Se Blair ha perso, e adesso che fine fa la
Terza Via? Pareri raccolti da Tommaso
Debenedetti, Paolo Marcesini, Silvio Trevisani
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Le recenti elezioni europee hanno segnato, per i socialisti europei, la
perdita della maggioranza nel Parlamento di Strasburgo. In tutto il continente, con la
sola eccezione della Francia, le forze di sinistra hanno registrato una flessione di
consensi.
"Caffé Europa" ha condotto un sondaggio fra esponenti
politici e intellettuali proponendo a ciascuno due quesiti.
1) Il voto europeo ha manifestato un certo disagio degli elettori verso
i governi ed i partiti di centro-sinistra . La fase delleconomia rimane difficile,
la disoccupazione é assai elevata, e assai ristretti appaiono i margini di manovra su
spesa pubblica e fisco. Il manifesto sulla terza via, o nuovo centro, di Blair e
Schroeder, punta ad una iniezione di liberismo nelle politiche economiche e sociali, ma i
loro partiti ricevono segnali elettorali negativi . Jospin, che ha difeso con più forza
la tradizione socialista , riceve, invece, segnali più incoraggianti. Lei crede che,
nella prossima stagione , i partiti socialisti e socialdemocratici europei seguiranno più
luna o laltra strada?
2) Gerard Grunberg, nel libro di Reset Socialismo europeo sì o
no?, sostiene che i partiti della sinistra europea "non hanno la teoria della
loro pratica", cioé sono riusciti finora a cogliere le opportunità elettorali per
governare ma sono privi di un disegno chiaro ed esplicito da proporre. Sono in piena crisi
di identità. In che modo riusciranno, se ci riusciranno, a superare tale crisi?

SERGIO ROMANO (editorialista)
1) Non sono proprio sicuro che gli elettori europei si siano mossi
secondo queste considerazioni, ma piuttosto secondo esigenze domestiche. In Italia ad
esempio si volevano verificare gli equilibri all'interno di ciascuna maggioranza
Fini-Berlusconi, Prodi-D'Alema così via... Certo c'è una bella differenza tra il 71%
italiano e il 23% inglese: qui si può dire che ha votato chi crede nell'Europa.
Sono stati puniti i governi che hanno fatto meno per occupazione e
sviluppo sociale? Forse qualcosa del genere può esserci, ma non sono sicuro di poter
trarre lezioni di carattere generale. Nei prossimi anni ci sarà più Blair di Jospin?
Alla base c'è una falsa convinzione: quella che i governi nazionali abbiano margini di
effettiva libertà in materia economico sociale. No, il margine reale potrebbe essere del
10% . Il resto è stato tolto loro di mano: c'è il mercato unico, la moneta unica, il
patto di stabilità, le regole della concorrenza le stabilisce Bruxelles, e tutti sono
obbligati ad adeguarsi.Quali sono i margini di libertà effettiva? A meno che qualcuno
pensi di rimettere in discussione le regole europee. Prospettiva che considero
irrealistica, al momento.
2) Meno male che non hanno una teoria della pratica. Quando esisteva
una teoria della prassi i danni furono enormi. Basta e avanza sapere che la sinistra è
più attenta ad uno sviluppo equilibrato della società nel suo complesso e che la destra
più sensibile alla produzione della ricchezza. A me bastano queste due teorie.
ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA (politologo)
1) Non credo che i partiti socialisti europei possano agire come un
soggetto politico unitario. Con ogni probabilità Jospin continuerà a seguire la propria
strada, Blair e Schroeder proseguiranno sulla loro e D'Alema continuerà a chiedersi quale
strada scegliere. Si tratta di forze che tengono comportamenti diversi perché hanno alle
spalle storie nazionali tutt'altro che omogenee. Ad esempio la politica di Jospin non mi
sembra soltanto il frutto di una concezione più conservatrice del socialismo, ma anche e
soprattutto il portato di una tradizione statalista di lungo periodo che caratterizza la
Francia nel suo insieme, a prescindere dalle distinzioni tra destra e sinistra. Non
dimentichiamo che quel paese, oltre ad essere la patria dell'assolutismo e del
giacobinismo, dispone di una burocrazia efficiente e circondata da un grande prestigio.
2) Il problema comune a tutti i partiti socialisti è che il loro
contributo fondamentale alla storia europea di questo secolo consiste nella costruzione
del Welfare State, alla quale peraltro hanno dato un notevole apporto anche forze di
matrice cattolica e moderata. Oggi però lo Stato sociale come l'abbiamo conosciuto fino
agli anni Settanta non regge più e si tratta di riformarlo radicalmente. Su come
procedere in questo compito immane nessuno ha elaborato un progetto convincente, per cui
è inevitabile che le forze socialiste operino in modo pragmatico e si trovino in una
grave crisi d'identità. Non mi azzardo a fare previsioni circa la possibilità che questa
impasse venga superata, ma mi pare che all'orizzonte, al di là delle formule più o meno
suggestive, non si vedano segnali di una ripresa del socialismo sul piano teorico. Al
contrario, credo si possa parlare di una evidente sterilità intellettuale della sinistra
europea, che da decenni non riesce a produrre alcuna elaborazione originale.

FRANCO DEBENEDETTI (senatore Ds)
1) Sul tema della terza via , rimando ad un articolo di Martin
Wolf, recentemente apparso sul Financial Times: lidea di mettere insieme
la via blairiana e quella di Schroeder è piuttosto artificiosa. Si tratta di vie assai
diverse, che nemmeno possono essere usate con gli stessi fini. In Inghilterra,
ladozione della proposta blairiana porterebbe ad un semplice
aggiustamento, in Germania applicare la via di Schroeder vuol dire incidere
nella carne viva del Paese. In Inghilterra si è votato sul modo in cui Blair intende
condurre la Gran Bretagna nellEuro, in Germania si è votato sullintera
politica economica del Cancelliere, che è stata bocciata.
In Francia, invece, Jospin ha avuto successo per ragioni che definirei
congiunturali, dal momento che i Francesi hanno già affrontato quei sacrifici economici
che lItalia (con le riduzioni di spesa e le tasse) e la Germania (per i costi della
riunificazione) stanno ancora affrontando. Né si può dimenticare labilità con cui
Jospin riesce a fondere valori socialisti e pragmatismo: predica le 35 ore, ma poi attua
la flessibilità, predica lintervento statale, ma poi attua le privatizzazioni.
2) Parlare del socialismo su scala europea è assai complesso. I
socialisti , infatti, hanno storie diverse, pur usando un linguaggio comune. Se
restringiamo il discorso allItalia, direi che il centro-sinistra, da noi, è
effettivamente senza iidentità, con al suo interno differenze che tendono sempre più a
manifestarsi. Con lUlivo, quellidentità fu trovata, ma si trattava di
unidentità più auspicata che raggiunta, come poi ha dimostrato la vera e propria
esplosione patita dallUlivo. Io, forse ingenuamente, ritengo che la validità , da
tutti riconosciuta , della squadra di governo DAlema-Amato potrebbe essere una buona
base per rendere più facile la coesione e per superare la frammentazione del
centro-sinistra".
ANDREA RANIERI (dirigente Cgil)
1) Intanto, bisognerebbe evitare che i parametri di riferimento ,
quelli che segnalano il carattere di destra o di sinistra del modello , siano
prevalentemente la vicinanza o la lontananza dai vecchi modelli di welfare . Superare la
logica che schiaccia linnovazione sul liberismo, e la dimensione sociale sui
tradizionali istituti del welfare , per cui il conflitto che oppone valori e interessi
sarebbe semplicemente il frutto di una vecchia storia, mentre la certezza del nuovo si
giocherebbe essenzialmente su chi sa far meglio il lavoro della modernizzazione. Occorre
lavorare sui conflitti del moderno, esplicitare le alternative, collegare le parole destra
e sinistra alla globalizzazione, al carattere concreto del nuovo lavoro, al
personalizzarsi del welfare, al carattere decisivo del sapere e della formazione del nuovo
sviluppo. Rappresentare i conflitti, le nuove alternative, è la condizione per non far
diventare residuali gli stessi conflittti e le stesse alternative storiche. In questo,
più che nellalternativa tra socialismo tradizionale e terza via, sta la vera sfida
posta alla sinistra europea.
2) La crisi può esser superata se i partiti socialisti diverranno
sempre più partito delle persone contro il partito degli individui e delle masse. Del
resto, se la parola massa è collegata a omogeneità, a comportamenti
individualizzati e conformi, lunico partito di massa oggi possibile è quello di
Berlusconi. Occorre la priorità del sapere e della formazione, con la consapevolezza che
il sapere, come il lavoro , va spontaneamente a chi ce lha già. La alternativa che
si gioca è se i lavoratori della conoscenza saranno un grande segmento separato , dentro
limpoverirsi complessivo del lavoro, o se essi saranno la locomotiva di una
diffusione del sapere in tutti i rami della produzione e dei servizi."
ARTURO PARISI (coordinatore de "I democratici")
" Preferisco non entrare nel merito del dibattito. Mi interessa
sottolineare che , per risolvere le sue difficoltà, il centro sinistra non deve proporsi
come somma aritmetica di partiti e partitini. Né deve avere la presunzione di far
decidere mosse e srtrategie dai vertici dei partiti, il che sarebbe a tutti gli effetti
disastroso, bensì dagli elettori"
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