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Pinochet ce l'ha fatta? Una partita tutta da giocare

 

Marco Calamai

 

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Non è ancora finita la lunga attesa di Pinochet , dal 16 ottobre agli arresti domiciliari in una lussuosa villa di campagna inglese, per via di quella richiesta di estradizione del giudice spagnolo Baltasar Garzòn che ormai è destinata a restare una pietra miliare della giustizia internazionale. L’ultima decisione dei Law Lords, infatti, ha sancito a grande maggioranza (sei a uno) che il processo di estradizione contro il generale ormai passato alla storia come l’artefice del sanguinoso golpe militare contro il governo di Salvador Allende, deve andare avanti. Il generale, e con lui la destra cilena, ha visto così respinta quella immunità come ex capo di stato che era stata richiesta dalla difesa e che gli avrebbe consentito di tornare libero in patria.

La Camera dei Lord, tuttavia, ha stabilito che l’estradizione potrà essere concessa soltanto per i reati commessi dopo il settembre 1988, data nella quale è stata firmata la Convenzione internazionale dell’ONU secondo la quale anche i capi di stato, in funzione o ex, possono essere processati in altrui paesi per reati di tortura. Una decisone, questa, che ha creato un clima surreale tra i cileni e più in generale tra coloro che hanno seguito da vicino, per opposte ragioni, la vicenda Pinochet. Secondo i sostenitori del Pinochet , dato che i reati per i quali il generale può essere processato si sono ridotti a "ben poco" (tre o quattro episodi avvenuti in Cile tra il 1989 e il 1991) sarebbe stata aperta la strada al ritorno del generale. Di tutt’altro avviso i nemici di Pinochet, che al contrario esultano per il fatto che è stato affermato un principio di giustizia di grandissimo valore internazionale e che ritengono ancora possibile che il processo per l’estradizione a Londra si concluda con il "grande processo" a Madrid. E’ quanto ha dichiarato Joan Garces, l’avvocato che sta aiutando Garzòn nell’inchiesta : " Anche se la stragrande maggioranza delle atrocità sono state commesse nei primi anni della dittatura e sono stati posti limiti temporali molto stretti, basta un solo delitto di questa gravità per la concessione dell’estradizione e per una condanna a 30 anni di carcere".

Garzòn, d’altra parte, è già al lavoro per raccogliere nuove prove su altri delitti avvenuti in Cile tra il 1989 e il 1991 le quali dovrebbero aggravare la già non facile posizione del generale. A ben guardare, l’allegria e il senso di sollievo che si sono avvertite a Santiago nelle opposte fazioni dopo l’ultima decisione dei Lords rispecchiano assai bene il risultato di questo match che, utilizzando una metafora calcistica, si è concluso con un uno ad uno. Un risultato che, tra l’altro, sta comportando un netto alleggerimento dell’alta tensione che si respirava in Cile da qualche mese e che quindi viene giudicato molto positivo dall’attuale governo di centro-sinistra, premuto dai militari e preoccupato dalle conseguenze in terra cilena di un eventuale processo al generale in terra spagnola. Eppure gli interrogativi restano. Ora la prossima mossa spetta di nuovo al laborista Jack Straw, ministro dell’Interno nel governo inglese. Il quale deve prendere la certo non facile decisione sull’opportunità di fare o meno il processo di estradizione. La destra cilena spera -insieme alla Thatcher,vecchia amica del generale- che l’ex sessantottino Straw, decida alla fine di liberare il vecchio tiranno. Ma il ministro dell’Interno potrebbe decidere diversamente e allora il generale andrebbe incontro ad un processo probabilmente molto lungo e in ogni caso non facile (anche perché Garzòn è già al lavoro per raccogliere altre prove sui delitti avvenuti nel Cile di Pinochet dopo il 1988). In questo caso il capitolo inglese della vicenda Pinochet si risolverebbe comunque (anche se l’estradizione in Spagna del vecchio tiranno venisse alla fine negata) in modo assai positivo per le famiglie delle vittime e per tutti coloro che si battono per il rispetto dei diritti umani nel mondo.

 

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