Letti per voi/Aiuti alla Serbia? Mai con
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Questo articolo è apparso su "il Giornale" del 9
giugno
Georges Clemenceau, presidente del Consiglio francese durante la prima guerra mondiale,
soleva ripetere che la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai generali. Ora
che intravediamo la fine del conflitto fra la Nato e la Serbia non saprei fare mia questa
osservazione proprio per gli errori politici che l'hanno accompagnata. Per dimostrare la
mia tesi è necessario uscire dalla cronaca quotidiana e delineare un sintetico
approfondimento storico.
La vecchia Jugoslavia restò unita per il prestigio e l'intelligenza politica del
maresciallo Tito, che era - bisogna ricordarlo - un croato e non un serbo. Egli cercò di
realizzare un equilibrio tra le diverse etnie per impedire che una diventasse egemone. In
ogni provincia un'etnia dominante, ma non nella Jugoslavia. Morto Tito, crollato il
comunismo, quell'equilibrio si ruppe e questa convivenza divenne impossibile per i
tentativi egemonici della regione serba, che forniva la forza e il nerbo dell'esercito
jugoslavo.
La prima a rendersi autonoma fu la Slovenia, poi la Croazia. In Bosnia Erzegovina ci sono
30mila soldati della Nato per garantire la pace e l'ordine in questo Paese, un tempo
esaltato perché mostrava come una società multietnica poteva convivere in pace: questo
equilibrio fu rotto dai serbi contro i quali furono schierate le truppe della Nato. Il
Kosovo, una piccola regione di 11mila chilometri quadrati, nel 1992 votò con un
referendum per l'indipendenza e ora il Montenegro è pronto a difendere la sua autonomia e
a combattere per la sua indipendenza. Invece il serbo Slobodan Milosevic, messa a tacere
l'opposizione e abolito il regime democratico, vorrebbe con la forza ricostruire la
vecchia Jugoslavia o almeno una grande Serbia. Di qui le pulizie etniche.

Questa politica del dittatore serbo è estremamente destabilizzante in una regione assai
poco tranquilla ed è condotta con la forza, quasi avendo come maestro Adolf Hitler. E per
non aver fermato in tempo Hitler abbiamo poi avuto la seconda guerra mondiale. C'è nei
Balcani un vuoto di potere, e Milosevic lo vuole occupare con la violenza. Poi ci sono i
suoi fini e la Nato avrebbe dovuto subito identificare che il suo vero "nemico"
era Milosevic, non la Serbia.
Facendo leva sul genocidio operato nel Kosovo con la pulizia etnica, la Nato è
intervenuta in una vera e propria guerra, ma con giustificazioni sbagliate, delle quali è
poi rimasta prigioniera. Si è parlato di forze di pace, di missioni di pace, ma queste
cose non si fanno con le bombe ma con i viveri e i medicinali. La vera guerra si fa con
motivi e fini politici; e ogni giustificazione etnica risulta soltanto ipocrita,
soprattutto per i serbi, perché non c'è nessuna distinzione tra il dittatore e la
nazione serba. Il fine politico è quello di stabilire nei Balcani, contro la politica
destabilizzatrice di Slobodan Milosevic, una vera pace che è possibile fra etnie
indipendenti e con regimi democratici.
Nella guerra - come ci ha insegnato Machiavelli - ci si uccide. Non mi hanno scandalizzato
le quindici bombe cadute per errore su obiettivi non militari con molti morti e feriti fra
i civili. Non mi hanno scandalizzato perché le bombe e i missili sulla Serbia sono stati
16mila. Quello che mi ha scandalizzato è il fatto che, nonostante questa enorme pioggia
di proiettili, l'artiglieria serba ai confini fra il Kosovo e l'Albania abbia mantenuto
tutta la sua potenza di fuoco. Ma gli americani sono umanitari soprattutto con se stessi:
volevano salvare la vita dei piloti facendoli volare ad altissime quote e non rasente
terra. In guerra si può uccidere ma anche accettare il rischio di essere uccisi, se si
vuole vincere davvero. Le trattative di pace si erano arenate in un'estenuante bizantina
trattativa. Ma, per avere una vera pace, bisogna smetterla di parlare di una Jugoslavia,
che non esiste più, o di riconoscere una grande Serbia, che opprime le altre etnie. E'
necessario dare la totale indipendenza al Kosovo, che l'aveva già richiesta con un
referendum, strumento democratico. Mantenere dei serbi nel Kosovo è porre le basi per una
nuova guerra civile. Quindi è una pace non sicura e politicamente non giusta.
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