Ma i radicali hanno vinto
Ada Pagliarulo e Paolo Martini
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André Glucksmann e dallo spagnolo Josep
Ramoneda Quel testo, sottoscritto, tra gli altri, da Helena
Bonner Sacharova, Daniel Cohn Bendit, Bernard Henri Lévi, Fernando
Savater e Susan Sontag, portava anche la firma di Marco Pannella ed
Emma Bonino. I firmatari chiedevano una tregua immediata nel conflitto
russo-ceceno, l'ingresso di osservatori internazionali a Grozny e la
ripresa immediata di negoziati fra le parti.
Per i radicali, la guerra di Cecenia è un filo rosso che lega la
richiesta dei russi di espellere il PRT dall'Onu alla morte in Georgia
dell'inviato di Radio Radicale Antonio Russo (vedi articolo http://www.caffeeuropa.it/attualita/105attualita-russo.html
). Tutto iniziò lo scorso aprile, con una riunione della Commissione
diritti umani dell'Onu a Ginevra. La pietra dello scandalo si chiamava
Akhiad Idigov ed era il presidente della Commissione Affari Esteri del
Parlamento ceceno.
Il 22 aprile del 2000, Idigov prende la parola come membro del Partito
Radicale Transnazionale, che gode dal 1995 dello status di ONG presso
l'Onu: parla di pulizia etnica ad opera dei russi, di esecuzioni
sommarie senza processo, di mancato rispetto del trattato sottoscritto
tra Russia e Repubblica Cecena nel 1997, che impegnava i due Paesi a
una coesistenza pacifica dopo la guerra del 1994-1996.
Idigov conclude chiedendo la ripresa dei negoziati sotto il
monitoraggio degli Istituti internazionali, ma precisa che l'unica
autorità legalmente riconosciuta e abilitata a trattare è il
presidente Maskhadov. La reazione dei russi non si fa attendere: meno
di un mese dopo viene avanzata presso il Comitato dell'Onu per le
Organizzazioni non governative la richiesta di espulsione del PRT.
Le accuse su cui si fonda tale richiesta poggiano su tre capi di
imputazione: i radicali sostengono i terroristi, sono al soldo dei
narcotrafficanti e fanno propaganda alla pedofilia. Sotto queste
accuse c'è l'irritazione per aver dato la parola ad "un certo
Idigov", che si è presentato come "rappresentante del
Presidente ceceno in Europa e presso l'Onu". Averlo fatto
parlare, dicono, ha violato le regole dei rapporti consultivi tra ONG
e stati membri.
I russi tengono sotto stretta sorveglianza le attività dei radicali:
il viceministro degli esteri russo Gusarov, rispondendo a una
interrogazione alla Duma sulle ragioni che hanno portato alla
richiesta di espulsione del PRT, spiega che "in maniera
aggressiva il PRT lotta per la legalizzazione delle droghe, e
partecipa alla loro distribuzione illegale. I leader e gli iscritti
del PRT sono stati più volte arrestati e processati per simili
reati". Una delle attività di questo partito nel 1995 - aggiunge
il viceministro - è stata la distribuzione illegale di hashish, con
uno dei loro militanti "dressed as Santa Claus", cioé
vestito da Babbo Natale. Quel militante era Marco Pannella.
Per la Federazione russa "è sintomatico lo slogan che si può
trovare nel Web site di quel partito", ovvero 'il proibizionismo
è un crimine". E conclude: "in fondo vuol dire che tutti
gli stati che per proteggere la salute e il benessere dei loro
cittadini proibiscono le droghe sono criminali".
La richiesta russa viene subito appoggiata da Cina, Cuba, Algeria,
Colombia, Etiopia, Sudan e Tunisia. In giugno, nel corso della
riunione del Comitato per le ONG a New York, il rappresentante della
Cina sottolinea che "in un articolo comparso sul Web site del PRT
si minaccia di rovesciare il regime comunista in Cina e si sostiene
che la libertà in Cina potrà ottenersi solo con il
rovesciamento" di quel regime.
Anche il rappresentante della Turchia fa riferimento al sito Internet
del Partito Radicale: "il Web del PRT attiva link con le
organizzazioni clandestine che minacciano la sovranità del nostro
stato".

Il comitato si orienta verso una pena di compromesso: la sospensione
per 3 anni dello status di ONG. Ma i radicali insistono per avere la
possibilità di presentare nuovi elementi a loro difesa, anche se
sanno bene di forzare di molto le procedure e il meccanismo di
funzionamento dell'ONU. Perche' l'Onu è una assemblea di stati, e gli
stati vengono prima delle ONG. I radicali chiedono il rispetto delle
norme del "giusto processo", ma nelle stanze di New York o
di Ginevra non è prevista la difesa, nè l'accusa russa è tenuta a
"provare" gli elementi posti a carico dell'accusato.
I radicali ammoniscono sui rischi di creare un precendente: tutte le
ONG che intervengono sulla violazione dei diritti umani potrebbero
esse punite con l'espulsione. Oggi tocca a noi, domani toccherà ad
altre organizzazioni, da Human Right Watch ad Amnesty International.
Già a partire dagli anni '80 molti dissidenti e testimoni di
violazioni dei diritti umani a Timor Est, in Ruanda, nella ex
Jugoslavia, in Tibet, hanno potuto essere ascoltati nelle sedi Onu
grazie alle ONG. Ma "il loro parlar franco", scriveva
qualche mese fa Le Monde "non sempre piace ai governi, che le
vorrebbero più docili".
La decisione finale sullo status del PRT viene affidata in luglio all'Ecosoc,
il Consiglio Economico e Sociale dell'Onu dal quale
"dipendono" tutte le ONG. Tra luglio e settembre i radicali
riescono ad ottenere che il Comitato per le ONG esamini una serie di
documenti e di memorandum difensivi. Il 27 settembre il Comitato torna
a riunirsi e decide a maggioranza (12 voti contro 5) di raccomandare
la sospensione del PRT per tre anni.
Intanto il Senato e la Camera italiani approvano mozioni che impegnano
il governo ad adoperarsi perchà il PRT non venga estromesso dall'ONU;
unici voti in dissenso, quelli della Lega e di Rifondazione Comunista.
Il 16 ottobre, a 48 ore dalla riunione dell'Ecosoc, viene ucciso in
Georgia Antonio Russo, inviato di Radio Radicale nel Caucaso,
testimone delle atrocita' della guerra in Cecenia. E' il presidente
del consiglio Amato a dichiarare in questa circostanza: "era un
eccellente professionista, ed era un militante di quel Partito
Radicale della cui sospensione all'Onu si sta in queste ore decidendo.
Spero che la qualità del suo impegno servirà ad illuminare coloro
che si accingono a questa decisione".

Il 18 ottobre l'Ecosoc si riunisce per la decisione finale. Deve dire
sì o no alla raccomandazione votata meno di un mese prima. 23 paesi
votano contro l'espulsione, 20 a favore, 9 le astensioni. I sì alla
richiesta di sospensione del PRT vengono dalla Russia, dalla Cina, da
Cuba, dall'Algeria, dal Viet Nam, dall'Arabia Saudita, dalla Siria,
dal Sudan, dall'Oman. Ma anche dall'India, dall'Indonesia, dal
Venezuela, dal Messico, dalla Colombia e dalla Bolivia.
E' la prima volta che una raccomandazione non viene semplicemente
ratificata dall'Ecosoc, al cui interno si apre un vero e proprio
confronto. I radicali esultano e dedicano questa vittoria ad Antonio
Russo. E quando a fine ottobre il presidente Putin si presenta a
Parigi per incontrare i vertici dell'Unione europea (assetati di gas e
disposti ad investire in infrastrutture pur di evitare la dipendenza
dall'OPEC), Emma Bonino va a manifestare con Glucksmann sul piazzale
del Centro Pomipidou per ricordargli, ancora una volta, che "il
silenzio uccide".
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