Elogio dell'io bambino
Domingo Notaro con Claudia
Hassan
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Il legame fra arte e scienza
Tu sei un io bambino con molti più secoli sopra la tua statura
umana.
E' Pablo Picasso che parla. E' il 1972. L'io bambino è
Domingo Notaro, pittore, scultore e poeta. Dopo qualche decennio
Domingo Notaro afferma: "l'umanità soffre d'infantilismo e ha
abdicato all'io bambino. Ha rinunciato allo stupore, all'emozione
motore del pensiero. Il normale desertifica, impedisce di fare della
vita un bozzolo germinale".
Caffè Europa ha incontrato Domingo Notaro e ha attraversato il
suo percorso artistico e umano
Le radici
Sono nato in Calabria e da lì sono partito per l'Argentina. Ero
bambino, non era un'avventura. Certe cose le dico con trepidazione,
perché mi sembrano troppo grandi per un bambino. Per me partire era
un tradimento. La mia terra mi stava tradendo. Non capivo il perché.
Era uno sradicamento. E la mia inadeguatezza ha fatto il resto.
Poi c'è stata la partenza per il collegio e di nuovo non capivo il
perché. Era una grande ingiustizia. Mi cacciarono via e solo allora
potei iniziare a dipingere. Ma mio padre mi stava sistemando in
un'azienda e sosteneva che potevo continuare a dipingere. Sarebbe
stato il mio hobby. E allora me ne andai dalla casa paterna.
La nascita
Sono nato solo quando ho potuto recuperare le mie radici rientrando in
Italia. Questa nascita all'arte è avvenuta attraverso il recupero
della mia storia. Ho capito che non avevo alternative, che la mia
scelta era quella di non scegliere, di donarmi completamente alla
pittura.
Riattraversare l'oceano per me è stato un secondo parto, un'ulteriore
sacca amniotica. In Italia hai la sensazione che l'uomo e la sua
cultura siano ovunque, in America Latina la natura ha il sopravvento.
Amo moltissimo Buenos Aires alla quale devo molto, ma appena arrivato
a Firenze ho visto le opere di Michelangelo, e Leonardo e ho sentito
un'urgenza: chiamiamolo destino.
Le nostre radici sono antiche e devono essere ben nutrite
Si cresce con ali e con radici, senza radici non abbiamo desideri;
Lo sradicamento è grave, perché gli rubi anche le ali.
L'artista
La madre è la conoscenza. Nella donna riconosciamo perché
attraverso di lei abbiamo conosciuto. Nella società è invece
l'artista che svela, che induce. L'artista restituisce quello che gli
viene, che è degli altri e poi non gli appartiene più.
La pittura è l'induzione a essere desti
Il destino è l'attenzione verso gli altri e verso se stessi.
Siamo un attimo del totale.
L'arte non è necessaria. E' indispensabile.
L'arte è la religiosità degli eretici dell'inespresso lampo, è la
poesia.
Il maestro
Imparo da tutti, non solo da chi sa disegnare, anche dalla gente
comune. Ma non mi sento allievo di nessuno. Probabilmente il mio
maestro poteva essere Dio, ma l'ho immediatamente disconosciuto, mi
sembrava una cattiva invenzione degli uomini.
Le opere
Partiamo dagli anni '60, anzi dal 1964. Con la Non-pittura sembra
operare uno sconvolgimento totale della struttura. Viene a mancare il
supporto, la superficie. Dopo Freud, dopo Einstein, non possiamo
pensare ad un cosmo pieno di galassie. Vorrei fare un esempio:
proviamo a gonfiare un palloncino, lo spazio interno e quello esterno
sono vuoti. Quello che sta in mezzo è la materia. La dove è avvenuta
l'esplosione il colore si espande. Nella Non-pittura accade che al
centro del foglio bianco ci sia un rettangolo vuoto, e la pittura si
svolge fuori del rettangolo.
La Non pittura era una polemica costruttiva. Quando sono arrivato in
Italia c'erano i figurativi e gli astratti, gli impegnati e quelli che
non lo erano. Mi sembrava una distinzione fuori luogo. Nelle opere
della preistoria l'arte figurativa e quella astratta sono coeve. Mi
sentivo inadeguato, non capivo il senso di queste scuole. Il problema
era altrove.
Uno dei fili conduttori delle mie opere è il cosmo, la scienza. Penso
alla serie Pluridimensione del 1975 dove lo spazio della tela
è quasi diviso tra astrazioni stellari e figure danzanti ed un vuoto
centrale corrisponde al vuoto esterno. Ogni scoperta mi appassiona.
Ogni nascita è una cacciata - dall’eden-placenta - dell’Uno dal
Tutto, sia che sia l’implosione pluriversale per l’universo o l’esplosione
del nucleo cosmico per la luce che feconda la vita o i mille mutamenti
per la Specie o la sacca amniotica per l’individuo. Nella serie
della Pluridimensione contemplo un'ulteriore relazione tra
micro e macrocosmo. C'è un parallelismo: tu sei un individuo della
specie umana, e al contempo sei una galassia di cellule della specie.
Perché sia chiaro il concetto, quando la gente pensa all'universo
pensa ad un pieno, che le stelle siano dappertutto. Se ci atteniamo
alla teoria del big bang c'è questa piccola porzione di spazio-tempo
pieno di materia che si sta espandendo, c'è un buco perché la
materia sta tra due buchi un macrobuco, e un micro buco interno.
Negli anni '90 ho spostato il mio osservatorio, non sono più nel
pianeta terra, mi colloco, subito dopo l'esplosione del big bang. La
fluidità della materia che si espande con diverse temperature e
inizia a colorarsi. Le opere di quel periodo si chiamano Caos-cosa-caso
o Il limite. Una volta c'era l'opera, adesso c'è la
soglia, l'affaccio verso il dentro e verso il fuori.
Fra le mie opere c'è anche qualche natura morta. È ancora possibile
fare una natura morta? Partiamo dal Caravaggio, che riusciva a
dipingere cose desiderabili, che suscitano il desiderio, e nello
stesso tempo di quella natura morta si nota la mela bacata, la foglia
accartocciata.
Caravaggio ci parla del desiderio, della vita ma anche della morte,
dell'ombra. Prendiamo la natura morta del Caravaggio oggi: il cesto di
frutta non avrebbe nessuna ammaccatura, ma sarebbe radioattivo. Il mio
dovere è quello di riprendere cose invisibili, attraverso
l'ambiguità della forma, la sproporzione. Perciò è non solo
possibile, ma addirittura doveroso creare nature morte.
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