Se qualcuno volesse in futuro risalire archeologicamente alle radici
delle pratiche comunicative che si sono imposte in Occidente nel
transito tra Ventesimo e Ventunesimo secolo, non potrebbe di certo
evitare la questione della traduzione digitale delle informazioni
e del sapere. Al novello Foucault, per iniziare ad addentrarsi nei
diversi aspetti del fenomeno che passa sotto il nome di "rivoluzione
digitale" o di "terza fase" (secondo l'espressione
di Raffaele Simone, intervistato da Caffè Europa due settimane fa),
consiglieremmo di prendere in mano un gran bel libro uscito nel
marzo del Duemila: "Il mondo digitale", edito da Laterza.
Gli autori, Fabio Ciotti e Gino Roncaglia, che per lo stesso editore
hanno scritto anche un fortunato manuale sulla Rete, hanno raccolto
in dodici capitoli molto di quello che è necessario conoscere sulle
nuove tecnologie sia dal punto di vista tecnico-operativo che da
quello socioculturale. Più di cinquecento pagine che intendono in
primo luogo essere uno strumento di alfabetizzazione per tutti coloro
che non hanno idea di cosa siano e di come funzionino un pc, Internet
e in generale il mondo dei "new media".
I due autori iniziano a chiarire le caratteristiche del nuovo paradigma
da dove si deve, cioè dal "bit", l'atomo dell'informazione
post-analogica. Il "binary digit" è divenuto in breve
tempo il minimo comune denominatore di un'innovazione che in primo
luogo è tecnologica, ma che produce e produrrà sempre più un riordino
e una ristrutturazione complessiva della cultura e della società
che, in breve tempo, ci troveremo a vivere. Testi scritti, immagini
e suoni, televisione e cinema, cineprese e registratori, media e
messaggi, tutti inscritti sotto il segno del digitale e integrati
in un'unica macchina che è ragione e causa della comunicazione,
dell'informazione e della formazione del mondo prossimo venturo:
il pc.
Se è non solo opportuno, ma anche necessario avere delle competenze
di base sul funzionamento dei computer, per essere attori in prima
persona nella "nuova epoca" è tuttavia importante, ricordano
Ciotti e Roncaglia, affrontare direttamente la questione dell'impatto
della "rivoluzione del bit" sulla società e sulla cultura
contemporanee. La conoscenza della tecnologia digitale dovrebbe
andare di pari passo con la comprensione, almeno in linea generale,
degli effetti che essa produce e può produrre sui saperi e sulla
creatività dell'uomo.
A questi aspetti sono dedicati in particolare il capitoli VIII-XI
nei quali gli autori prendono in considerazione l'arte e la letteratura,
la politica e l'economia al tempo di Internet, mostrando come queste
antiche modalità di espressione e di interazione non siano destinate
a scomparire nell'impatto con la digitalizzazione, ma anzi possano
trovare nuova linfa e nuovi spunti e aprirsi verso orizzonti finora
inesplorati.
L'impressione che il libro di Ciotti e Roncaglia ci lascia è quella
di essere un salutare antidoto ai catastrofismi che da più parti
si ascoltano intorno al dominio della tecnologia digitale, dei computer,
di Internet. Posizioni in parte comprensibili, ma che rischiano
di rivelarsi il più delle volte sterili petizioni di principio,
piuttosto che tentativi di reale comprensione di un fenomeno epocale
che andrà modificando non solo gli stili della comunicazione, ma
le stesse possibilità e i confini tra i vari ambiti dell'esperienza
umana.
Gli autori de "Il mondo digitale" non ci invitano ad aderire
al partito dei moderni contro quello degli antichi. Piuttosto, ci
chiamano ad abitare nella maniera più consapevole possibile il mondo
che volenti o nolenti ci circonda, senza nessun ottimismo tecnologico,
ma neanche trincerandoci dietro un ideologico vittimismo. Difficilmente
l'analogico e il cartaceo potranno riprendersi quello che il digitale
ha loro tolto o ha reinterpretato. Allo stesso modo era altamente
improbabile che potesse mai più ritornare il tempo delle pergamene
e degli amanuensi dopo che Guttenberg stampò la sua prima Bibbia.
Forse abbiamo perso qualcosa, ma nessuno se ne rammarica più.