Quel Garda così Mediterraneo
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Quel Garda cosi' Mediterraneo
Ricetta/Tinca in carpione
In quel frenetico taglia e cuci che è stata la creazione dev'essere
successo che si sono trovati tra le mani un ritaglio di Mediterraneo in più. Una
rimanenza che, piuttosto che buttarla via, Dio, dopo essersi guardato attorno, ha pensato
bene di incollare qui, tra la Padana e le Alpi. E nacque il Garda. Ecco perché questo è
diventato un nord appannato da un velo lievemente esotico, coperto da una luce
semiorientale, con un paesaggio acceso e ibrido, che è su e giù di vallette e colline
infagottate di olivi, cipressi, agavi, limoni, di muretti a secco. Luogo che ti guarda
passare e si compiace di se stesso, dei suoi colori, del suo clima. Perché la grande
bagnarola ha preteso per sé una cornice che è per metà natura e per metà quadro
dipinto da starci di fronte allocchi, sentendosi immersi in una jacuzzi di fantasie
piacevoli, fatte per convincere che, per fortuna, la valle di lacrime ha anche un rovescio
della medaglia che qui è, appunto, un lago. E il Garda ammalia mica solo di primavera
[quando forse diventa meno sgraziato anche quel mostro geometrile che è Poggibonsi]. No,
qui il gioco funziona anche d'inverno, col verde itterico spalmato sulle gobbe delle
colline, con l'acqua del lago che diventa un inchiostro e il cupo inquieto del cielo, lo
scuro dei cipressi che, più che il Mediterraneo, richiamano il due novembre. E il fascino
gli resta addosso addirittura d'estate, quando cambia lingua e abito per diventare suolo
germanico, provincia bavarese, terra irredenta e beata, propaggine mediterranea dei lander
teutonici, kindergarten crucco e spensierato inventato per spalmarsi abbronzanti,
rimpinzarsi di wurstel e sardine e ballonzolare in fila nei piccoli negozi, dicendo bitte
e danke, soddisfatti del trastullo di sentirsi qui come a casa.

In questo paesaggio abbiamo tagliato una sottile striscia - il sud, da
Desenzano, in Lombardia, a Sirmione, Pozzolengo, Lonato e Peschiera, nel Veneto - per
capire se, da queste parti, è possibile unire al piacere degli occhi, del clima, alle
attrazioni culturali e naturali [ruderi, vecchie chiese, ricordi dello smagato Catullo],
anche il divertimento di scoprire dell'altro. Quasi inevitabilmente ci siamo ritrovati ad
andare in giro ad assaggiare vini. Volevamo soprattutto capire in quale modo le vigne
posate sulle rive del lago si sposassero con la massa d'acqua che incombe, perché dalla
scuola ricordavamo quei versi [di Catullo appunto] che dicevano : "E tu via di qui,
vai dove ti pare, acqua, peste del vino: va' dai cauti bevitori" [Canti, 27]. Per
cui, anche per questo, avevamo curiosità di assaggiare i D.O.C. del lago, che sono, come
si sa, il Bardolino [tra i pochi vini che sappia andare a letto anche con la pasta, ottimo
coi risotti] e il lugana [vino ittico che sa giocare anche da pivot come aperitivo]. Ma la
prima vera rivelazione della nostra gita [per noi che non siamo né turisti né
viaggiatori, gente che passeggia per farsi attirare e sedurre, convinta da tempo, come
scriveva Leopardi, che "il dilettevole sia più utile dell'utile"] è stata lo
scoprire che qui è possibile costruirsi itinerari andando a cercare - come altrove si va
per funghi, ruderi e scavi - non solo bettole e trattorie, ma anche vigneti e cantine.
Basta telefonare, prendere accordi, comportarsi con quei modi che ci insegnò la mai
troppo compianta maestra delle elementari, e si possono incontrare vignaioli affabili e
allegri - che in genere sono anche simpatici e imprenditori - che ti aprono porte e ti
accolgono con quel senso mediterraneo dell'ospitalità che, appunto, diletta. Così ci si
accorge di poter mescolare passeggiate sulle rive del lago [tenute come la siura
Petronilla faceva coi suoi gerani sulla terrazza], e sulle berluscose [cioè ridenti]
colline, a piacevoli viste alle cantine che aspettano visitatori interessati all'assaggio.
Noi, per rispetto all'anzianità, abbiamo bussato per prima alla
cantina Bertani che è l'azienda più vecchia della zona [opera dal 1857]. Questa azienda
nasce nel gelidume della Valpantena, luogo di sguardi introversi, ed è stata a lungo la
bella addormentata dell'olimpo enologico veneto. Si sta svegliando oggi: messi al volante,
da qualche anno anni, due simpatici manager la Bertani ha ricominciato a marciare con
grande dinamicità e vitalità. Tanto che già oggi - pur restando ancora aggrappata
all'atmosfera di un passato un po' aristocratico ed esclusivo - è una macchina capace di
produrre un milione e 700mila bottiglie all'anno, in tre stabilimenti. Visitare Bertani è
un mettersi a mollo in un maremagno di cose moderne e antiche, che insieme fanno oltre un
secolo di storia dell'uva. Le cantine sono musei tappezzati di botti e bottiglie fasciate
dalla polvere e da un odore di vecchio legno come nelle chiese del Tirolo. Sono cunicoli
freschi, cupi caveau zeppi di tini e di barrique, messi con lo stesso ordine con cui alla
banca d'Italia pare tengano le mazzette dei centoni.
A Novare la visita comincia dalla settecentesca villa Bertani, passando
per il giardino impennacchiato di palme, oleandri e ulivi attorno al grande laghetto, che
è una piccola Versailles dedicata al bere. Qui lo charme è nel sentire che, attorno al
pretesto del vino, i Bertani sono stati capaci di costruire l'immensità di questi spazi e
la molta profondità di un tempo che è storia, memoria, nostalgia. Poi c'è la struttura
di Grezzana di Valpantena: un'architettura spagnoleggiante, di color panna e sangre de
toro, con patii e portici che sembrano risuonare di nacchere, dove c'è il cuore della
Casa vinicola: antiche strutture, vecchi contenitori per le tecniche tradizionali della
vinificazione, uniti all'acciaio lucido e alle nuove tecnologie della sperimentazione e
della ricerca. E qui [dove c'è anche il centro di imbottigliamento e di spedizione], come
pure nella villa di Novare [Arbizzano], ci sono i granai dove viene fatto l'appassimento
delle uve per l'amarone. Nelle cantine di Grezzana riposano invece tutte le annate di
questo vino, dalla prima, quella del '58, mai andata in commercio perché troppo dolce,
alle ultime più fortunate: tredici annate chiuse in 200 mila bottiglie di riserva [dal
1959 in poi] che aspettano di essere stappate. A Grezzana c'è anche, sepolta tra ulivi e
cipressi, Villa Arvedi [non aperta al pubblico ma visitabile rivolgendosi a Bertani] che
è uno degli esempi più antichi di villa veneta con giardino all'italiana.

Salendo verso il lago [dopo una puntata a San Vigilio, che è l'angolo
più bello di tutto il Garda e il punto più estremo d'Europa dove crescono i limoni],
c'è Bardolino con un piccolo ma interessante museo dell'olio, realizzato dall'oleificio
Cisano del Garda, con una simpatica spiega dei più antichi sistemi di spremitura delle
olive, cui fa da pendant, a pochi chilometri, sulla collina, il museo del vino delle
cantine Zeni, in cui, saltabeccando nei secoli, dai vasi della Magna Grecia ai tini e le
botti dei nonni, si arriva - per far sì che tutto si concluda in gloria - ai prodotti di
oggi, in vendita e in libera degustazione. Ma, arrivati al museo, conviene fermarsi anche
a visitare la cantina Zeni, coi suoi diecimila quintali di uva vinificati per riempire un
milione di bottiglie, suddivise in tre linee distinte per provenienza ed età dei vigneti.
Passeggiando tra le tiritere dei vigneti ci si accorgerà che questa è
terra arata, qualche era fa, dai ghiacciai. Un suolo assetato, duro, ghiaioso, ricco di
minerali, impastato alla creta, all'argilla, da cui esce, insieme al Bardolino, il Lugana.
Chi ne voglia assaggiarne uno di grande qualità vada a Peschiera del Garda, alla frazione
S. Benedetto di Lugana, a visitare l'azienda Zenato. I titolari - Sergio, Nadia e Alberto,
viticoltori e produttori di vini dal 1930 - dal Vigneto Massoni, ricavano le uve di
trebbiano usate per questo vino bianco pallido, con riflessi verdi e giallognoli, le cui
virtù organolettiche, sono sembrate quelle di aver dentro la grande eleganza della
signora delle Camelie e l'allegria della Vispa Teresa. Cantina di notevoli dimensioni [un
milione di bottiglie di cui buona parte esportate, soprattutto in Europa, Usa e Giappone]
la Zenato fa una selezione tra i classici veronesi, del Garda e della Valpolicella, e
altri prodotti, come un cabernet sauvignon della azienda Santa Cristina di Peschiera, con
oltre 20 ettari di vigneti stravaccati su un terreno cretaceo argilloso, che dà un lugana
D.O.C., ancora più pimpante del lugana tradizionale.
Poco più in là - a un pugno di chilometri da Sirmione - c'è Ca' dei
Frati, azienda storica dei vignerons Dal Cero, con venti ettari di viti in due
appezzamenti. Chi si aspetti, arrivando qui, olezzi conventuali, frusciare di sai e
cicalecci da presbiterio, resterà deluso. I monaci sono smammati da tempo. Il nome
dell'azienda si collega infatti a un antico accampamento di carmelitani scalzi che avevano
piantato vigne da queste parti e avevano coltivato uva fino alla fine del settecento. Ma i
miracoli sono cominciati nel 1940, quando la famiglia Dal Cero emigra dalla provincia di
Verona a Sirmione, reimpianta i vigneti e, nel 1969, inaugura il primo imbottigliamento di
un Lugana con il nome e il marchio aziendale. Oggi i Dal Cero hanno una bella casa di
mattoni, sepolta sotto i gerani. Là in mezzo c'è anche la cantina dove si fa l'ottimo
Lugana Brolettino [vivace e ed elegante, dal punto di vista organolettico, quanto, più o
meno, una Catherine Deneuve che balla la samba con Carmen Miranda e Paperino] e uno
strepitoso Pratto, che è chardonnay e sauvignon della vigna omonima. Affascinante la
cantina, con ambienti antichi ben restaurati, cornici affrescate, luci soffuse, dove
basterebbe un canto gregoriano da un altoparlante per sentirsi di nuovo caduti tra le
grinfie dei frati scalzi del Carmelo.
Per completare il tour siamo infine andati verso sud, alle aziende la
Cavalchina e la Prendina. La prima è a circa sette km dal casello di Sirmione, dove
Luciano Piona ha ereditato dal nonno e dal padre l'azienda. La seconda [acquistata agli
inizi degli anni '60] è invece in bilico sui Colli Morenici mantovani, a cavallo di due
regioni, Veneto e Lombardia. Sono due piccole aziende che risentono della buona vicinanza
del lago. Qui, nel 1932, furono sperimentati nuovi vitigni [cortese, garganega, trebbiano,
malvasia] da cui, nel 1962, si arrivò alla nascita del bianco di Custoza. L'azienda -
abbarbicata ai colli delle schioppettate risorgimentali fatte per unire l'Italia, da
Courmayeur a Taormina - produce anche Bardolino, Cabernet, Sauvignon, Tocai, Pinot Bianco
e Riesling Rpenano.
Bertani
Arbizzano di Negrar
loc. Novare
tel. 045/6011211
Zeni
Bardolino
via Costabella, 9
tel. 045/7210022
Cavalchina
Custoza
loc. Cavalchina
tel. 045/516002
Ca' dei Frati
Lugana di Sirmione
via Frati, 22
tel. 030/919468
La Prendina
Mozambano
loc. La Prendina
tel. 045/516002
Zenato
S. Benedetto di Lugana
via San Benedetto, 8
tel. 045/7550300
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