Un workshop alla Società Geografica
Italiana
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Giovedì 26 settembre presso il Palazzetto Mattei in Villa
Celimontana a Roma si è tenuto il workshop Postmoderno e
geografia organizzato dalla alla Società Geografica Italiana.
Esiste un modo postmoderno di rappresentare i luoghi e gli
spazi? E, se esiste, in che termini si differenzia dal modo moderno?
La questione è oggetto di un ampio dibattito, che da ormai una
generazione sta coinvolgendo le scienze umane, le scienze sociali e,
in particolare le scienze del territorio, dall’architettura alla
geografia. La nascita del postmodernismo, infatti, si fa risalire
all’alba degli anni Settanta, quando alcuni architetti e urbanisti
cominciarono a confutare il razionalismo che connotava il modo di
progettare edifici e di pianificare le città, di cui Le Corbusier
era stato l’esponente di maggiore spicco. I tentativi per
progettare case e città che non fossero soltanto “macchine per
vivere”, ma che si rivolgessero anche alle componenti non
materiali dell’esistenza umana, costituì la molla più efficace
per creare nuovi modi per progettare e rappresentare.
Poco più tardi, a metà degli anni Ottanta, i geografi affrontarono
lo stesso problema. La geografia che si era sviluppata dagli anni
Cinquanta in poi era stata dominata dallo strutturalismo, in base al
quale il territorio -dalla città alla regione, dagli spazi
nazionali a quelli multinazionali- era rappresentato come un insieme
di strutture in cui gli elementi erano connessi gli uni agli altri
da nessi di causalità. Con quell’impostazione il geografo aveva
perso gradualmente sensibilità per gli aspetti più umanistici del
territorio, quelli che toccano da vicino l’esistenza umana. Il
postmodernismo in geografia fu dunque, prima di tutto, una
ribellione, allo stesso modo con cui lo fu nelle altre scienze del
territorio, e si manifestò nella ricerca di nuove strade. Si
riprese in considerazione un tema classico, quello del paesaggio, ma
affrontandolo da una prospettiva umanistica: il paesaggio cominciò
a essere inteso soprattutto come un prodotto dalla cultura. Si
ricominciò a considerare l’identità dei luoghi; si fece strada l’esame
dei simboli e dei valori che le comunità umane attribuiscono a
luoghi, spazi e così via.
Oggi il dibattito su questi temi -se e in quali termini sia
possibile rappresentare la realtà territoriale, soprattutto i
luoghi, a misura delle nostre condizioni esistenziali- vede in campo
protagonisti di varie discipline: non solo geografi e urbanisti, ma
anche sociologi, filosofi e semiotici. Al workshop di giovedì 26
alla Società Geografica Italiana sono intervenuti Claudio Minca,
Adalberto Vallega, Giuseppe Dematteis, Vincenzo Guarrasi, Tiziana
Villani, Gabriele Zanetto, Angelo Turco, Eugenio Turri, Massimo
Quaini, Claudio Cerreti, Giandomenico Amendola, Luisa Bonesio,
Giuseppe Imbesi, Mario Morcellini.
Il link:
Il sito della Società Geografica Italiana
http://www.societageografica.it
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