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Sinistra, devi governare i mercati

Robert Kuttner*

 

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Sinistra, devi governare i mercati


 

Questo articolo è apparso per la prima volta sull’Unita’ del 24 settembre 1998

Se i socialdemocratici dovessero vincere le imminenti elezioni politiche tedesche, per la prima volta nella storia di tutte le principali nazioni europee (Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania) avrebbero un governo retto da una coalizione di centrosinistra. Dei 15 paesi dell’Unione europea non meno di 13 sarebbero governati da partiti della sinistra democratica. Inoltre partiti che si richiamano ai valori del liberalismo democratico sono alla guida dell’esecutivo in Canada e negli Usa. Questa stupefacente coincidenza racchiude due bizzrri scherzi del destino. Nel momento stesso in cui si celebra il trionfo del capitalismo, in diversi paesi gli elettori mostrano in tutta evidenza di non gradire gli effetti di un capitalismo senza vincoli. Al contempo, tuttavia, è tutto da dimostrare che questi partiti di sinistra, no più radicale e moderata, possano fare molto per contenere gli effetti del mercato.

L’Europa, per esempio, offre un modello sociale alternativo, ma se gli europei non agiranno di concerto per sfidare i vincoli del mercato globale non potrà emergere un modello economico praticabile. A prima vista la ricetta dei neoliberali appare non priva di attrattive: lasciamo che il mercato determini i prezzi e che il libero scambio e la libera circolazione del capitale globale compiano il miracolo e poi agli elettori non dovessero piacere le conseguenze sociali intervenga lo Stato a moderare gli eccessi con norme ed interventi pubblici. Ma se il modo è uno solo, il capitale tende ad evitare le nazioni che impongono vincoli alla sua libertà di movimento. Inoltre, come ben compresero a Bretton Woods i fondatori del sistema finanziario postbellico, lasciare agli speculatori mano libera in materia di fluttuazione del cambio e di circolazione dei capitale ha come conseguenza la deflazione e le svalutazioni competitive.

Il fallimento, nel 1971-73, del sistema di Bretton Woods dei tassi di cambio controllati aprì la strada ad una fase di rallentamento della crescita. Da allora è andato aumentando il potere del mercato e si sono andate indebolendo le leve dello Stato. Ne consegue che la maggior parte dei governi di centro-sinistra si vede costretto ad accettare la disciplina del mercato globale accontentandosi di piccoli interventi correttivi. Obiettivo prioritario è quello di rassicurare i mercati dei capitali.

Negli Stati Uniti l’Amministrazione Clinton sta beneficiando degli effetti di una fase espansiva modesta e disomogenea basata su una politica fiscale ed economica estremamente ortodossa volta a guadagnarsi la fiducia della Federal Reserve e di Wall Street. Di nuovi programmi sociali nemmeno si parla. In Gran Bretagna il popolarissimo Tony Blair sta seguendo le orme di Clinton. Nel resto dell’Europa, dove il tasso di disoccupazione rimane intorno al 12%, la maggior parte dei governi di centro-sinistra sta puntando su politiche finanziarie e monetarie conservatrici accompagnate da eroiche misure per migliorare il sistema scolastico e formativo. Dappertutto all’ordine del giorno figurano la riduzione del deficit e una crescita relativamente contenuta. Ma se il solo contributo delle socialdemocrazie consiste in piccoli interventi correttivi, è molto probabile che gli elettori finiscano per voltare le spalle agli attuali governi di sinistra moderata.

Non vi sono alternative? La politica è sostanzialmente morta? Certo non possiamo dire che siano sbagliate politiche intese a migliorare la produttività e la qualità della forza lavoro. Ma queste politiche hanno un limite. Le politiche in materia di mercato del lavoro di per sé non producono un incremento del tasso di crescita. Possono integrare ma non sostituire una politica macroeconomica più espansionistica. La crescita globale è nelle mani dei creditori e degli speculatori finanziare e i paesi con alti salari e una forte spesa sociale finiscono per trovarsi fuori mercato. L’alternativa, a io giudizio, consiste semplicemente nell’accettare una riduzione dei salari e dei benefici sociali quale prezzo inevitabile per l’ "efficienza" del mercato globale. Ma questa alternativa comporta una modificazione profonda del modo in cui i governi di centro-sinistra vedono il capitalismo globale. Per lo più i liberali americani e i socialdemocratici europei non hanno contestato l’opinione secondo cui il mercato è in grado di determinare in maniera efficiente tutti i prezzi.Eppure, non senza sorpresa, autorevoli economisti ritengono che questa regola abbia per lo meno una importante eccezione: il prezzo delle divise e il flusso del capitale globale. La ragione è semplice. Il commercio di beni e servizi tende a raggiungere un punto di equilibrio, mentre spesso i mercati globali dei capitali tendono a superare i limiti attribuendo valori errati alle divise, spostando capitali da un punto all’altro a loro piacimento e arrecando gravi danni all’economia reale. Ne è un’eccellente esempio la crisi asiatica. I capitali stranieri alla ricerca di utili di molto superiori alla norma hanno all’improvviso inondato questi mercati appena liberalizzati. Quando la bolla speculativa si è andata ingrossando e gli utili hanno cominciato a diminuire, i capitali sono fuggiti distruggendo le valute e le economie.

Ma mentre i governi occidentali sono disposti ad adottare interventi mirati per contenere le crisi, recalcitrano rispetto all’ipotesi di un ritorno ad una maggiore regolamentazione dei flussi dei capitali privati e dei tassi di cambio. Tuttavia, è proprio una nuova regolamentazione dei flussi dei capitali che è necessaria se i governi di centro-sinistra intendono recuperare la capacità di realizzare politiche di crescita sostenuta e di giustizia sociale. Non bisogna dimenticare che il sistema di Bretton Woods fissava i tassi di cambio fissi, ma impegnando le banche centrali e sostenere collettivamente i tassi fissi, impediva anche le operazioni speculative in valuta e gli spostamenti speculativi di capitali. a disciplina della circolazione dei capitali creava una nicchia al riparo della quale i governi nazionali potevano combattere la disoccupazione, finanziare lo Stato sociale senza dover subire il ricatto competitivo dei mercati globali. La completa liberalizzazione del capitale globale pone vincoli sia economici che politici ad una qualsivoglia economia sociale di mercato.

L’avvento dell’Euro spingerà probabilmente il sistema finanziario almeno in parte sulla strada di un ritorno a Bretton Woods. E’ probabile che il rapporto tra le tre principali valute – Dollaro, Yen e Euro – sia coordinato dai rispettivi governi e dalle banche centrali.La rincorsa verso l’Euro ha già prodotto un abbassamento dei tassi e una ripresa economica in molte nazioni europee con moneta storicamente debole come l’Italia. L’interrogativo più grosso riguarda la volontà dei governi di centro-sinistra di compiere il passo successivo adottando strategie sistematiche per limitare i flussi speculativi di capitali. La tassa sulle operazioni finanziarie proposta dal Professor James Tobin, a lungo considerata con scherno dagli economisti liberisti, sta recuperando terreno. Un’altra eccellente idea è venuta dal Cile che non può essere certamente arruolato tra i nemici del libero mercato: l’obbligo per tutti gli investitori stranieri di depositare per un anno presso la Banca Centrale una somma pari al 30% dell’investimento a garanzia contro la fuga dei capitali.

Sarebbe salutare per i governi di centro-sinistra considerare questa questione con la serietà che merita sia per creare un maggiore spazio di manovra sul piano delle scelte politiche nazionali sia per rilanciare più alti tassi di crescita a li vello mondiale. Sarebbe anche ideologicamente tonificante chiedersi nuovamente, questa volta sul piano globale, come e quando le forze del mercato debbano essere governate nell’interesse generale dell’economia e della società. E’ questa, dopotutto, la questione dalla quale sono partiti tanto i progressisti americani quanto i socialdemocratici europei. O l’irrazionalità dei flussi globali dei capitali verrà nuovamente disciplinata da governi democraticamente eletti o tali governi continueranno a perdere potere sotto la spinta dei mercati mondiali.

* Direttore di American Prospect, rivista di politica fondata da Robert Reich.

 

 

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