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Figli maturi, genitori inquieti



Silvia Vegetti Finzi con Paola Casella



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Silvia Vegetti Finzi insegna Psicologia dinamica all'università di Pavia. Psicologa clinica, ha svolto attività psicoterapeutica per problemi della famiglia e dell'età evolutiva. Fra i suoi saggi, Storia della psicoanalisi, Il bambino della notte, Il romanzo della famiglia, Psicoanalisi al femminile, Psicoanalisi ed educazione sessuale e Storia della passioni.

Il suo ultimo saggio, L'età incerta - I nuovi adolescenti (Mondadori), scritto insieme alla giornalista Anna Maria Battistin, completa la trilogia di testi destinati agli educatori, cominciata con A piccoli passi, che riguardava i bambini da zero a cinque anni, e continuata con I bambini sono cambiati, a proposito dei bambini dai cinque ai dieci anni.

L'autrice ha partecipato al forum organizzato da Caffè Europa che ha coinvolto un gruppo di adolescenti cui è stato chiesto di parlare di sé, e ha poi commentato alcuni dei loro interventi (vedi articoli collegati). In questa intervista parliamo con lei di adolescenza in modo più approfondito, prendendo lo spunto sia dal forum che da L'età incerta.


Quanto lavoro di preparazione è confluito nel suo saggio?

Alle spalle c'è stato un lavoro molto lungo: non a caso questo libro è distanziato quattro anni dai precedenti. Abbiamo ascoltato famiglie, insegnanti e ragazzi, sia dentro che fuori la scuola. Inoltre vi abbiamo portato anche la nostra esperienza di madri: io e Annamaria Battistin abbiamo avuto figli adolescenti, io un maschio e una femmina e lei una femmina: una bella scuola.

Per chi l'avete scritto?

Fondamentalmente per i genitori, ma una larga parte - un centinaio di pagine - è destinata agli insegnanti. Inoltre, contrariamente a quanto accadeva con gli altri due libri della trilogia, sta capitando che L'età incerta venga letto anche dai ragazzi, perché prende il loro punto di vista per spiegare ai genitori come mai alcuni atteggiamenti adolescenziali che sembrano contraddittori hanno invece un senso all'interno della loro esperienza. I ragazzi non manifestano quel rigetto che riservano in genere a questo tipo di saggio, anche perché ci siamo imposte di non dare loro nessun consiglio domanda-risposta.

Forse oggi i ragazzi hanno più voglia di studiarsi e di capirsi.

E anche una grande capacità di farlo, con molta introspezione psicologica. Sono rimasta meravigliata soprattutto dalla loro sincerità: non hanno alcuna remora a parlare criticamente dei genitori, magari guardati con una certa ironia, e a prenderne le distanze come le generazioni precedenti non hanno mai fatto. La sincerità, la solidarietà, la lealtà - che sono valori orizzontali, di relazione - sono per loro fortissimi, al contrario dei valori verticali - gli ideali lontani, come ad esempio la giustizia sociale. Una volta i valori dei giovani avevano la V maiuscola - la rivoluzione, le palingenesi sociali - ma in fondo venivano rinviati a data da destinarsi. I ragazzi di oggi invece credono in ciò che possono realizzare in prima persona, concretamente, giorno per giorno: questa è una generazione del "qui e ora".

In questo modo però viene loro a mancare il senso di partecipazione alla vita pubblica, politica.

Sicuramente. E credo che sia importante per noi adulti agire in questo senso: sono favorevole ad esempio alla proposta di Livia Turco di concedere il diritto di voto attivo ai ragazzi nelle elezioni locali, perché potrebbe essere uno stimolo a coinvolgerli nella gestione della cosa pubblica partendo dai loro problemi: i luoghi di incontro, i tempi scolastici e così via. Tenendo conto della concretezza degli adolescenti di oggi, bisogna avvicinare la politica ai loro interessi. Anche nella scuola, la riforma prevede la co-gestione: sono possibilità che andrebbero sfruttate fino in fondo.


I maschi sembrano diventati più romantici, le ragazze più pragmatiche.

Anche qui c'è un rovesciamento. Il fatto che i ragazzi siano oggi più romantici delle ragazze si vede anche nella letteratura: i giovani scrittori maschi stanno riscoprendo l'amore - vedi ad esempio Aldo Nove, che appartiene al gruppo dei "cannibali", eppure ha "scoperto" con il suo nuovo romanzo l'amore infinito e il romanticismo. Le ragazze invece sono ancora alle prese con la definizione di sé.

La grande paura di entrambi sembra quella della solitudine e dell'abbandono.

Del resto è la grande paura di tutta questa società individualista, che teme i legami ma allo stesso tempo rifugge la solitudine. Sono due paure che immobilizzano anche la generazione giovane, che in realtà fa fatica a creare legami stabili, perché molti ragazzi non li hanno mai sperimentati in famiglia. Secondo le nostre ricerche, almeno un terzo di ragazzi ha genitori separati o divorziati, e nella maggior parte dei casi il padre è uscito di casa quando i figli erano piccolissimi, quindi loro non hanno mai sperimentato concretamente come si vive insieme in coppia. E adesso devono inventarselo.

Una volta la solitudine degli adolescenti era in parte temuta ma in parte anche ricercata, corteggiata. Era una solitudine psicologica, ma nella realtà intorno a loro c'era una solida famiglia. Adesso la solitudine psicologica è confermata da quella reale: questi ragazzi di fatto restano soli tutto il giorno, crescono con baby sitter e genitori lontani, soprattutto i padri, mai visti o visti troppo poco.

Però i figli tendono a perdonare i genitori.

Sì, sono indulgenti nei loro confronti. Pensano: "Le cose sono andate così", senza andare alla ricerca di un colpevole. C'è una specie di rovesciamento: i figli sono più maturi dei genitori e guardano con dolcezza, quasi con accondiscendenza a questi padri e madri inquieti, alle prese con il bilancio della loro vita. Si sentono più tranquilli di quanto non sia la generazione degli attuali cinquantenni, molto più irrequieta dei propri figli.

Tuttavia i teenager di oggi sembrano spesso rassegnati.

Sono un po' sottotono rispetto alla generazione dei loro genitori, che è stata urlata, mentre questa è sommessa. Ma non dobbiamo pensare che non abbia delle sue ricerche e dei suoi obbiettivi. Sta a noi capire quali siano. Il grande sogno dei ragazzi di questa generazione è quello di formare una coppia che sfida insieme il mondo, un mondo che fa paura perché è un mare in tempesta, pieno di iceberg, dove soffia un vento gelido: un mondo che non li attende e non li accoglie, sul quale incombe la distruzione.

Ciò che li rassicura è l'amore, ma è più un'aspirazione che una realtà. E' importante che quel desiderio esista, ma noto che confligge in realtà con l'incapacità di questa generazione di reggere veramente una relazione di coppia, perché per le ragazze viene a cozzare con il desiderio di indipendenza, e per i ragazzi si scontra con la mancanza di modelli maschili ai quali potersi attenere.

Ci sono indicazioni circa la direzione in cui si muovono gli adolescenti di oggi?

No, perché stanno cercando il nuovo. Quando dall'esterno non si riescono a vedere manifestazioni forti, vuol dire che si sta lavorando sotto il pelo dell'acqua. Non sappiamo dove questa generazione andrà a parare, anche perché sono in corso delle trasformazioni del lavoro enormi. La maggior parte di questi ragazzi da grande lavorerà a casa, davanti a un computer, in solitudine. Gli adulti del futuro dovranno trovare modi di aggregazione che non saranno più quelli tradizionali del luogo di lavoro. Oltretutto trovare lavoro sarà per loro più difficile: sanno che non è più un diritto che nasce dall'avere un titolo di studio, sanno che te lo devi conquisti, o te lo devi creare. E' anche per questo che gli adolescenti di oggi tendono ad assumersi presto le loro responsabilità.

Crede che pagheranno lo scotto di essere diventati responsabili prima del tempo?

No, credo che siano finalizzati al loro futuro, che non è il nostro. Questo tipo di adolescenza va bene per il futuro che li attende, e al quale si adeguano in modo anche inconsapevole. La generazione del '68 sentiva che avrebbe avuto un ruolo leaderistico, e infatti tutti gli attuali leader nei mass media e nella politica sono ex sessantottini, per cui la palestra politica per loro è stata funzionale al futuro. Sono automatismi: così come i ceti sociali preparano i figli in base alla società che li attende, così anche le generazioni si auto-orientano.


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