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Liberi di rischiare: fino a quando?


Umberto La Bozzetta e Gianluca Nicoletti con Paola Casella

 

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Da qualche tempo a questa parte (o forse da sempre, come direbbero i piu' fedeli radioascoltatori) le buone idee della televisione, e i talenti piu' originali, provengono in realtà dalla radio: per citare un paio di esempi recenti (vedi interviste collegate), dietro il successo del programma di Celentano, Francamente me ne infischio, c'e' la mente creativa di Diego Cugia, gia' autore di quell'Alcatraz che e' stata la rivelazione radiofonica dello scorso anno (e che adesso, guarda caso, sta per debuttare sul piccolo schermo), cosi' come dietro gli ascolti record del serial Un medico in famiglia ci sono i "battutari" Antonello Dose e Marco Presta, conduttori del Ruggito del coniglio, in onda tutte le mattine su RadioDue.

In realta' la commistione fra radio e televisione e' piu' complessa, il passaggio fra i due media e' spesso un ping pong, un costante gioco di richiami. Ma chi la radio la fa, e la ama, tende a vedere la cosa in modo piu' unilaterale, come una trasfusione di sangue in cui il donatore e' quasi sempre il microfono e il beneficiario e' il piccolo schermo. I cavalieri dell'etere si sentono un po' una razza a parte, e ritengono la radio intrinsecamente avventurosa, pionieristica, sperimentale.

"Alla radio si lavora sull'acqua", dice Gianluca Nicoletti, l'ideatore e conduttore di Golem, il fortunato programma di RadioUno. "Hai ancora l'illusione di essere anonimo, quasi clandestino, come un terrorista confuso nella folla. Creativamente questo e' molto stimolante, e costituisce il fascino del mezzo.' Da poco Golem e' approdato alla televisione, sul canale satellitare Rai News 24 e, in chiaro, su Rai Tre. "La televisione fa parte della catena perversa dei mass media, che tendono a ibridarsi l'uno con l'altro", spiega Nicoletti. "Per quanto ci riguarda, serve a darci una visibilita' ulteriore e a provocare ulteriormente il pubblico su quello che facciamo. Il pensiero che si elabora alla radio diventa la traccia, la struttura portante del programma televisivo, e chi interviene con me durante la trasmissione radiofonica ha la piccola gratifica aggiuntiva di apparire poi anche sul piccolo schermo. E spesso c'è il doppio ritorno di quelli che la sera ci hanno visto in televisione e il giorno dopo ci ascoltano in radio".

"Alla base del successo della radio c'e' sempre la creativita', che e' una diretta conseguenza di una liberta' maggiore rispetto alla televisione", osserva Umberto La Bozzetta, esperto radiofonico. "Questo e' vero soprattutto per le radio private, che sono piu' veloci e piu' attente delle emittenti di Stato. Non e' un caso che nascano li' i programmi piu' innovativi. Un esempio? Capriccio, il talk show di RTL condotto da Alba Parietti, che parla delle problematiche del sesso con un linguaggio attuale, trattando temi come la masturbazione e lo scambio di coppie con una franchezza impensabile sia in televisione che sulle frequenze Rai. Un altro esempio di programma radiofonico pioneristico e' stato Adline, che gia' anni fa, su Radio Dimensione Suono, parlava di ecstasy e di viados. Il programma, condotto da Luca Pagliari, andava in onda in diretta il sabato notte, e mandava i suoi corrispondenti in giro per i locali, a investigare sul campo i temi della droga e della prostituzione, a seguire da vicino il movimento notturno dei giovani. Era un modo per informare gli ascoltatori in tempo reale su fatti reali, senza censure o mediazioni."

"La radio puo' essere piu' sperimentale perche' e' meno vincolata agli indici di ascolto", continua La Bozzetta, "sia perche' non fara' mai i numeri che fa la televisione, sia perche' il tempo di reattivita' dal punto di vista dei numeri e' molto piu' lento: in radio non puoi sapere il giorno dopo se non ti ha ascoltato nessuno, e quindi puoi mantenere in onda un nuovo programma indipendentemente dal successo di audience. Al contrario un programma televisivo, se non ha un'audience accettabile in termini di punti percentuali previsti, non va avanti".

"Anche la tecnologia radiofonica, molto piu' semplice di quella televisiva, consente maggiore flessibilita' e liberta' di movimento alla radio", conclude La Bozzetta. "Qui pero' le cose stanno rapidamente cambiando: oggi un'emittente per rimanere competitiva dev'essere tecnologicamente sofisticata. La messa in onda ormai e' quasi completamente computerizzata: il sistema piu' usato e' il Selector, che genera playlist , cioe' selezioni di brani musicali, ritagliate su misura sul target di riferimento, cosi' che gli ascoltatori pensino, 'non c'e' un disco sbagliato in sequenza'. Ma l'aggiornamento tecnologico richiede investimenti economici notevoli, che solo i network si possono permettere. Per rimanere in piedi, le radio devono diventare aziende, e come tali devono realizzare utili: l'espansione sul territorio costa, basti pensare che Radio Dimensione Suono ha appena comperato una frequenza vicino a Milano pagandola oltre 5 miliardi. E se qualche anno fa bastavano poche centinaia di watt per "coprire" un raggio ampio, oggi c'e' bisogno di frequenze molto piu' potenti, e i segnali emessi nell'etere, al di la' dei danni che provocano al territorio e alla salute umana, significano impianti sempre piu' grossi e piu' costosi. E' una guerra, il cui obbiettivo sono gli indici di ascolto, perche' per ricevere pubblicita', cioe' soldi, bisogna fare numeri. A costo di perdere in creativita', come è già successo alla televisione".

 
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