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Resto ad Alcatraz, la tv mi soffoca


Diego Cugia con Paola Casella

 

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Diego Cugia ha raggiunto il grande successo radiofonico come autore del seguitissimo programma Alcatraz, trasmesso da RadioDue, in cui l'immaginario carcerato Jack Folla raccontava il proprio countdown nel braccio della morte. Dopo aver tenuto migliaia di ascoltatori col fiato sospeso, Jack Folla fuggiva da Alcatraz; dopo il successo di Alcatraz Cugia, peraltro già affermato autore televisivo oltre che radiofonico, prestava la propra inventiva al piccolo schermo, mettendo in cantiere un'edizione televisiva di Alcatraz (che andrà in onda a primavera su Rai Due) e collaborando al programma di Celentano Francamente me ne infischio.

Cugia ci parla francamente, infischiandosene della polemicità delle sue osservazioni, del rapporto fra radio e televisione.

 

Spesso la tv prende a prestito le buone idee della radio. Come mai?

Perchè la televisione non ha idee. Ormai e' organizzata come un divertimentificio: che poi spesso non faccia affatto ridere e' un altro discorso. Certa radio invece, che e' tutta scritta, fa sì che ci siano ancora autori di idee, quindi la televisione, quando ha bisogno di idee, il che e' raro, pesca inevitabilmente da li'.

Bisogna anche vedere di che radio stiamo parlando, perche' la radio può fare anche schifo. Il nemico numero uno di Jack Folla erano i DJ delle radio libere, libere per modo di dire, perche' hanno addomesticato al consumismo una generazione, in barba a ogni liberta'. Ma in generale la radio scritta consente ancora l'uso dell'intelligenza, probabilmente perche' il business e' in un certo senso minore: si e' meno schiavi dell'Auditel, della commercializzazione, dei capricci dei divi.

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Perche' molti personaggi e autori televisivi ritornano alla radio?

Perche' cercano di rifarsi una verginita'.

 

Si puo' riuscirci senza perdere credibilita'?

Di quale credibilita' stiamo parlando? Lei conosce qualcuno che ne abbia ancora una? In questo momento la radio mi sembra più che altro un refugium peccatorum, o un modo di riciclarsi, per star della TV in declino. E poi adesso la radio e' tornata di moda.

 

Come mai proprio adesso?

Credo perche' abbiamo raggiunto il punto di non ritorno sulla saturazione televisiva. L'Auditel in questo senso e' menzognera, non ci racconta per esempio quante persone stanno dormendo di fronte al televisore acceso.

 

Quali sono i pregi della radio rispetto alla televisione?

La radio allunga le ombre, mentre la televisione appiattisce il reale. La radio e' spietata: non ci sono balletti e coreografie a mascherare le proprie carenze professionali: in radio o sei o non sei.

 

Lei e' stato uno degli autori del programma di Celentano. Ci racconta questa esperienza?

In realtà ho solo collaborato alla ricerca degli ospiti e ad alcune trovate. Francesca Neri ad esempio l'ho voluta io. Tutti in Rai dicevano: non funzionera' mai, e' gelida, non buchera' mai lo schermo. Sono bastate poche apparizioni e adesso le arrivano proposte televisive da tutte le parti. Per fortuna lei teme la televisione e come me pensa che vada fatta come evento.

Francamente me ne infischio era una grande occasione, è diventata una grande occasione mancata. Rispetto a quello che siamo abituati a vedere in televisione, comunque, era già di un'altra galassia. Detto questo, penso che Celentano poteva e potrebbe anche osare di piu'. Il confronto tra me e lui, se c'e' stato, e' stato su questo.

 

Non dev'essere facile scrivere per una personalita' cosi' definita.

Ma perche', in televisione si scrive? In televisione sono quasi spariti gli autori. Per contro esistono molte figure di se-dicenti autori, e qualsiasi funzionario Rai o Mediaset si ritiene un autore. Essere autori al momento vuol dire: ho avuto un'idea, due punti, facciamo un programma con Mastrota. Ecco, secondo loro questa e' un'idea. Purtroppo, finche' ci saranno persone che si credono autori soltanto perche' hanno pensato di prendere un ospite invece che un altro, difficilmente vedremo una televisione migliore.

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Crede che Alcatraz funzionerà anche in televisione?

Spero di smentire con i fatti una recente critica di Aldo Grasso secondo cui ogni idea radiofonica portata in televisione è destinata a rivelarsi un flop. In parte e' vero: la trasposizione televisiva di un'idea radiofonica non funziona quasi mai.

 

Perche'?

Perche' radio e televisione sono due media inconciliabili. Se un autore radiofonico lavora per il piccolo schermo, tende a fare radio alla televisione. Invece dovrebbe portare il proprio bagaglio di ricchezza linguistica innovativa, di fantasia ideologica, e tentare di calarsi in quella piovra a mille teste che e' la televisione. Ma dev'essere pienamente cosciente che, mentre in radio ci si confronta con un solo dirigente, in televisione ci si confronta, o ci si scontra, con un mare di persone, da almeno dieci dirigenti fino all'ultima costumista.

Sembra che esista una strana legge per cui un prodotto televisivo deve nascere in una sorta di finta democrazia. E' solo dopo interminabili riunioni, quando un'idea ha perso completamente di senso, che finalmente il programma va in onda. La sensazione e' che mentre in radio Diego Cugia lavora al cento per cento, in certi contesti televisivi lavora al dieci per cento. E' una cosa che fa pensare. Perche' di te viene usato il dieci per cento e l'altro novanta non puo' entrare in gioco? Questa e' stata la mia esperienza tutte le volte che ho collaborato con la televisione. E non ci casco piu'.

 

Meglio rimanere in radio?

Credo che ciascuno si debba assumere le proprie responsabilita' nel proprio campo. Gli autori facciano gli autori, gli scalettari facciano gli scalettari, i registi i registi e i funzionari bacchettino quando il programma e' sbagliato, ma dopo, non prima. La fantasia e l'originalita' non si improvvisano. E' inutile fare riunioni di dieci autori che non si sono mai visti prima, credendo che da queste forze poi possa nascere un programma innovativo. Il programma innovativo magari nasce da un'idea avuta in trattoria e scritta su un fogliettino di carta e bisogna difenderla, proteggerla come una specie in via di estinzione, non cercare in tutti modi di dimostrare che quell'idea non funzionera', tranne poi, quando fosse riuscita a passare e avesse ottenuto un buon risultato di Auditel, gridare addirittura al trionfo. La televisione deve tornare a essere pensata, ideata e scritta. Se non si compiono questi passaggi, non se ne uscira' mai, vedremo sempre piu' polpettoni senza senso.

 

Si ricorda un'epoca felice in cui questo accadeva?

Senza dubbio l'epoca di autori come Marchesi e Metz, o di artisti come Walter Chiari, che venivano dalla gavetta, dal dolore, e non facevano immediatamente i miliardi limitandosi ad apparire. Allora c'erano professionalita' di rilievo che oggi mi sembrano totalmente assenti: è mancata non solo una scuola di autori, ma anche di conduttori. Al suo posto abbiamo avuto una scuola di pupazzi. Bisogna rimboccarsi le maniche e ricominciare da capo. Alleviamo nuovi autori, facciamo sperimentazione. Non si puo' andare avanti solamente con i programmi della Carra'. C'e' un limite naturale, direi biologico, a quel tipo di televisione.

 

Puo' la radio diventare una nuova scuola?

Non necessariamente: la radio per ora ci ha dato dei programmi e delle professionalita' episodici. E' vero però che in generale nel mondo della radio si trovano ancora personalita' molto piu' ricche di quelle che vedo in televisione. Poi però bisognerebbe domandare ai ragazzi del Ruggito del coniglio perche' sono cosi' fantasiosi in radio e in televisione invece si appiattiscono.

 

 
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