Una nuova sintesi politica sta lentamente
prendendo forma. Dopo un periodo di stagnazione e di confusione, in gran parte del mondo
occidentale è salita al potere una versione modernizzata del centrosinistra. Ma la sua
vittoria non rappresenta un trionfo diretto della socialdemocrazia e della politica
progressista sul neoliberalismo degli anni ottanta e sui partiti cristiano-democratici
dellEuropa continentale. Al contrario, il centrosinistra è dovuto scendere a patti
con un periodo di profondo cambiamento sociale, geopolitico ed economico che ha indebolito
molti dei suoi dogmi tradizionali riguardo alla politica fiscale, allo stato sociale e ai
rapporti tra finanza e processo politico. Ha dovuto accettare alcuni progetti della
destra, ritornando allo stesso tempo ad alcune delle sue radici storiche per trovare idee
fondamentali per il mondo contemporaneo.
La definizione di tale nuova sintesi è ancora per metà incompleta. Alcuni dei temi si
vanno chiarendo, ma il centrosinistra è ancora ben lontano dal possedere una posizione
ideologica perfettamente definita. In paesi diversissimi tra loro come il Brasile, il
Canada, la Germania, lItalia e la Francia la ricerca di un modello politico in grado
di conservare il consenso proiettandosi nel prossimo secolo è invece tuttora in corso.
Questa ricerca si sta svolgendo soprattutto negli ambienti di centro.
Per il momento gli estremi rimangono inerti. In tempi di relativo benessere economico e
con gli Stati Uniti come unica superpotenza, lestrema destra e lestrema
sinistra appaiono sostanzialmente irrilevanti, anche se sarebbe un errore dare per
scontato che la politica rozzamente populista o rozzamente nazionalista sia defunta o
confinata lontano da noi; come ci hanno dimostrato gli anni novanta, essa è viva e
costituisce una costante minaccia allinterno della stessa Europa. Ma non è in grado
di minacciare lordine democratico costituito in Europa e negli Usa, dove è attiva
la ricerca di una ideologia politica e di un modello di processo politico in grado di
trovare un equilibrio tra il benessere e linclusione sociale, tra il capitalismo e
la solidarietà, in grado di modernizzare i meccanismi dello stato sociale e di coniugare
una nuova politica progressista con gli imperativi della sopravvivenza ambientale.
Queste sfide nascono in un quadro di potenti forze globalizzatrici, che hanno
profondamente alterato i parametri di governo. I governi non possono più erigere facili
barriere contro gli scambi di denaro, determinare con precisione che cosa i loro cittadini
debbano consumare, isolare le loro economie dai cicli economici globali o perseguire
strategie autonome di difesa.
Possiamo tentare di concettualizzare le sfide della Terza Via in forma schematica. In
termini estremamente generici, la politica progressista degli ultimi 200 anni ha
riguardato lequilibrio tra le tre grandi componenti della visione politica
illuminista:
- Libertà;
- Uguaglianza;
- Fraternità.
A prezzo di grandi sofferenze, abbiamo imparato molto riguardo ai confini di ciascuno
di tali elementi nelle società progressiste e riguardo agli immensi costi umani ed
ecologici che il superamento di tali limiti comporta. Il campo di battaglia su cui si è
svolta la sfida tra le priorità dellIlluminismo, e tra queste e le opposte teorie
conservatrici sulla comunità e sulla libertà economica, è stato rappresentato dagli
stati nazionali e dagli ordinamenti economici e organizzativi entro i confini nazionali.
Lultima generazione ha visto una trasformazione di tale campo di battaglia ad
opera di quattro elementi:
- la globalizzazione sempre più rapida delle azioni governative, della competizione,
dei modelli capitalisti, delle tecnologie di informazione e comunicazione e dei nuovi
sistemi di produzione industriale;
- il collasso degli stati comunisti e il venir meno, in Occidente, del vecchio ideale
socialista delluguaglianza, alla luce del fallimento dei sistemi egualitari;
- il riconoscimento generale della necessità di riforme fondamentali per gli stati
sociali sorti nel dopoguerra in Occidente, alla luce del benessere, delle configurazioni
di nuove classi e nuovi redditi e dei cambiamenti demografici intervenuti nel frattempo;
- linsorgere di profonde preoccupazioni sulla compatibilità ecologica dei
moderni sistemi industriali di produzione e consumo e sui valori consumistici che
alimentano.
Il risultato ancora una volta in termini estremamente schematici è stato
la riconcettualizzazione del modello illuminista:
- Libertà
- Equità
- Comunitarietà
- Compatibilità
Insieme, queste categorie rappresentano gli elementi irrinunciabili della politica
progressista del 21esimo secolo, e le tensioni, le sinergie e i tentativi di raggiungere
un equilibrio tra questi diversi elementi sono incredibilmente complessi. Tutto ciò deve
inoltre essere negoziato e sviluppato allinterno di unarena più ampia: quella
di un ordine capitalista globalizzante costituito da enormi diversità e disparità
culturali, una "infosfera" internazionale generata dalle nuove tecnologie e dai
colossi multinazionali, un insieme di istituzioni assolutamente incompleto, inadeguato al
governo mondiale e, da ultimo, lestrema incertezza riguardo alla compatibilità
economica ed ecologica del nuovo sistema mondiale.
I tentativi sinora compiuto di reinventare, per il centrosinistra progressista o per il
centrodestra, una ideologia adeguata a questa situazione radicalmente trasformata, sono
stati superficiali e poco convincenti; in generale, gli appelli in questa direzione si
sono rivolti allidea di coniugare lenergia e la capacità di iniziativa
dellindividualismo con la solidarietà e lo spirito comunitario normalmente
associati a forme più tradizionali di democrazia dello stato sociale. Le idee riguardanti
la Terza Via tendono ad "attenuare le differenze" tra destra e sinistra, e fino
a questo momento non hanno avuto molto da dire riguardo al punto di equilibrio tra gli
elementi di LIBERTÀ, EQUITÀ, COMUNITARIETÀ E COMPATIBILITÀ.
Non sono inoltre riuscite ad affrontare le dimensioni più profonde, culturali e
spirituali, della trasformazione affrontata in occidente dalla scorsa generazione, che
impone sfide profonde ai politici del nuovo secolo:
- Quali sono i limiti accettabili che si possono imporre alla libertà di consumo e di
espressione in una società globalizzata e multiculturale? Conosciamo i limiti
delleguaglianza; ma che dire dei limiti allespressione economica e culturale,
e al modo in cui essi debbono essere negoziati in una democrazia? Il libro di Geoff
Mulgan, Connexity (1997) è una meditazione a tutto tondo sulla potenziale
"tragedia della libertà" in un mondo in cui è la inter-dipendenza, anziché
lindipendenza parcellizzata, la caratteristica fondamentale di un plausibile futuro
sociale ed economico. Come dobbiamo regolare i nostri consumi nellinteresse
dellambiente, delle generazioni future e delle comunità più lontane? Come
riconciliare la libertà di espressione e di realizzazione personale con le esigenze della
comunità e della tolleranza multiculturale?
- Come possono i cittadini delle società più ricche e pacifiche essere stimolati ai
loro doveri di cittadini e invitati ad instaurare rapporti fecondi con lo stato e la
società civile? Come possono gli organismi politici sovranazionali ottenere lealtà e
stimolare la partecipazione attiva? In unepoca in cui molti cittadini non avvertono
più la necessità dei partiti politici o dei servizi dello stato, e si estraniano dalla
politica tradizionale, come possiamo sostenere le energie indispensabili alle democrazie?
Come, per usare lespressione di Tony Giddens, "democratizzare la
democrazia", per garantire rilevanza ed energie al processo politico del 21esimo
secolo?
- Quali sono i valori irrinunciabili delle società progressiste, come trasmetterli e
come rafforzarli? La politica progressista ha spesso alimentato una cultura del
relativismo, un individualismo incapace di prendere posizione e una consapevolezza dei
diritti ma non delle responsabilità. Le democrazie non riescono a trasmettere con
efficacia i loro valori fondanti alle generazioni future. Come superare questo deficit
senza incorrere nel paternalismo o nellintolleranza?
- Come possono le società democratiche usare e sfruttare le nuove conoscenze che
andiamo acquisendo riguardo alle dimensioni biologiche, psicologiche e sociali della
personalità e della socializzazione? Come avviare un dibattito e prendere coscienza dei
rischi e delle opportunità suscitati dalla nuova ricerca scientifica nel campo della
genetica umana, dellintelligenza e della fertilità?
- Quali meccanismi, e sulla base di quali principi, si possono sviluppare per il
governo delleconomia in un mondo globalizzato? Che cosa "deve" il mondo
finanziario alla società, e come garantire che tale "dovere" sia adempiuto?
Come conservare il dinamismo economico senza dar vita a "monoculture" culturali
e commerciali che disturbino o addirittura distruggano le peculiarità, le identità e le
tradizioni locali?
- Quali sono i nuovi sistemi di governo globale necessari per colmare il divario tra la
portata globale delle grandi imprese multinazionali e la portata delle regolamentazioni
imposte dagli stati nazionali e dai raggruppamenti internazionali? Comè possibile
democratizzare le istituzioni delle Nazioni Unite e dellordine economico mondiale?
- Quali sono i limiti da imporre alla diseguaglianza allinterno delle società
moderne? Come possiamo ricondurre gli emarginati allinterno della vita economica e
sociale? Come alimentare la solidarietà con il resto della società di quegli strati
"auto-emarginantisi" della popolazione, nelle "superclassi" emergenti
rappresentate da quei "super-ricchi " appartenenti a una cerchia ristrettissima
in cui tutti conoscono tutti e che ritiene di bastare a se stessa?
- Quali sono le fonti di quel benessere spirituale religioso o umanistico che
sia che può colmare in molte vite il vuoto lasciato dallosservanza
religiosa? Il mondo industrializzato ha alimentato molta alienazione e molto nichilismo;
la "moralità" è per molti unentità incoerente, frammentata,
personalizzata e insoddisfacente. Come afferma Geoff Mulgan, "la modernità ha ormai
raggiunto un punto in cui questo divario appare insostenibile; in parte perché ciò che
in passato sarebbe stato considerato agiatezza, oggi è divenuto norma nella maggior parte
del mondo industrializzato; e in parte perché il lento declino della religione, che ha
coinciso con la diffusione di una economia di tipo capitalista, ha lasciato un vuoto
profondo nella vita di milioni di persone.
Questi interrogativi costituiscono una consistente piattaforma di lavoro per le think-tank
e le risposte costituiranno le fondamenta della Terza Via intesa come una politica
progressista basata sugli obiettivi illuministi riveduti e corretti, così come li abbiamo
schematicamente individuati più sopra. Tali obiettivi dovranno inoltre essere perseguiti
al di là delle frontiere nazionali, poiché sotto molti punti di vista le soluzioni e i
concetti che stiamo ricercando dovranno poter essere realizzati e raccogliere consenso a
livello sovranazionale, in modo da riflettere la natura internazionale, anzi davvero
globale, di gran parte delle sfide che ci troviamo ad affrontare.
Possiamo considerare tutto ciò una possibile base per un programma di collaborazione
ed esplorazione tra le fucine di pensiero europee, un programma che abbia per obiettivo
quello di sviluppare, oltre al manifesto della Terza Via, concrete proposte politiche in
grado di conferire profondità e valore autentici allidea attuale, esile ed
risibile, della Terza Via?
Di seguito esporremo schematicamente alcune idee riguardanti una delle componenti
fondamentali di qualunque plausibile Terza Via un riesame del significato della
"qualità della vita" e della sua importanza per la politica. Presenteremo anche
alcuni estratti da testi recentemente pubblicati da Demos sullargomento.
Sulla "Qualità della vita"
"Vita, libertà e ricerca della felicità": così la Dichiarazione
dIndipendenza americana sintetizza gli elementi-base della qualità della vita. Di
ricerca della felicità si parla raramente nella vita pubblica odierna. Parliamo invece
soprattutto di crescita economica e di aumento dei consumi. Ma lidea che la
"crescita" sia un obiettivo politico fondamentale, e lunità di misura
più efficace per valutare il progresso nella qualità della vita, viene oggi messa in
discussione su molti fronti.
Sempre più spesso sono altri gli obiettivi e i traguardi di progresso considerati
altrettanto, se non più, vitali per la società: sostenere il capitale sociale, operare
una transizione verso uneconomica compatibile con lambiente, creare una
società più "inclusiva". Queste idee, e luso che se ne fa, costituiscono
una sfida alla concezione dominante della qualità della vita come progetto
individualista, il cui fine sarebbe la massimizzazione delle soddisfazioni personali, e il
cui traguardo principale sarebbe il successo materiale laccumulazione di beni
e soddisfazioni materiali.
Il suo ethos è brutalmente riassunto nel messaggio di un magnate americano il
tizio che ha più giocattoli quando muore, ha vinto. In modo più sottile, è incarnato
nei modi in cui la nostra politica ha finito per esprimere i propri valori e le
motivazioni delle decisioni che prende: il valore fondante è quello della dimensione
economica, e le procedure decisionali sono improntate esclusivamente al presente o
tuttal più a un futuro a breve termine, i cui limiti sono fissati dalle prossime
elezioni. Ci intestardiamo sulle procedure tramite le quali possiamo generare le risorse
necessarie alla qualità della vita, ma non ai suoi contenuti. E siamo a malapena in
grado, attraverso tali procedure, di prevedere le conseguenze che il nostro comportamento
può avere sulle opportunità per altri, distanti da noi nel tempo e nello spazio, di
godere una vita qualitativamente accettabile.
Quel che hanno in comune le concezioni politiche emergenti riguardo alla qualità della
vita, è il fatto che tutte si incentrano non soltanto sui metodi per conseguire la
felicità ma anche sulla natura degli esiti che perseguiamo, sia individualmente sia come
collettività. Esse, in sintesi, sollevano interrogativi riguardo alla possibilità di
raggiungere un livello soddisfacente nella qualità della vita, intesa come una vita che
non soltanto comporti soddisfazioni personali, ma sia anche dignitosa e eticamente valida.
È tempo che lidea della qualità della vita sia riportata in primo piano nei
dibattiti pubblici. Un segnale del fatto che ciò sta accadendo è linteresse
crescente verso nuove forme di indicatori di progresso, sociali ed ambientali, che tengano
conto del conseguimento degli esiti auspicati e della capacità di evitare problemi
prevedibili, nonché la critica sempre più aspra nei confronti dei criteri standard per
la valutazione del "progresso" economico, finanziario e nel campo degli
investimenti.
Nel prossimo secolo non sarà più possibile evitare di affrontare, nel dibattito
politico, la definizione della qualità della vita. Numerosi e potenti fattori
garantiranno che ciò non accada: le preoccupazioni sulla sopravvivenza ambientale, la
necessità di creare una nuova mentalità per ciò che concerne lequità e la
giustizia sociale, i problemi associati a unenfasi eccessiva sui valori procedurali
delle società democratiche e sui diritti degli individui. Tra gli argomenti fondamentali
possiamo citare i seguenti:
- Primo, è ormai dimostrato che, superato un certo grado di ricchezza, il
conseguimento di livelli ancor più alti di reddito e di benessere materiale non conducono
a un incremento nella felicità. La società dei consumi sta inseguendo un miraggio: come
dimostrano moltissimi sondaggi, la crescita, il denaro e ciò che con esso si può
acquistare sono cose necessarie ma sono lungi dallessere sufficienti al benessere.
"Avere tutto" è impossibile: i tentativi in questa direzione si possono
trasformare, come sostenuto da teorici quali Tony Giddens, in una diffusa incidenza della
dipendenza e della costrizione.
- Secondo, il "post-materialismo" associato alla sazietà o alla disillusione
rispetto alle gioie della ricchezza materiale non soltanto ci spinge verso moderni rimedi
come la psicoterapia o una miglior comprensione di ciò che la psicologia può dirci in
merito alle fonti della felicità: ci dirige anche verso una riscoperta delle vecchie idee
riguardo alla qualità della vita i cosiddetti "valori senza tempo". La
soddisfazione nei rapporti familiari e di amicizia, nel tentativo di trovare un equilibrio
positivo in rapporti confusi o multi-stratificati; lidea di uneducazione etica
per la formazione di cittadini consapevoli delle questioni morali imposte dalle società
democratiche, dagli ambienti multiculturali e dalle scelte personali, e in grado di
ragionare coerentemente su questi temi; il concetto di comunità fondate su stili di vita
etici, che sempre più spesso, nelle società pluraliste, si assumono lincarico di
proporre "normative a carattere etico"; il valore dellesperienza degli
anziani, screditato dalle politiche delle grandi imprese, fondate sulla separazione per
gruppi di età, e dal culto commerciale della gioventù; la rinascita di un interesse
filosofico attorno alle analisi tradizionali dei "valori".
- Terzo, linquinamento che accompagna la crescita, così come noi lo abbiamo
conosciuto, e la globalizzazione della produzione e dei consumi industriali, sono ormai
universalmente riconosciuti come fattori che generano fortissime tensioni sugli ecosistemi
che stanno alla base delle nostre società e delle nostre economie, oltre che delle altre
forme di vita. La qualità della vita come viene intesa negli Stati Uniti, con il suo
gargantuesco appetito per i carburanti fossili, le confezioni usa-e-getta, le macchine, le
strade e tutto ciò che il filosofo delleconomia britannico Charles Handy definisce
la "economia degli oggetti inutili", è un modello assolutamente inesportabile
in altri paesi. Come sostenuto da una moltitudine di ambientalisti, lo stress imposto sul
clima e sulle risorse del pianeta da una globalizzazione della concezione
dellesistenza fondata sul consumismo sarebbe insostenibile.
Ma non possiamo aspettarci che i paesi in via di sviluppo facciano spallucce e si
rassegnino a una relativa privazione del benessere: la loro rivendicazione morale di un
maggior livello di ricchezza non può trovare risposta. Ciò significa che a cambiare
dovranno essere i modelli dominanti di consumo nellOccidente ricco: basta con lo
spreco di energia e di materie prime, per andare invece verso una maggior attenzione ai
servizi, ai beni intangibili, e a un nuovo, olistico concetto di crescita e di misurazione
della qualità della vita, tutte cose attualmente allesame del governo britannico e
di molti altri paesi industrialmente avanzati. Questa considerazione inoltre comporta una
nuova enfasi sulla localizzazione della vita economica, e sulla necessità di preservare
le peculiarità locali nellera della globalizzazione, senza far ricorso a
protezionismi distruttivi e impraticabili.
- La crescente consapevolezza della impossibilità di continuare a "consumare come
se niente fosse" in Occidente, solleva inevitabilmente la questione del giudizio su
forme più accettabili di qualità della vita. Avendo preso atto dellimpatto che
esercitiamo sullambiente e della nostra risposta al consumismo imposto dal
martellamento pubblicitario, siamo costretti a spostare la nostra attenzione verso un
settore della nostra esistenza che fino a poco tempo fa veniva a malapena preso in
considerazione: il contenuto etico delle scelte dei consumatori, ovvero delle
ripercussioni che esse comportano sulle opportunità di vita dei meno abbienti lontano da
noi nonché sulla qualità dellambiente che consegneremo alle generazioni future.
Letica è una parte ineludibile di una politica del consumo accettabile, e di
qualunque concezione di una qualità della vita praticabile dal punto di vista ambientale.
- A tutto ciò è legata limportanza dei dibattiti sullequità e sulla
qualità della vita nel secolo che si sta aprendo. Nel momento stesso in cui prendiamo in
considerazione lidea che si possano porre dei limiti al consumismo come lo abbiamo
conosciuto finora, ci troviamo immediatamente costretti a inserire nellelenco delle
priorità anche le riflessioni sulla equità nella distribuzione dei beni. Ciò appare
particolarmente ovvio quando si parla di sopravvivenza ambientale: se il mondo deve
limitare le emissioni di diossido di carbonio, allora lOccidente deve adoperarsi per
limitare i suoi consumi, molto di più rispetto al mondo in via di sviluppo che ha finora
potuto contare su una quota enormemente inferiore di risorse e ha goduto pochissimo dei
frutti dello sviluppo economico.
- Ciò solleva profondi interrogativi sulla praticabilità di una qualità della vita
comune a tutti, in presenza di disparità tanto massicce. La mia possibilità di godere di
una vita qualitativamente buona dipende, in ultima analisi, da un ragionevole livello di
eguaglianza nella società? Questo problema, dibattuto in particolare da Richard Wilkinson
nel Regno Unito, è fondamentale per i politici della Terza Via che hanno respinto
legualitarismo e accettato notevoli disparità di reddito e i rischi della
meritocrazia come prezzo accettabile da pagare per il dinamismo economico.
- La ri-moralizzazione del dibattito politico è promossa anche dalla presa di
coscienza del fatto che la crescita e la ricchezza non risolvono i problemi più gravi e
più stratificati della società: criminalità, disoccupazione, violenza, discriminazione,
alienazione o "esclusione" dei poveri e dei meno istruiti. Questi problemi non
scompaiono con larricchimento della società, né rispondono sempre e meccanicamente
a livelli più elevati di spesa pubblica stanziati nel tentativo di bloccarli.
I politici, spesso con profonda riluttanza, si trovano ad affrontare la necessità di
impegnarsi in diatribe su questioni insidiose e appassionatamente dibattute come, per
esempio, il modo migliore di educare i bambini per farne cittadini partecipi; come
affrontare il problema degli elementi ostinatamente antisociali che risiedono nelle aree
più degradate; come educare i bambini a divenire buoni cittadini e ad adottare
comportamenti onesti e dignitosi nella vita adulta; e così via: Affrontare politicamente
i problemi sociali non può voler dire semplicemente adottare misure "non
giudicanti" e partecipare a dibattiti sulla corresponsione e la riscossione delle
risorse.
Deve riguardare anche i risultati conseguiti, e la prevenzione delle malattie; e
collegarsi alle discussioni su ciò che si deve considerare buono, oltre che semplicemente
giusto. Per troppi anni i politici si sono accaniti a discutere sui processi e sui valori
procedurali: legge, diritti, meccanismi di mercato e scelta individuale. Ma tutte queste
cose non bastano a garantire la qualità della vita, individuale o collettiva. Sono gli
individui e le comunità che devono dar forma alle loro idee personali di ciò che è
bene, ma lo stato non può semplicemente ignorare questo punto. I nostri valori
procedurali devono come minimo essere accompagnati da un senso di responsabilità che
deriva dallesercizio dei nostri diritti e dalla necessità che i governi assicurino
ai cittadini risorse materiali ed educative che li mettono in grado di godere dei loro
diritti e di affrontare le loro responsabilità.
- Ciò solleva la questione dellimpegno quasi esclusivo, con ottime motivazioni,
della sinistra sui diritti, e la relativa scarsa attenzione alle responsabilità un
tema chiave finora nelle riflessioni inglesi sulla Terza Via. È possibile valutare ed
esercitare adeguatamente i diritti senza che vi sia il corrispondente riconoscimento delle
responsabilità implicate da tale godimento? Come possiamo dar forma politica a tali
riflessioni, per esempio nelle riforme dello stato sociale? E bastano i diritti? Le virtù
che esigiamo dai cittadini non sono non sono garantite dal riconoscimento dei diritti né
dallesortazione alle responsabilità. Come possiamo influenzare la crescita dei
valori in una società multiculturale, evitando però di cadere in azioni antidemocratiche
o in un eccesso di paternalismo? Quali istituzioni, nella società civile, nel mondo degli
affari e nello stato, possono essere preposte a questo obiettivo?
- Da ultimo, la nostra concezione della qualità della vita per il prossimo futuro sono
profondamente influenzate dalle innovazioni tecnologiche e dalla ristrutturazione degli
organismi preposti, in questa fase di enorme sviluppo delle tecnologie legate
allinformazione e alla competizione globale. I presunti benefici apportati alla
qualità della vita dalle tecnologie informatiche e dallesplosione della ricerca
sulla genetica umana e dalle manipolazioni genetiche in generale, saranno accompagnati da
nuovi rischi e nuove minacce per la qualità delle nostre esistenze.
In unera di diffusione massiccia dei dati personali e delle nuove tecniche per la
loro elaborazione, le implicazioni di rischio per la privacy sono più che mai serie, come
ha sottolineato Perri 6 in unautorevole analisi dal titolo The Future of Privacy,
Demos 1998; e si prospettano enormi problemi riguardanti limpatto esercitato sul
benessere personale e collettivo dalle nuove organizzazioni multinazionali, come ha
sostenuto per esempio il teorico di scienze sociali americano Richard Sennet (si veda il
suo nuovo saggio sulla sociologia del "lavoro flessibile", The Corrosion of
Character.
Sviluppi così ingenti nella economia, nellambiente e nella società ci
costringono a prendere in esame gli urgenti interrogativi sulla qualità della vita
sollevati dai filosofi dellantichità. Comè giusto vivere? Come trovare un
equilibrio tra i desideri individuali e le esigenze più vaste del benessere collettivo?
Il nascente dibattito su come dovrebbe essere una "Terza Via" radicale ed
efficace inizia a toccare anche questi temi. Per esempio, lenfasi posta dal governo
neolaburista britannico sul legame intrinseco tra diritti e responsabilità sociali, sulla
promozione delleducazione dei cittadini, sulle misure da prendere per arginare i
comportamenti antisociali nelle aree più degradate dei centri urbani, rappresentato un
tentativo limitato di superare la riluttanza della sinistra a "moralizzare" o a
"giudicare". Ma si tratta di passi incompleti, esitanti e poco dibattuti, che il
più delle volte si appuntano sulle "classi inferiori" ignorando la questione
delle responsabilità della "superclasse" emergente, quella dei super-ricchi.
Il dibattito deve raggiungere maggior diffusione e maggiore profondità, e dare ai
propri obiettivi una dimensione europea. La politica si è fermata a una concezione di
qualità della vita individualista e corporativa, che persegue la crescita materiale e la
promozione dei valori procedurali. Sono condizioni necessarie ma non sufficienti: il nuovo
ambiente globalizzato necessita di trasformazioni radicali, che devono essere alimentate
da idee più ampie e profonde riguardo alla "Vita Buona" intesa come progetto
etico.
Estratti per la discussione
1. "Dobbiamo, in sintesi, trovare un modo di parlare onestamente e apertamente di
qualità della vita di una vita buona intesa sia come soddisfacente che come
eticamente giusta. Ma per far questo dobbiamo prima sfatare alcuni dei miti della vita
"buona". Un filosofo famoso si è chiesto una volta come una stessa definizione
di vita buona può essere valida per lintera razza umana, composta comè di
persone radicalmente diverse tra loro come Marilyn Monroe, Einstein, Wittgenstein o Louis
Armstrong. Ogni singola definizione di vita buona, sosteneva, risulta inevitabilmente
oppressiva. Il massimo che possiamo sperare è una società in cui tutti godano della
massima libertà possibile per dare ciascuno la propria definizione di vita buona per sé.
"È una concezione che presenta innegabili attrattive. Si accorda con il senso
comune "non giudicante" della maggior parte delle società occidentali
contemporanee. Ma è profondamente erronea, come può esserlo qualunque convinzione. Una
società che la prendesse sul serio diverrebbe ben presto del tutto anti-funzionale. In
primo luogo, è sbagliata perché buona parte di ciò che concerne la qualità della vita
non riguarda unicamente la libertà individuale, ma poggia sui pilastri collettivi
dellordine sociale e di tutte le cose che condividiamo con gli altri aria
pulita, strade sicure, civiltà, educazione.
È sbagliata anche perché gli esseri umani hanno una quantità di cose in comune:
condividiamo sostanzialmente la stessa biologia e molte delle stesse pulsioni ed esigenze,
per quanto diverse possano apparire ad unosservazione superficiale. Ed è sbagliata
perché ignora levidenza dei fatti: vi sono, nella definizione di vita buona data
nei luoghi e nelle epoche più diversi, delle caratteristiche comuni costanti. Per quanto
effimera lidea di qualità della vita possa apparire, e per quanto radicalmente
diverse siano le nostre esistenze dalle vite brevi, sporche e cattive della maggior parte
dei nostri avi, vi sono elementi universali e senza tempo. Gli stessi elementi che formano
una parte cruciale della nostra definizione di vita buona.
"Mi sembra utile pensare a questi fattori comuni come a "catalizzatori":
elementi che attraggono e motivano persone appartenenti a società che per tutto il resto
appaiono radicalmente diverse. Cinque sono quelli che mi appaiono più evidenti. "Il
primo è la famiglia. In tutta la storia delluomo, la stragrande maggioranza delle
persone ha scelto di vivere in famiglia. Può trattarsi di famiglie allargate o nucleari,
che prevedono la presenza di tre o quattro generazioni o che accettano la poligamia. Ma
lunità familiare ha garantito il sostegno emotivo e lappoggio incondizionato
ai suoi membri molto più di qualsiasi altra istituzione, e ha mostrato di possedere
virtù pratiche come strumento di condivisione delle risorse.
Le famiglie, come le comunità, le nazioni e le fedi religiose, possono essere brutali
e scarsamente funzionali. Ma la famiglia rimane il luogo più decisivo per la fruizione
del benessere e della felicità, il luogo ove la nostra umanità essenziale cioè
la nostra capacità di riprodurci e di far parte integrante del ciclo della vita
trova la sua espressione più pura. Nonostante i cambiamenti radicali apportati al modello
familiare nelle ultime generazioni, la famiglia come ideale e come unità sociale della
vita quotidiana si è dimostrata incredibilmente capace di resistere e di rimanere, per
usare le parole di Christopher Lasch, "un porto sicuro in un mondo senza cuore".
"Il secondo elemento è la comunità. Gli uomini amano vivere in società, a
contatto con amici e conoscenti. Al di là della famiglia, la comunità fornisce
riconoscimento sociale, significato, opportunità. Come la famiglia, può a volte essere
oppressiva e portare divisioni. Ma garantisce non soltanto lordine che ci è
necessario per avere una ragionevole possibilità di cavarcela nella vita
prevedibilità, abitudini e protezione ma anche il contesto allinterno del
quale possiamo condurre unesistenza dignitosa.
"Il terzo è la possibilità di accedere ai beni necessari al mantenimento, al
superfluo e al gioco. Questa possibilità è sempre stata un elemento catalizzatore, dai
primi baratti con lambra o le conchiglie fino ai computer games. Oggi le vie dello
shopping puntano sullattrattiva esercitata da oggetti luccicanti e accattivanti, e
il consumismo si trasforma facilmente in una sorta di droga. Eppure dovremmo sempre stare
attenti a condannare il desiderio troppo umano di beni materiali (come ammonisce Auden,
"di regola sono quelli che odiano il piacere a diventare ingiusti".
"Il quarto è lambiente. La qualità della vita dipende dalla qualità
dellaria che respiriamo, dellacqua che beviamo, dagli alberi e dagli spazi
aperti. Lumanità ha vissuto in una incredibile quantità di ambienti diversissimi.
In ciascuno di essi ha trovato il modo di convivere con un ecosistema dato, dai cui
cambiamenti e dalle cui trasformazioni diveniva acutamente dipendente. La nostra
dipendenza dallambiente si è cristallizzata nelle religioni che ne hanno
trasformato gli elementi in divinità, e oggi è tornata a far parte integrante della
nostra definizione di vita buona.
"Il quinto è lanima. La dimensione spirituale della vita ha spesso
comportato tensioni con i legami familiari e comunitari, e con lattrattiva
esercitata dalle cose materiali. Ma una concezione spirituale delluniverso, della
connessione tra tutte le cose e del timore di fronte alla sua immensità, si è resa
manifesta nelle chiese, nei templi o nelle moschee sorte nel cuore stesso di ciascuna
comunità. Mentre altri fattori catalizzatori riguardano la complessità, la necessità di
colmare la nostra vita di significato e di possedimenti, questo elemento profondo della
vita buona riguarda la semplicità e i fondamentali".
Geoff Mulgan, "Timeless Values", in I. Christie e L. Nash (a cura di), The
Good Life, Demos 1998.
2. "
la dicotomia aridamente tradizionale tra due definizioni di vita buona,
il perseguimento prudente del proprio interesse, per quanto illuminato, e limpegno
altruistico, devessere ripensata. Al di sopra del livello di soddisfazione delle
necessità di base, qualunque ragionevole concezione della qualità della vita implica
entrambe queste componenti. Nessuno ritiene che la vita del mangiatore di loto possa
essere considerata una vita buona, se comporta un danno diretto agli altri (anche
lasciando da parte la domanda se una vita edonisticamente dedita al consumo comporti di
necessità uno sfruttamento indiretto del prossimo, e se essa manchi di dignità se
paragonata con le esigenze vitali di coloro che non riescono a soddisfare le loro esigenze
fondamentali, oppure se vada oltre un ragionevole richiamo al senso del dovere il chiedere
alluomo di sacrificare il proprio piacere al di là del minimo richiesto dalla
virtù della generosità).
Come minimo, dunque, le esigenze della virtù impongono restrizioni collaterali a
qualunque definizione di qualità della vita, e le concezioni ragionevoli delle
aspirazioni umane impongono determinati limiti a ciò che il senso del dovere può
ragionevolmente esigere da noi. I santi sono coloro che non limitano la propria virtù a
quello che sarebbe unicamente il loro dovere. Naturalmente, il proprio interesse e il
senso morale entrano spesso in conflitto, il che è inevitabile. Ma non costituiscono due
definizioni indipendenti e complete in sé, luna separatamente dallaltra, di
ciò che rappresenta una vita buona.
"Sebbene la privacy, la solitudine occasionale e il ritirarsi in se stessi
facciano parte della dignità della vita, nessuno di questi elementi, nella gerarchia dei
"tipi" di vita buona, è ripiegato unicamente verso lio individuale. E
soprattutto, tutti e tre implicano persone che agiscono secondo le loro
"invadenti" preferenze su come sia meglio vivere. La vita buona, persino per i
mangiatori di loto, non consiste esclusivamente nel perseguire le nostre preferenze
egoistiche. Anche i mangiatori di loto hanno bisogno di una comunità di amici, e quando
hanno dei figli, iniziano ad avere delle preferenze sul modo in cui gli altri genitori
educano i bambini e giocheranno e cresceranno con i loro. Ciò significa che lidea
di una società organizzata in modo tale da lasciare ai singoli assoluta libertà
nellimpostare la loro vita come meglio credono, è semplicemente irrealizzabile.
"Ci sono preferenze invadenti buone e cattive, e la società deve trovare il modo
di filtrarle. Daltra parte, il paternalismo incontrollato, tramite il quale la
società potrebbe imporre una concezione di vita buona sostenuta dallo stato, farebbe
violenza alle idee di troppe persone, anche lasciando da parte la violazione della
libertà altrui, che è male in sé. Come possiamo allora individuare i principi per
unorganizzazione sociale che promuova la qualità della vita, ma che al contempo
riconosca la pluralità di idee in merito, il loro intersecarsi le une con le altre e la
possibilità di conflitto tra individui che perseguono idee differenti, che operi perché
le violazioni della libertà siano ridotte al minimo e che sia capace di contenere il
paternalismo entro confini accettabili?
"Partirò dallinterrogativo che si chiede in quale misura si possa affermare
che i governi e le società hanno il dovere di operare per promuovere la capacità degli
individui di perseguire una vita buona. "La maggioranza delle persone accettano
lidea che una ragionevole misura di libertà e di autonomia sia il punto di partenza
indispensabile per poter perseguire la propria concezione personale di qualità della
vita, e per poter coltivare le virtù (lazione morale eseguita sotto costrizione non
è quasi mai particolarmente lodevole: se così non fosse, tutti i contribuenti dovrebbero
essere pubblicamente esaltati per la loro generosità).
Nel tempo, la libertà e lautonomia dei cittadini si sono grandemente sviluppate
trovando un equilibrio con gli obblighi sociali, e si sono ridotte nei modi e nella misura
indispensabili per sostenere gli altri aspetti di ciò che costituisce una vita buona. Vi
sono però delle libertà fondamentali che non possono, in alcuna concezione ragionevole
della qualità della vita, essere barattate in modo sconsiderato: tra esse comprendiamo,
una vasta misura di libertà di parola, di movimento, di organizzazione, di sicurezza
della vita e della propria incolumità, il diritto a processi equi eccetera.
"Vi sono chiaramente alcune cose di importanza fondamentali che gli individui da
soli non possono realizzare, ma che soltanto lo stato può garantire, e che stanno alla
base di qualunque ragionevole concezione di una vita dignitosa. La garanzia della pace è
sicuramente la più basilare di queste componenti e, dato che gli stati sono sorti proprio
come strumento per finanziare le guerre, è anche una delle più difficili da realizzare.
Gli sforzi individuali sono di solito troppo insignificanti per riuscire a prevenire o a
minimizzare limpatto delle grandi ondate di inflazione che investono le nostre
società, devastando vite intere e annullando prospettive di felicità, e lasciando dietro
di sé povertà e vulnerabilità alle malattie, portando con sé guerre e influenzando la
cultura fino a farla ripiegare su se stessa, verso lirrazionalismo e la cupa
disperazione. Se linflazione non è sempre e ovunque un fenomeno monetario, la
complessa varietà delle sue cause è così vasta che soltanto organismi che hanno le
dimensioni, il potere e le risorse di uno stato possono sperare di arrestare in modo
efficace i meccanismi che la scatenano o almeno di mitigarne gli effetti.
"In una società in cui il lavoro retribuito (qualsiasi cosa si pensi riguardo ai
meriti del lavoro non retribuito) è divenuto un elemento portante del modo in cui la
maggior parte delle persone si costruisce il proprio progetto di vita, non stupisce che la
disoccupazione sia una delle grandi cause della mancanza di realizzazione personale, dello
smarrimento della propria identità e della mancanza di rispetto di sé, e infine delle
malattie e dei suicidi. Pertanto tutto ciò che i governi possono fare non soltanto per
ampliare le opportunità di occupazione e di soddisfazione per quanti hanno un posto di
lavoro, ma anche per assicurare maggiori opportunità anche a chi non ha un impiego, deve
essere sicuramente classificato come prioritario.
Anche il cosiddetto tasso di disoccupazione "naturale" o
"non-inflazionistico" può essere ridotto grazie a unazione governativa a
livello microeconomico che consenta ai cittadini di impiegare al meglio il proprio
capitale umano e sociale. Ancora una volta, è chiaro che molti governi europei non stanno
superando questa prova, dal momento che la disoccupazione ha raggiunto livelli
spaventosamente elevati in molti paesi.
"Non può esistere una risposta generale alla domanda sul punto di equilibrio tra
una protezione eccessiva e una insufficiente contro il rischio. Entrambi gli estremi sono
insostenibili, ma non è chiaro quale "media virtus" aristotelica sarebbe
praticabile contro tutte le crisi che colpiscono le società. Pertanto, il ruolo delle
fondamenta costituzionali, sulle quali individui e comunità costruiscono il loro
tentativo di realizzare una vita buona, non è quello di precisare il livello di
protezione, contrariamente a quanto sostengono le posizioni più diffuse nel centro destra
neoliberale o nella sinistra statalista che sostiene lidea del vecchio stato
sociale. È invece quello di stabilire un procedimento decisionale democratico che sia
giusto e legittimo, riguardo al livello di rischio accettabile e di protezione
accettabile, al fine di garantire le basi sulle quali i cittadini possono cercare di
realizzare la loro idea di vita buona: questo è infatti una questione di poteri del
governo, più che di doveri del governo.
"Sarebbe difficile accettare come idea di una vita buona laspirazione a
vivere in una comunità in cui le decisioni in merito al livello di protezione contro i
rischi fondamentali non fossero prese in modo trasparente, senza che nessuno possa
chiederne conto e senza che fossero aperte allinfluenza della volontà popolare. Se
è vero che molti cittadini possono essere deferenti, cinici, fatalisti, indifferenti,
opportunistici o pigri riguardo al coinvolgimento nella vita pubblica o semplicemente
attraversare un ciclo storico di rifiuto di tale coinvolgimento, nessuno aspira a fare di
questi atteggiamenti un elemento integrante della propria concezione di una vita buona, se
non con un senso di rassegnazione, interpretandolo come male minore rispetto a qualunque
altro atteggiamento ritenuto in quel momento realizzabile.
"Il dovere del governo in questo campo allora non è unicamente quello di indire
le elezioni, ma di rinnovarsi dando vita a nuove forme di apertura e di partecipazione,
per sconfiggere la mentalità politica secondo cui "chi vince prende tutto", che
si riduce troppo spesso in termini di classe dirigente elitaria. Governare tramite le
virtù democratiche è parte integrante e importante di un modo di governare che aiuti i
cittadini a realizzare una vita dignitosa anche in quei settori in cui si rendono
necessarie decisioni collettive, e anche se quelle decisioni collettive consistono in
ultima analisi nellindividuare le responsabilità nella gestione dei rischi.
"Ci sono comunque rischi ai quali le generazioni presenti stanno esponendo le
generazioni future lasciando loro in eredità un debito pubblico spaventoso, o
danni irreversibili alle risorse ambientali che i nostri posteri in un prevedibile futuro,
quali che possano essere le loro ragionevoli concezioni della qualità della vita,
vorranno ma non potranno sostituire. In questi campi cè chi sostiene che i governi
dovrebbero assumersi alcuni doveri, anche se probabilmente non imposti dalle costituzioni,
per proteggere le generazioni future dallirresponsabilità con cui i cittadini di
oggi, consumatori, investitori e lavoratori, perseguono le loro idee di qualità della
vita, anche a spese di violazioni minori delle libertà individuali (purchè senza
incidere sulle libertà fondamentali, civili e politiche).
"Se accettiamo lidea di perseguire seriamente una vita buona, molte delle
nostre ideologie politiche e delle opinioni più diffuse sulla società
costituzionalismo liberale, comunitarismo statalista fondato sullo stato sociale
dovranno essere messe in discussione, e sostituite da altre. Il relativismo pigro secondo
cui il numero delle concezioni possibili di qualità della vita è infinito, non è più
accettabile. Daltro canto, mentre si possono indubbiamente chiamare in causa basi
biologiche per le nostre aspirazioni più comuni e per le nostre idee morali, esse
consentono anche notevoli variazioni tra le diverse culture e i diversi individui. Né il
moralismo estremo, che esige che la nostra felicità sia subordinata alla nostra virtù,
né ledonismo crasso che incoraggia il consumismo bovino, possono rappresentare
unaccurata descrizione di ciò che le persone considerano indispensabile quando
devono dare la loro definizione di vita buona.
Le linee di confine di ciò che può essere considerata unidea accettabile di
vita buona sono vastissime, ma ci consentono di escludere quelle esplicitamente malvagie,
quelle improponibili perché nocive allambiente, quelle fondate sullo sfruttamento,
quelle improntate alla volgarità o alla rassegnazione, senza con questo pretendere che
tutti si facciano santi.
"Soltanto gli individui, i nuclei familiari e le comunità possono perseguire o
vivere una vita buona. Ma ciò non significa che la società e i governi possano
autoassolversi da ogni responsabilità nel mettere i loro cittadini nella condizione di
realizzarla. Al contrario, quando prendiamo sul serio lidea di una vita buona,
lobiettivo ultimo dei loro doveri e poteri principali è proprio questo. I governi
hanno un ruolo positivo ma limitato. È un metro ragionevole per misurare la moralità di
uno stato verificare che non faccia niente di meno e niente di più di ciò che è
necessario per sviluppare e sostenere le capacità dei propri cittadini che vogliono
perseguire qualsiasi idea essi coltivino, purché ragionevole, di una vita buona".