Il patrimonio linguistico e la Rete
Derrick De Kerckove con Nicoletta Perfetti
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Delle circa seimila lingue parlate nel mondo,
metà sono in via di estinzione. Il mondo Babele sta scomparendo? La
doppia tendenza alla particolarizzazione estrema, da una parte, e all’omogeneizzazione,
dall’altra, come effetto della nuova globalizzazione, porterà alla
scomparsa definitiva degli idiomi meno diffusi? Lo abbiamo chiesto a
Derrick De Kerckove, direttore del McLuhan Program in Culture &
Tecnology presso l’Università di Toronto, e professore al
Dipartimento di francese presso l’Università di Toronto.
De Kerckove ha lavorato per oltre dieci anni a fianco di Marshall
McLuhan come traduttore, assistente e coautore. Studioso dei processi
di Rete, soprattutto nell’ambito informatico e cognitivo, ha dato
importanti contributi esplicativi ed interpretativi sui possibili
sviluppi antropologici di Internet. Questa intervista si è svolta
nella cornice delle giornate di studio “La bussola di Sinbad”organizzate
dal Centro Pio Manzù di Rimini.

Professore, lei ritiene che Internet possa in qualche modo
preservare la diversità dei linguaggi o al contrario che contribuirà
alla rapida scomparsa dei meno utilizzati?
Le cinque lingue più parlate nel mondo sono il cinese, l’inglese,
lo spagnolo, il portoghese e il francese. Le transazioni e gli scambi
nel Web sono effettuati al 75% in inglese e al 2.8% in francese. Si
prevede in ogni modo una dominazione decrescente della lingua
anglosassone. Il patrimonio linguistico può essere preservato, come
già si sta facendo, trascrivendolo nel Web, mettendolo a disposizione
gratuitamente a tutti, come memoria collettiva: penso al greco antico
e alle sei lingue del Mali. E anche al latino, naturalmente. Internet
rappresenta inoltre il terzo ambiente linguistico per lo studente,
dopo la famiglia e la scuola, e quindi, anche in questo caso, la Rete
“serve” alla diversità dei linguaggi, alla moltiplicazione dei
vocaboli.
Ma mi verrebbe da fare un’altra considerazione: la conoscenza della
lingua è uno stadio dello sviluppo dell’uomo. Basti pensare al
greco o al latino. Importantissimi, fondamentali per, appunto, lo
sviluppo delle “nostre” lingue, ma non più lingue parlate. Certo,
mi spiacerebbe se un giorno dovesse sparire l’oralità francese, o
italiana, (De Kerckove si esprime correttamente usando il lessico di
Dante, n.d.r) ma mai quanto mi dispiacerebbe se dovesse sparire la
Carta fondamentale dei diritti dell’uomo.
Lei ha affermato che la globalizzazione va intesa soprattutto come
rivoluzione psicologica, non tanto, e non solo, come rivoluzione
economica.
E’ una rivoluzione perché sono stati annullati i limiti
spazio/temporali. E’ la Terra la misura di tutto, non più l’uomo.
E’ l’esplosione della popolazione su se stessa. Oltre a parlare di
pensiero connettivo e globale, occorre pensare alla coscienza e alla
responsabilità globale. E’ una responsabilità positiva, una
responsabilità che chiama responsabilità. Internet è veramente una
forma di democrazia, e ne ha tutte le potenzialità. Già con la
stampa ci fu una prima accelerazione del sapere. Poi con radio e
televisione siamo arrivati alla seconda oralità. Ora con Internet,
tutti possono prendere la parola. Ed il rapporto con il monitor è un
rapporto privilegiato, una vera e propria rivoluzione democratica.
Come ha detto Mark Starowicz, “l’emergenza di uno spazio
transnazionale è una delle grandi forme democratiche della storia. La
circolazione di idee e di dibattiti internazionali è una lotta
efficace contro l’odio e i pregiudizi locali. Io credo fortemente
che la possibilità di attirare l’attenzione del mondo intero sulle
zone oscure finirà per far resistere alle tentazioni del Kosovo, di
Timor Est e altri”.

Internet dunque anche come strumento di pace. Secondo Josè Ramos
Horta, vicepresidente del Consiglio di Timor Est, premio Nobel per la
pace nel ’96, la globalizzazione multimediale non favorisce i paesi
poveri ma è comunque uno strumento di libertà. Kofi Annan si domanda
se non sia venuto il tempo di un New Deal globale, un tempo in cui i
vantaggi saranno garantiti ai paesi rispettosi di un insieme di regole
di condotta atte a proteggere gli investimenti e le popolazioni. In
che modo si può costruire un New Deal globale?
Con un dominio pubblico internazionale. Pubblico e gratuito. Con
la protezione degli standard e dei protocolli. Con la protezione dei
linguaggi. Con dei codici di condotta per le multinazionali. Con
programmi di collaborazione. Io sogno un mondo in cui in ogni città
abbia postazioni gratuite per videoconferenze. Internet è
redistribuzione del potere. Non è, come spesso si sente dire, solo
informazione ridondante ma è anche, assolutamente, formazione. In
Internet abbiamo informazione immediata. L’utente deve imparare a
saper ricercare. Importantissimo sarà lo sviluppo dei motori di
ricerca. La veridicità dell’informazione? La Rete deve essere
libera. Sta a chi si occupa di informazione verificare
l'attendibilità dei contenuti. La rivoluzione di Internet sta proprio
nel fatto che chiunque può esprimere e scrivere il pensiero.
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