Antonello Dose è, con Marco Presta,
l'ideatore, autore e conduttore de Il ruggito del coniglio, il programma radiofonico in
onda tutte le mattine su RadioDue che da cinque anni riscuote grande successo fra
un'audience di fedelissimi ascoltatori. Il duo Dose e Presta proviene dal teatro (oltre
che autore, Antonello Dose è stato per anni attore) e da una lunga esperienza di
collaborazione con Enrico Vaime. E spesso i due autori vengono presi a prestito dalla
televisione: dopo un poco riuscito debutto davanti alle telecamere (erano i conduttori di
un'infelice edizione di Giochi senza frontiere) hanno lavorato spesso come autori,
collaborando ad esempio ai dialoghi di Tullio Solenghi conduttore di Domenica In firmando
le battute più gustose della serie Un medico in famiglia.
Cominciamo dal Medico in famiglia: come è nata questa collaborazione?
La sceneggiatura e l'impianto della serie sono di Paola Pascolini: noi ci siamo
divertiti a spennellare i dialoghi, intervenendo su come i personaggi parlano, visto che,
dopo cinque anni di Ruggito, se il parlato "suona" o "non suona" ce
l'abbiamo abbastanza nell'orecchio. In genere i dialoghi televisivi tendono ad essere poco
credibili perche' gli sceneggiatori vedono troppi film, citano troppo, e dimenticano che
saranno i comuni mortali a pronunciare le loro battute. Ciò che funziona veramente è
lavorare sul dettaglio e mantenere un minimo di plausibilita': ci sono serie televisive
dove manca solo che entri in scena il marziano.
Come mai la televisione prende a prestito autori e idee dalla radio?
Perche' in radio c'e' piu' liberta'. In genere all'interno delle produzioni televisive
e' gia' tutto deciso, o dal committente o dal producer o dagli artisti coinvolti - e sono
bravo a usare il termine artisti. Questo limita molto l'aspetto di liberta' creativa,
mentre la radio, essendo ancora un mezzo povero, nel senso che ha una grandissima
potenzialita' anche economica pero' non se ne sono ancora accorti, consente agli autori di
passare piu' inosservati, di sperimentare, di fare se non proprio quello che ti pare,
almeno quello che ti piace.
Anche la semplicita' tecnologica della radio ha la sua parte. La tecnica del mezzo è
semplice ma immediata, e la diretta radiofonica e', letteralmente, una presa diretta sul
paese reale. La televisione e' talmente piu' elaborata che una diretta televisiva
dev'essere preparata un mese prima. La radio ti consente quindi di sviluppare un rapporto
intimo con gli ascoltatori, di approfondire sempre di piu' con loro il legame affettivo.
Gli ascoltatori che mi incontrano, e che mi riconoscono dalle foto che hanno visto sui
giornali, hanno reazioni quasi parentali, emotivamente: mi vogliono baciare e abbracciare
come fossi un cugino o un nipote.

Perchè molti autori radiofonici passano alla televisione?
Perchè in radio si guadagna meno che in televisione. E' quindi inevitabile che, dopo
un po' di anni che uno lavora in radio, provi a fare anche qualcosa in televisione. Si
puo' commettere l'errore di credere di trovarsi ancora in radio e quindi fare dei danni
terrificanti, come è successo a noi negli anni passati. Sono esperimenti, non obbligatori
- anzi, potendo, uno ne fa volentieri a meno - ma comunque formativi, come ogni
esperienza.
Perche' la televisione vi cerca?
Credo che si sia assestata una sorta di credibilita' professionale data dalla
meraviglia del quotidiano radiofonico. Io e Marco abbiamo preso il vizio di divertirci
quando lavoriamo: siamo due farlocchi buffi che fanno sorridere. Il successo del nostro
programma ci ha dato l'autorevolezza per chiedere, quando ci chiamano a scrivere qualcosa
per la televisione, di poter fare come ci pare.
Quindi potete essere voi stessi anche in televisione.
Magari. Purtroppo la lingua parlata in radio e in televisione è
completamente diversa. Noi per radio, sfruttando l'effetto 144 per
cui non ci possono vedere, possiamo dire parecchie nefandezze, per
esempio fare satira citando persone e trasmissioni o politici, e
la cosa non e' grave, viene presa come scherzo. Le stesse cose dette
in televisione sarebbero gravissime, ci sarebbe ogni giorno un'interpellanza
parlamentare: in televisione le parole diventano pietre.
Avete in cantiere altri progetti televisivi?
Si, progetti top secret di fiction, questa volta a livello di soggetti, griglie,
personaggi. Poi alcune cose mie e di Marco di cui non parlo per ragioni puramente
scaramantiche.
E in radio?
In primavera, su RadioDue, terremo un grosso incontro con il nostro pubblico, il
concerto Woodstock '84, a trent'anni del mitico Woodstock: una due giorni di follia -
radio, amore e mortadella. In passato abbiamo organizzato con gli ascoltatori cene,
partite di beneficienza, conferenze, ma questo e' il nostro primo concerto.
Lascerete mai la radio?
Io vengo dal teatro sperimentale, ho studiato antropologia teatrale. Ciò che più mi
interessa, professionalmente parlando, è la commistione di linguaggi diversi. L'approccio
alla sceneggiatura televisiva dunque e' il risultato di tante esperienze passate: essendo
stato sul palcoscenico, ad esempio, so di cosa ha bisogno l'attore, e cioè di strutture
di interpretazione, non di letteratura.
La mia fortuna e' proprio quella di aver potuto osservare l'evento spettacolo da tanti
punti di vista. La radio in qualche modo unisce le capacita' di interpretazione con la
capacita' di progettare lo spettacolo. La sfida adesso è quella di portare quel tipo di
emozione, di verita' in televisione, di dimostrare se e' possibile ricreare il tipo di
legame e di interazione umana con il pubblico che stiamo vivendo per radio anche sul
piccolo schermo.

E' una caratteristica della radio quella di mantenersi vicina alla gente comune?
Non e' detto. Radiorai per esempio e' stata per tanti anni molto formale: tant'è vero
che dobbiamo il nostro successo proprio alla novità di rompere quella situazione con la
forza delle voci della gente comune, che costituisce la vera ricchezza, il vero valore del
nostro programma. Sentiamo certe cose... qualche giorno fa, ad esempio, parlavamo di ciò
che si può dire o fare dopo aver fatto l'amore e c'e' stato uno che ha risposto:
Sgonfiare la bambola. A uno sceneggiatore di battute così gliene viene una all'anno. La
realta' supera di gran lunga la fiction. Qualsiasi racconto o interpretazione sara' sempre
meno forte del quarto di bue portato in scena, o del cavallo che entra in palcoscenico.
Quali sono i programmi più innovativi di RadioDue?
L'unica novità vera è il Cammello, la trasmissione-contenitore
che porta in groppa gli ascoltatori per tutta la giornata. Radiorai
sta compiendo una svolta animalista: dopo il Coniglio il Cammello,
dopo il Cammello, chissà, forse l'Iguana.