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L'interpretazione della psicologa



Silvia Vegetti Finzi



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Quelli che seguono sono i commenti di Silvia Vegetti Finzi, autrice con Anna Maria Battistin de "L'età incerta - i nuovi adolescenti", dopo aver seguito il forum di "Caffè Europa".

I ragazzi che hanno partecipato al forum sono stati davvero simpatici e molto lucidi. Ho visto rappresentata all'interno del gruppo un po' tutta la gamma delle età: da quello più maturo che guarda all'adolescenza come a un passato risolto a quelli che ancora si dibattono nel pieno dei gorghi.

Mi trovo d’accordo con le affermazioni dei ragazzi intervistati che ci hanno presentato l’adolescenza come un età altalenante tra alti e bassi. Quest’oscillazione tra momenti bellissimi e indimenticabili e momenti neri conferma il titolo del mio libro: “L’età incerta.”

Dalle interviste emergono solo tre figure positive di padre. La prima è forse la migliore: Giordano dice che i suoi genitori lo consigliano, lo capiscono, gli rispondono anche indirettamente, quindi non hanno più quell’atteggiamento infantile “fai questo, fai quello”, ma riescono a capire i suoi problemi e ad affrontarli con lui. Anche le figure paterne che ci presentano Giulia e Alice sono positive: il padre di Giulia è separato, ma ha saputo instaurare un ottimo dialogo con la figlia, dandole nello stesso tempo responsabilità e libertà, e mi sembra che anche quello di Alice sia riuscito in questo. Però tre casi su otto sono pochi. Gli altri cinque ci mostrano un padre in crisi che se ne va o è poco presente, delegando alla madre tutte le responsabilità genitoriali.

Credo che questo rispecchi la situazione attuale: la maggioranza dei padri non riescono più non se la sentono più di essere autoritari ma non riescono ancora ad essere autorevoli. Siamo in una fase di passaggio, ma credo che prima o poi anche la figura paterna troverà una sua dimensione nella famiglia con l’aiuto della moglie e madre. Oggi molte madri preferiscono, infatti, fare anche da padre, piuttosto che contrattare faticosamente una presenza paterna. Il problema c’è e penso che i ragazzi se ne rendano perfettamente conto.

Spesso al messaggio esplicito dei genitori che invitano i figli a diventare adulti e autonomi, se ne sovrappone uno inconscio che li considera ancora piccoli, incapaci di sbrigarsela da soli. I genitori stessi si rendono conto di questa ambivalenza, la elaborano internamente e a volte cercano di risolverla dentro di loro senza coinvolgere immediatamente i figli, qualche volta diventando inesorabilmente contraddittori. Ho notato le tesi molto interessanti di Giordano, forse il più maturo tra tutti, che dice di essere geloso della sua intimità dimostrandoci come la maturità coincida anche con un certo allontanamento dalla fusione totale del bambino con i genitori.

All’inizio il bambino crede che la mamma conosca tutto di lui, è contento di essere trasparente agli occhi dei suoi genitori, ma quando diventa adolescente inizia a delimitare la sua area di intimità, a volte anche di segreto, che non condivide più con i genitori. Scompare allora quell’immediatezza del bambino che esprime tutte le sue emozioni: l’adolescente risparmia i suoi genitori, forse perché li vede fragili e non più giovanissimi, e sposta invece nell’ambito della coppia la sua sfera di intimità. Quando Giordano dice di condividere la sua intimità e le sue confidenze con la ragazza dimostra, quindi, una raggiunta maturità.

Mi colpisce la novità delle ragazze che si confidano con i ragazzi e quindi non credono più solo all’amica del cuore, figura tradizionale della confidenza femminile, ma anche all’amico del cuore e questo è un fatto molto importante. È interessante notare la possibilità di una dialettica che c’è tra i ragazzi, come questi tendano ad accettare la differenza, non vivendola più come una difficoltà, com’era una volta, ma come una ricchezza. Poter parlare tra maschi e femmine è vissuto da entrambi i sessi come una possibilità di vedere le cose dal punto di vista dell’altro, di misurare quali sono le reazioni prima ancora di mettersi con un partner fisso, di scoprire se stessi e il mondo dal punto di vista del sesso opposto.

È stato anche sottolineato come in realtà con i genitori c’è più equivoco che confidenza (dice Alice “mio padre crede di sapere tutto di me, ma in realtà non è così”) tuttavia è un equivoco in un certo senso salutare, perché serve al distacco. Se il compito dell’adolescenza è anche quello di allontanarsi dai genitori, certe dissonanze possono essere positive proprio per far capire ai ragazzi che possono basarsi anche solo su se stessi, sulle proprie gambe e sulla personale capacità di ragionare.

Giordano afferma che certe questioni se le risolve da solo: ciò significa che ha interiorizzato fin dall’infanzia la presenza dei genitori che gli hanno dato valori, misure e ideali, ma a un certo punto vuole giocarseli da solo. Qualcuno lo fa anche in modo dissonante dai genitori, Alice ad esempio ha detto di avere aspettative diverse dal padre e va benissimo così, perché i figli non devono essere la fotocopia dei genitori, ma devono anche sapersi contrapporre, avere una propria originalità e autonomia. Il mondo va avanti con questo alternarsi di generazioni nella diversità, non nell’omologazione, altrimenti cadremmo inevitabilmente in una stagnazione dove tutto continua allo stesso modo e non avremmo più le spinte al perfezionamento che derivano proprio dall’adolescenza.

Mi sembra interessante anche il fatto di separare il concetto di maturità dall’età anagrafica. La maturità non è tanto una questione cronologica, anche se in certi momenti della pubertà i maschi sono effettivamente più infantili delle femmine, ma poi i due sessi si avvicinano e diventa più una questione personale che di certificato di nascita. È vero, come ha detto Luca, che la famiglia è molto importante nel raggiungimento della maturità, però non dimentichiamo che certe volte la stessa famiglia può produrre due figli diversi, mentre uno magari cresce straordinariamente maturo l’altro rimane immaturo anche se il modello educativo è stato lo stesso per entrambi.

Nel concetto di crescita convergono due elementi: all’inizio ci sono i fattori ambientali, ma poi ognuno ci mette del suo, c’è anche la capacità dell’individuo di saper usufruire o meno delle opportunità che la vita gli offre. È dall’incrocio tra quelle che sono le potenzialità, i talenti, la personalità di ciascuno e i contatti importanti della vita che si forma la personalità complessiva dell’individuo.

Ho apprezzato moltissimo la capacità di questi ragazzi di parlare di sé e dei loro genitori con senso critico, pazienza e senza rabbia e di apprezzare le nuove forme di amicizia tra sessi diversi o all’interno del gruppo, che non sono più quelle tradizionali ma aprono nuove prospettive. Spero che tutta l’esperienza che io e Anna Maria Battistini abbiamo trasmesso nel libro che abbiamo scritto a quattro mani possa aiutare gli adulti a vedere i problemi dal punto di vista dei giovani, che spesso hanno molto da insegnarci.



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