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Come i giornali trattano la criminalità/Intervista a Giovanni Bianconi, giornalista della "Stampa"

 

Isabella Angius, Ilaria Marchetti

 

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Prendendo spunto dai fatti avvenuti a Milano nelle prime due settimane del 1999, secondo lei è cambiato il modo di trattare da parte dei mass media gli avvenimenti dovuti ad azioni di microcriminalità ?

Non si può parlare di microcriminalità prendendo le mosse da quanto è avvenuto a Milano perchè è stato un fenomeno molto particolare, del resto la stessa città lo è: è’ l’unico grande centro governato da un sindaco dell’opposizione. Quindi quei fatti di cui parlate non voglio dire che siano stati strumentalizzati, ma di sicuro hanno ricevuto tutta quella grande attenzione perché si sono concentrati semplicemente in un breve periodo. Ed infatti adesso non se ne occupa più nessuno, non si sa come siano andate a finire le indagini. Questo secondo me significa che l’allarme microcriminalità è stato molto enfatizzato rispetto all’effettiva realtà. Infatti bisognerebbe vedere le statistiche: se nel frattempo, dagli inizi di gennaio ad oggi, non c’è stato nessun altro omicidio oppure altri due-tre, alla fine si vede che la media di questi tre mesi risulta uguale a quella degli scorsi anni.

 

Ma guardando i dati forniti dall’Istat si nota sì come siano diminuite le morti per stragi, ma siano pure aumentati i reati dovuti alla microcriminalità, anche se in città riconosciute a rischio come Palermo questi dati sono in diminuzione.

Ci occupiamo di piu’ di piccola criminalita’ perché prima avevamo di fronte grandi delitti dovuti al terrorismo o alla mafia. Una volta che fatti di quella portata vengono a mancare è ovvio che l’attenzione si sposti su fatti, per così dire, minori o ordinari.

 

Lei pensa che seguire fatti di cronaca fa anche capire come prestando attenzione all’evoluzione della microcriminalità si capisce anche l’evoluzione della società stessa?

Si, infatti quando si dice che molti episodi di microcriminalità sono dovuti all’immigrazione, non credo lo si faccia per motivi razzisti. Lo si riporta semplicemente perché è aumentato il numero di stranieri che una volta in Italia, non riuscendo a trovare un lavoro, si trovano ad avere come unica fonte di approvvigionamento il crimine.

 

E l’informazione che ruolo ha avuto secondo lei sull’opinione pubblica? Basti pensare alle manifestazioni organizzate dall’opposizione o alle ronde della Lega…

L’informazione ognuno la fa come meglio crede. E’ evidente che esistono giornali diversi tra loro: c’è modo e modo di fare informazione.

 

Eppure Curzi parla di un grigiore che uniforma un po’ tutta l’informazione.

Io non credo che ci sia tutta questa uniformità: la differenziazioni ci sono. Il modo in cui i problemi dell’immigrazione sono trattati a Roma da "Il Tempo" è assolutamente diverso da come lo fa La Repubblica o Il Messaggero. La differenza c’è, eccome: sia cal punto vista dell’impostazione ideologica del giornale, sia del rilievo che vi si da. Per esempio La Stampa a Torino è logico che dia maggiore risalto a fatti come quello di un quartiere della città che ha deciso di armarsi contro la microcriminalità. Avvenendo questo a Torino è ovvio che La Stampa lo metta in prima pagina a differenza di altri giornali.

 

Cosa ne pensa della scelta da parte di TG come il TG2 o il TG5 che hanno dato un’impostazione particolarmente attenta ai fatti di cronaca?

In Italia esiste il TG1 che per eccellenza si occupa di politica e come tale è seguito sia dal pubblico sia dai politici stessi. Gli altri che mi avete nominato, che sono in concorrenza interna ed esterna alla rai, hanno pensato che la politica sia una cosa che interessa meno ad alcune persone. Ecco quindi la scelta della cronaca che sicuramente attrae molto.

 

Ma non crede che quel modo eccessivamente attento al "fattaccio" faccia nascere nel pubblico un’attenzione forse eccessiva? Senza contare poi come i quotidiani si trovino nella triste condizione di dover dare risalto alle stesse notizie perché la TV vi ha già spostato l’interesse…

E’ evidente che se si parla molto in televisione di un fatto i giornali sono portati ad occuparsene. In fondo si sa…sono molti di più i telespettatori che non i lettori di un giornale. Allora l’approfondimento di una cosa di cui si è molto parlato in televisione, con particolari che in un TG non possono arrivare, spetta al quotidiano. Però può anche capitare che un fatto passi prima per le pagine di un giornale e poi arrivi allo schermo. Penso ci sia un’osmosi, un’attenzione reciproca abbastanza paritaria tra i due media.

 

Però sui giornali manca l’impegno all’approfondimento e all’inchiesta, lavoro lasciato nelle mani di trasmissioni come quella di Vespa che accanto al politico o al personaggio del momento mettono la soubrette seminuda…

Non credo che queste trasmissioni facciano del semplice spettacolo. L’approfondimento c’è: certo, questo nei limiti insiti nella produzione televisiva.

I giornali potrebbero approfondire di più. E’ quanto abbiamo detto all’inizio: magari di un fatto se ne parla incessantemente per una settimana e poi non se ne sa più niente. E poi è ovvio che se il Presidente del Consiglio va a Milano, indipendentemente dai fatti avvenuti, già quella di per sé è una notizia. Quindi diventa un ulteriore motivo per i giornali di parlarne.

 

Si può parlare di politicizzazione dell’evento?

Su questo non c’è dubbio. Comunque secondo me D’Alema è andato a Milano proprio perché i giornali da giorni non facevano che parlare d’altro. Lui ha risposto esattamente come i giornali si aspettavano: ha fatto la promessa, non attuata, di unire il centralino delle forze dell’Ordine ed è tornato a Roma. Questo ai giornali è bastato: ed infatti poi non se ne è più parlato. Poi ci sono casi che vengono pubblicizzati per altri motivi, non per il fatto specifico. Ad esempio il processo Marta Russo è un processo che sta subendo un’inaspettata politicizzazione.

 

Perché?

Credo perché dietro molti commenti su quel caso ci sia una più generale strategia di attaccare il lavoro dell procure. E quindi ne sta diventando il simbolo. Non mi ricordo casi in cui a processi di cronaca nera deputati assistessero alle udienze.

 

Allora è parte del normale lavoro giornalistico dare enfasi alla notizia del momento e poi successivamente dedicarsi ad altro. Quindi questo allarme criminalità è stato tale per quelle due settimane e basta?

Detto così è un po’ brutale…però bisogna rendersi conto che di fatti nuovi ce ne sono in continuazione. Oggettivamente poi non si può scrivere ogni giorno di un omicidio avvenuto tre mesi prima. Per esempio a Roma qualche mese fa si parlò delle "donne ammazzate" perché in pochi giorni si concentrarono alcuni delitti appunto contro delle donne, ma in maniera del tutto casuale.

 

Infatti secondo il criminologo Savona esiste uno scarto tra l’enfasi data dai mass media ai fenomeni criminali e il reale allarme sociale.

Sì, ma questo allarme è periodico, ciclico: basti pensare al fatto stesso che i giornali per un periodo ne parlano e poi per un altro no! Viene facilmente alla memoria il periodo in cui a Roma avvenne tutta una serie di omicidi per mano della banda della Magliana: anche allora c’era l’allarme sociale. E comunque abbiamo un tasso di criminalità abbastanza fisiologico rispetto ai problemi che abbiamo. E’ ovvio che su un milione di clandestini una parte si mantenga commettendo crimini.

 

Cosa ne pensa di certe pratiche di titolazione spesso un po’ forzate e ricche di metafore? Fa sempre parte del lavoro di routine di un organo d’informazione?

Non mi pare così grave. C’è un’enfasi perché nella titolazione si cerca sempre l’effetto, la ragione è facile da intuire. Più che altro non mi piace il facile utilizzo di luoghi comuni, dovrebbero avere più fantasia! Si dovrebbe stare attenti alla titolazione più per evitare la frase fatta che non perché si crea un allarmismo ingiustificato in chi legge.

 

Quindi l’effetto di agenda dei giornali non è poi così forte: l’opinione pubblica tutto sommato è più smaliziata e meno influenzabile di quanto si pensi.

Penso di sì. Anche perché la maggioranza della popolazione non legge i giornali.

 

Però vede la TV. Oppure l’informazione televisiva è più compassata?

Sì. E poi in ogni caso un servizio di tre minuti non ha lo stesso effetto di un titolo a nove colonne. Da parte mia cerco sempre di dare il giusto peso alla notizia: il che non significa minimizzare. Il fatto che alcuni delitti rimangono insoluti deve destare allarme non nel senso che non si deve più uscire di casa, che il cittadino è lasciato a sé stesso. Deve far riflettere perché la società non è organizzata a risolvere in maniera sufficentemente adeguata problemi che sono all’ordine del giorno di qualsiasi comunità.

 

 

E per il rilievo dato da alcuni giornali al fatto che le procure non facciano il loro dovere, che il colpevole non viene trovato o non è punito?

Non credo che sia vero. Il fatto che non venga scritto sui giornali non significa che le procure non facciano il loro lavoro. Che gli arrestati poi non vadano in galera è un altro discorso che riguarda le leggi. In questo caso parlerei di disinformazione perché i giudici che a Milano, per esempio, si sono occupati di Manipulite, sono cinque o sei. Il resto della Procura ha fatto il suo lavoro di routine che però non viene pubblicizzato.

 

Quindi di allarme sociale non si può parlare.

Semplicemente chi lo fa, utilizzando inoltre dei toni che lo fanno presupporre, ma che poi non ne parlano più, fa pensare a due cose: o è un incosciente oppure non era una situazione tale da creare tutto quell' allarme. Io propendo più per la seconda ipotesi.

 

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