Caffe' Europa
Attualita'



Letti per voi/Aiuti alla Serbia? Mai con Milosevic

Nicola Matteucci

 

Articoli collegati
Editoriale/La lezione del Kosovo: se non si fa l'Europa
Letti per voi/Il teatro di guerra di Biljana Srbljanovic
Letti per voi/Aiuti alla Serbia? Mai con Milosevic
Da Abano porto la mia azienda in Bosnia

 

Questo articolo è apparso su "il Giornale" del 9 giugno  

Georges Clemenceau, presidente del Consiglio francese durante la prima guerra mondiale, soleva ripetere che la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai generali. Ora che intravediamo la fine del conflitto fra la Nato e la Serbia non saprei fare mia questa osservazione proprio per gli errori politici che l'hanno accompagnata. Per dimostrare la mia tesi è necessario uscire dalla cronaca quotidiana e delineare un sintetico approfondimento storico.
La vecchia Jugoslavia restò unita per il prestigio e l'intelligenza politica del maresciallo Tito, che era - bisogna ricordarlo - un croato e non un serbo. Egli cercò di realizzare un equilibrio tra le diverse etnie per impedire che una diventasse egemone. In ogni provincia un'etnia dominante, ma non nella Jugoslavia. Morto Tito, crollato il comunismo, quell'equilibrio si ruppe e questa convivenza divenne impossibile per i tentativi egemonici della regione serba, che forniva la forza e il nerbo dell'esercito jugoslavo.
La prima a rendersi autonoma fu la Slovenia, poi la Croazia. In Bosnia Erzegovina ci sono 30mila soldati della Nato per garantire la pace e l'ordine in questo Paese, un tempo esaltato perché mostrava come una società multietnica poteva convivere in pace: questo equilibrio fu rotto dai serbi contro i quali furono schierate le truppe della Nato. Il Kosovo, una piccola regione di 11mila chilometri quadrati, nel 1992 votò con un referendum per l'indipendenza e ora il Montenegro è pronto a difendere la sua autonomia e a combattere per la sua indipendenza. Invece il serbo Slobodan Milosevic, messa a tacere l'opposizione e abolito il regime democratico, vorrebbe con la forza ricostruire la vecchia Jugoslavia o almeno una grande Serbia. Di qui le pulizie etniche.

ser03.jpg (52385 byte)


Questa politica del dittatore serbo è estremamente destabilizzante in una regione assai poco tranquilla ed è condotta con la forza, quasi avendo come maestro Adolf Hitler. E per non aver fermato in tempo Hitler abbiamo poi avuto la seconda guerra mondiale. C'è nei Balcani un vuoto di potere, e Milosevic lo vuole occupare con la violenza. Poi ci sono i suoi fini e la Nato avrebbe dovuto subito identificare che il suo vero "nemico" era Milosevic, non la Serbia.
Facendo leva sul genocidio operato nel Kosovo con la pulizia etnica, la Nato è intervenuta in una vera e propria guerra, ma con giustificazioni sbagliate, delle quali è poi rimasta prigioniera. Si è parlato di forze di pace, di missioni di pace, ma queste cose non si fanno con le bombe ma con i viveri e i medicinali. La vera guerra si fa con motivi e fini politici; e ogni giustificazione etnica risulta soltanto ipocrita, soprattutto per i serbi, perché non c'è nessuna distinzione tra il dittatore e la nazione serba. Il fine politico è quello di stabilire nei Balcani, contro la politica destabilizzatrice di Slobodan Milosevic, una vera pace che è possibile fra etnie indipendenti e con regimi democratici.
Nella guerra - come ci ha insegnato Machiavelli - ci si uccide. Non mi hanno scandalizzato le quindici bombe cadute per errore su obiettivi non militari con molti morti e feriti fra i civili. Non mi hanno scandalizzato perché le bombe e i missili sulla Serbia sono stati 16mila. Quello che mi ha scandalizzato è il fatto che, nonostante questa enorme pioggia di proiettili, l'artiglieria serba ai confini fra il Kosovo e l'Albania abbia mantenuto tutta la sua potenza di fuoco. Ma gli americani sono umanitari soprattutto con se stessi: volevano salvare la vita dei piloti facendoli volare ad altissime quote e non rasente terra. In guerra si può uccidere ma anche accettare il rischio di essere uccisi, se si vuole vincere davvero. Le trattative di pace si erano arenate in un'estenuante bizantina trattativa. Ma, per avere una vera pace, bisogna smetterla di parlare di una Jugoslavia, che non esiste più, o di riconoscere una grande Serbia, che opprime le altre etnie. E' necessario dare la totale indipendenza al Kosovo, che l'aveva già richiesta con un referendum, strumento democratico. Mantenere dei serbi nel Kosovo è porre le basi per una nuova guerra civile. Quindi è una pace non sicura e politicamente non giusta.

 


Articoli collegati
Editoriale/La lezione del Kosovo: se non si fa l'Europa
Letti per voi/Il teatro di guerra di Biljana Srbljanovic
Letti per voi/Aiuti alla Serbia? Mai con Milosevic
Da Abano porto la mia azienda in Bosnia

 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio attualità

 


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier |Reset Online |Libri |Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media |Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo