Si sa poco, e nessuno
può prevedere le conseguenze delle modificazioni genetiche. Dobbiamo
accettare di non essere all'altezza di molte situazioni. Gli stessi
test che abbiamo per la Bse non si sa bene quanto siano validi. E
invece la gente chiede certezze, le pretende. 'Dovete darcene', si
sente gridare nelle trasmissioni televisive. Ma nessuno ne ha, e la
gente ha difficoltà ad accettare questo. Inizialmente si escludeva
che la Bse si potesse trasmettere all'uomo, così come oggi si esclude
che possa accadere per la Tse, l'encefalopatia spongiforme che
colpisce pecore e capre. Quest'esperienza dovrebbe indurre alla
precauzione: ecco un atteggiamento davvero laico, contro un
integralismo scientifico fatto di sbandierate certezze".
Però per quanto riguarda le manipolazioni genetiche si sono avuti
anche risultati positivi.
"Risultati positivi - sempre molto limitati - si sono avuti fino
ad oggi solo nel campo farmacologico, non certo in quello alimentare.
Qui non si sa niente su come funzionino i genomi sui quali si
interviene, e già cominciano infatti le brutte sorprese, come quella
della soia modificata creata dalla Monsanto, la quale, per ammissione
dell'azienda stessa, è risultata differente da quella che era stata
autorizzata. Noi vogliamo allora che ci sia più ricerca su questi
argomenti, ma che sia una ricerca libera davvero, svincolata anche dai
condizionamenti delle grandi multinazionali che sperano di arrivare un
giorno ad avere il controllo completo del settore.
"Ci vuole un sistema pubblico altamente professionale, pulito e
coscienzioso, che sia in grado di competere con la scienza finanziata
dall'industria e di fornire dati indipendenti. Anche i controlli vanno
affidati ad organismi neutrali. Già oggi si sa che gli Ogm provocano
ad esempio fortissime allergie, soprattutto nei bambini. E si sa anche
che la contaminazione genetica di specie modificate su specie naturali
è un dato di fatto. Si sa che il polline che viene trasportato dal
vento e dagli insetti è veicolo di contaminazione. E può arrivare
anche a molti chilometri di distanza, ben più di quanto si creda
comunemente: proprio in questi giorni una persona che conosco mi
diceva di aver trovato segni di contaminazione genetica su un isolotto
che dista molte miglia da qualsiasi costa".
Voi vi battete strenuamente contro quella direttiva 'per la
protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche' votata dal
Parlamento Europeo nel '98, che permette di brevettare le scoperte in
ambito di modificazione genetica. Anche a livello europeo gli
interessi dell'industria sembrano tenuti ben da conto...
"Appunto, e questo a scapito di una vera informazione che tuteli
la nostra salute. Con questo 'brevetto sulla vita', le grandi
multinazionali che hanno i soldi per pagarsi la ricerca diventano
niente di meno che proprietarie della pianta che hanno modificato.
Diventano proprietarie di materia vivente, vi rendete conto
dell'assurdità?! Non si può pensare che in un ambito così
fondamentale come quello del cibo chi sperimenta e chi possiede siano
la stessa persona. In questo modo la scienza non può essere libera. E
la materia vivente del nostro pianeta diverrà proprietà di poche,
grandi potenze economiche, che così avranno in mano la vita
dell'umanità".
Dunque, revisione della direttiva UE sui brevetti. Quale altra
politica portate avanti rispetto al transgenico?
"Tre sono i punti fondamentali che vogliamo ottenere: uno, la
tracciabilità del transgenico, che è cosa difficilissima. Deve
essere possibile risalire a tutte le fasi del percorso compiuto da un
prodotto alimentare, dal campo fino alla tavola. Due, l'etichettatura
dei cibi transgenici, che parrebbe una cosa su cui tutti dovremmo
trovarci concordi. Se infatti sulla confezione ci fosse scritto che
essa contiene un cibo transgenico, ognuno di noi sarebbe padronissimo
di fare o meno l'acquisto, nel rispetto assoluto della libertà
individuale. Il ragionamento sembra non fare una piega, no? Eppure
quest'etichettatura non arriva.
"Certo, sarebbe un bel danno per le multinazionali! Investono
tanto in questo campo e poi... ecco che arriva l'etichetta, e chi
compra più?! Non credo che, nel dubbio, una mamma andrebbe a comprare
un cibo transgenico da dar da mangiare ai propri figli. Terzo punto,
la responsabilità giuridica per la contaminazione. Ora come ora, se
qualcuno ha una coltivazione transgenica e contamina con essa un campo
biologico, sa perfettamente che non gli accadrà niente. Il
coltivatore biologico, dal canto suo, sa di non avere armi giuridiche
a disposizione per difendersi, e questo è assurdo".
Sarebbe un primo passo, certo, per spingere più agricoltori verso
un modello di coltura biologico. Ma oltre a questo sembra esserci
dell'altro, qualcosa che dobbiamo modificare a livello profondo,
dentro di noi, nel modo di sentire della nostra società. E il cammino
si presenta ancora parecchio lungo.
"Lo è, ma ognuno di noi può cominciare a fare la propria parte.
E' un cammino reso ancor più difficile dal fatto che il nostro Paese
soffre di un'enorme povertà culturale. Il sapere è sempre più
parcellizzato, specializzato, volto soltanto a formare un individuo
che sia capace di ricoprire un ruolo limitatissimo all'interno
dell'ingranaggio. Ma non è questo che a me interessa formare: a me
interessa formare un essere umano. E' facile allora, come sta
accadendo, che la percezione della realtà diventi più importante
della realtà medesima. Si utilizzano le immagini, i media, per
operare la distorsione.
"Berlusconi è maestro in questo. Faccio un esempio: nella
realtà, non c'è stato alcun aumento della criminalità, eppure il
76% della gente crede che ci sia stato. Perchè? Perché glielo hanno
fatto credere. Si pensi che un bambino vede 26.198 spot all'anno. Ci
stiamo circondando di un degrado umano sempre più profondo, che non
è affatto indipendente dal modo in cui continuiamo a trattare il
nostro pianeta. Diceva bene Conrad Lorentz: al degrado naturale si
accompagna il degrado umano, ed il secondo è più veloce del
primo".
Sembra rientrare tutto nello stesso quadro: la manipolazione della
realtà naturale, la manipolazione dell'informazione, il senso di
onnipotenza...
"Sì, è vero. Purtroppo viviamo in una società arrogante, una
società che crede di avere tutto sotto controllo. Quest'epoca
dell'informazione crede di conoscere ogni segreto dell'universo.
Voglio finire citando a questo proposito dei bellissimi versi di Eliot:
'dov'è la conoscenza che abbiamo perso con l'informazione? E dov'è
la saggezza che abbiamo perso con la conoscenza?'. Abbiamo tanta
informazione ma ben poca saggezza. E, in mezzo ad un mare di roba
inutile, si finisce per non sapere proprio le quattro cose che ci
servirebbero a vivere!".
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