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L'alchimia fra radio e Rete

Intervista a Gianluca Nicoletti con Paola Casella


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Qual è il rapporto fra televisione, radio e Rete?

La televisione non si ibrida con la Rete. La tv in Rete è ancora limitata da una serie di ragioni tecniche, soprattutto dalla velocita' di collegamento, e comunque non rappresenta nessun passo avanti, non usa il potenziale di interazione del Web, e diventa una televisione dei poveri, ancor piu' scarnificata di quella che già e'. Soprattutto non si crea il fondamentale processo di ibridazione che ci deve essere quando prende piede un nuovo mezzo di comunicazione.

La radio e' invece un mezzo molto piu' modesto, piu' basic come tecnologia, ma fornisce l'interazione ideale con Internet. Ormai l'audio in Rete assomiglia moltissimo a quello della radio. Soprattutto negli ultimi formati, con una buona connessione e delle buone casse, un programma in streaming ha un ascolto molto simile a quello di un programma radiofonico, quindi c'e' una sorta di parita' di distribuzione. La Rete e' il mixer, il luogo di corto circuito. E la radio in Rete acquista e potenzia il suo specifico. Inoltre un programma radiofonico di affezione messo in Rete toglie dall'obbligo e dalla schiavitu' delle rigidita' di palinsesto. Grazie al sito di Golem, ad esempio, guadagno pubblico che posso usare ai fini della trasmissione.

 

Il pubblico di radio e Rete e' lo stesso?

Questo e' un problema che mi ponevo agli inizi, quando cominciai a cercare di mettere in sinuosa e fascinosa connessione la radio e la Rete. Pensavo: al pubblico che gliene frega, sono pochi ad avere il computer. Invece il sito Internet mi ha dato modo di far venire allo scoperto fette di pubblico che non conoscevo, mi scrivono persone che non mi avevano mai dato un segnale della loro presenza alla radio.

Il mio obbiettivo nell'aprire il sito di Golem era di pura estetica: come far capire che esisteva un secondo livello, una seconda camera di decompressione nel rapporto fra conduttore e pubblico al di là della immediata percezione radiofonica. Così ho cominciato a mettere a punto alcuni sistemi creando delle occasioni di fascino, come il mito metropolitano delle tombe del faraone, e una serie di microeventi che si sviluppavano in un posto altro rispetto alla radio, e che puntualmente riportavo alla radio arricchiti, dando l'idea che ci fosse un aldila' da cui arrivavano delle notizie, sempre percepibili attraverso la modalita' sonora.

E poichè la radio altro non vuole che suono e rumore, abbiamo trasformato in voce, attraverso un piccolo software molto semplice, i messaggi degli ascoltatori che ci arrivano via e-mail. Immediatamente c'e' stata questa sorta di processo quasi alchemico per cui le modalita' della Rete, che sono modalita' essenzialmente scritte, si trasformavano in parola.

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Come funziona l'interscambio fra radio a Internet?

E' la forza di un sito che si aggiorna quotidianamente e immette il materiale radiofonico in Rete sottoponendolo a ogni possibile contaminazione, quindi a un riascolto piu' attento, collettivo, quasi maniacale, attraverso delle comunita' di ascoltatori che ormai si organizzano attraverso loro schemi e loro derive che non controllo piu': sui loro siti clonati, nei loro luoghi di incontro pesano ogni mia parola, ogni mia incertezza, che mettono a confronto le mie prese di posizione - anche il contrasto è una dinamica. Ogni cosa che faccio ormai e' sottoposta a un tribunale implacabile, dal quale pero' mi ritorna indietro qualcosa: messaggi, suggestioni, segnalazioni. Grazie alla Rete, si è aperta una dialettica, all'interno di Golem, che non e' quella convenzionale fra pubblico della radio e conduttore.

La nostra vuole essere una radio di destrutturazione totale, di immaginario, di estetica del mezzo e basta. Non arriva a nulla se non all'elaborazione continua di una catena ininterrotta fra quello che noi mettiamo in circolo e quello che ci ritorna arricchito da fuori. Da quest'anno di questa catena perversa fa parte anche la televisione: ho una telecamera fissa nello studio radiofonico e il girato va in onda tutte le sere sui canali di Rai News 24 e alla una di notte in chiaro su Rai Tre. Qualche esempio di trasmissione televisiva si trova gia' nel sito di Golem in real video, sempre nella versione polimedia.

 

Non c'è il rischio di un impoverimento reciproco?

In questo caso la televisione serve a dare una visibilita' ulteriore e a provocare ulteriormente il pubblico su quello che facciamo. II pensiero che si elabora alla radio diventa la traccia, la struttura portante programma televisivo, cosa che e' in totale controtendenza. Su questa traccia di pensiero poi interveniamo ulteriormente: entra in gioco una seconda unita' di lavoro che destruttura nuovamente il programma inserendo segmenti video, sia congrui a quello che ho detto io, ad esempio spezzoni di programmi televisivi di cui ho parlato, sia totalmente differenti, sulla base di esigenze puramente estetiche.

Giochiamo sulla lusinga di apparire: chi interviene con me nel lasso di tempo che va dalla trasmissione radiofonica all'editing televisivo sa che comunque avra' la piccola gratifica dell'apparire anche in televisione. A volte abbiamo il ritorno di quelli che hanno visto in televisione ciò che avevano ascoltato in radio: noi contiamo molto sui rapporti dei nostri segnalatori e mandiamo in onda le reazioni del pubblico raccolte in Rete attraverso una chat, anche questa molto singolare perche' trasforma lo scritto in un cartone animato, che poi puo' essere visto in televisione.

 

Ma voi di Golem, non vi sentite un po' alienati da questo prolungato contatto virtuale con la realtà esterna?

In effetti Golem funziona come una sorta di scanner tecnobiologico su tutto quello che gira nell'etere, e noi siamo qui inchiodati, non ci muoviamo piu' dalla nostra stanza, non abbiamo piu' una visione diretta della realta'. Siamo una serie di persone davanti a una serie di fonti: ognuno ha il suo computer, la sua televisione, o il suo ricevitore a onde corte.

Non c'è verifica sulle segnalazioni perchè non entro su un piano di realta', quello lo lascio fare a chi si occupa di cronaca, guardo semplicemente all'aspetto comunicativo e di estetica. E' una ricerca che comunque riserva sorprese: l'anno scorso durante la guerra balcanica, che veniva trattata con un'omologazione informativa terrificante, siamo riusciti a ritagliarci dei nuovi spazi di informazione, andando a cercare gli intercettatori in Rete, usando le onde corte, entrando nei siti serbi, kossovari e albanesi.

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A me per adesso interessa la ricerca fine a se stessa, capire in che maniera puo' essere usata e potenziata questa macchina, ma una volta che la macchina ha affinato i suoi strumenti di ricerca, diventa funzionale per qualsiasi tipo di utilizzo. E' la comunicazione basic che mi interessa, cioe' spiegare come con una radiolina o con un pc domestico si possa arrivare dappertutto e avere quello che gli altri danno a pagamento e in maniera molto piu' pomposa.

 

La Rete però non è ancora un mezzo accssibile a tutti.

E' rischioso dirlo, ma anche la nostra trasmissione stessa non e' aperta a tutto il pubblico. Dev'essere divertente, tutti devono avere comunque un loro livello di comprensione e di affezione al programma, ma il canale di ritorno onestamente non e' per tutti. In questo momento mi interessa capire se esiste una fetta di pubblico radiotelevisivo che poi affina delle capacita' critiche, ma anche visionarie e poetiche, e ha nella Rete un luogo di espressione: se esiste cioè un'isola privilegiata in cui il pensiero possa ancora esprimersi.

 

La preoccupa la tendenza di Internet di rubare tutto a tutti?

Noi siamo fra i pochi che non hanno assolutamente nessuna gelosia del loro materiale. Il nostro sito e' pieno di indicazioni, in modo che chiunque possa, se vuole, ripercorrere il nostro stesso cammino e avere accesso a tutte le nostre fonti. Io do' una mia mediazione, pero' se vuoi tu puoi seguire lo stesso percorso e arrivare ad altre conclusioni. E' una maniera nuova di intendere la professione, ma se non la si usa cosi', la Rete diventa una copia pallida e sbiadita di quello che gia' abbiamo.

 

Come ci si orienta nella giungla di informazioni che arriva dalla Rete?

Secondo me ci vuole una cosa simile agli occhiali a raggi X che vendevano sull'Intrepido: uno se li mette e capisce qual e' il percorso, trova la sua maniera di leggere la realta',.come altri studiano il volo degli uccelli o le viscere degli animali. Nella Rete si va per derive, non per percorsi prestabiliti. Noi ci atteniamo a questo senso di minima vertigine, del lasciarsi andare con meno buon senso e meno condizionamento possibile.

La Rete e' molto simile a quello che era lo spirito del Golem: un senso di lettura metafisica e a volte straniante. La fantasmagoria mi serve per dare fascino a tutto. Sono convinto che la chiave di risoluzione di tutte le angosce di cui e' investito lo sviluppo della comunicazione stia nella parola fascino: non e' utilita', non e' velocita', non e' concretezza, non e' servizio, ma e' fascino quello che manca.

 

Si sente un po' alchimista?

E' un'immagine che mi piace. In realtà questo e' un lavoro che mi sono improvvisato, di necessita' ho fatto virtu'. Sono sette anni che mi occupo di televisione, e già dopo i primi due avevo capito che c'era poco da dire di nuovo. Non potevo continuare a ripetermi, avevo bisogno di una via d'uscita. Non sapevo bene cosa cercavo, sentivo nell'aria che c'erano affini e contrari con cui dovevo entrare in contatto, ma non riuscivo a individuare la via. Nella Rete ho trovato un posto ideale per mettere a punto curiosita' e aspettative. Come ho già detto, le parole da usare sono destrutturazione e ibridazione. Questi sono i sensi che alla fine danno freschezza al tutto.

 

Prima si destruttura e poi si costruisce.

Certo. Infatti ora siamo in questa fase.

 

Quale sara' la creatura nuova?

Non lo so. Sta per uscire il mio libro (del quale Caffè Europa pubblica in questo numero un'anticipazione, vedi Articoli collegati, ndr) con allegato il CD Rom che contiene 70 ore di trasmissione audio. Ascoltando il CD, mi sono reso conto che ci sono degli spunti di riflessione. So di cadere un po' in contraddizione - ho sempre detto che noi lavoriamo sul vuoto a perdere e invece ci siamo rimessi tutti su un CD. Ma in qualche modo bisogna lasciare una memoria, perche' senno' perdiamo solo tempo.

 

 

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