I commenti dei lettori
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I commenti dei lettori
Da: Roberto Piccoli <rpiccoli@iol.it>
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it>
Data: Lunedì, 25 giugno 2001 17:46
Oggetto: PROPOSTA
AMATO
Ho trovato utile la sintesi che Giancarlo Bosetti ha proposto del “progetto
Amato”. Le tappe che la “levatrice” di questo processo di
confluenza delle varie “botteghe e botteghini” in una nuova e più
grande forza del socialismo riformista - compatibilmente con le
prudenze che sono d’obbligo in un’opera così complessa -
risultano intelligibili e ragionevoli.
Personalmente ho condiviso e sostenuto praticamente da subito l’ipotesi
di lavoro, anche perché appartengo alla schiera di coloro i quali non
se la sentono di “affiliarsi a una delle botteghe esistenti” e,
sia pure in maniera non indolore, preferiscono tenersi alla larga
dalle logiche annesse e connesse. Per la semplice ragione che
adeguarsi sarebbe una forzatura ben più difficile da digerire.
Ma quello che Bosetti non chiarisce, né potrebbe, dal momento che
neppure Amato lo ha matto nella circostanza cui si fa riferimento (l’incontro
promosso da Reset, Le ragioni del socialismo e Mondoperaio), è se un
progetto tanto giustamente ambizioso che supportato da una riflessione
che affronti e dia delle risposte ampiamente condivisibili ad
interrogativi che riguardano le coordinate “culturali” (o se si
vuole “filosofiche”) del progetto medesimo.
Questione che, ancor più che gli aspetti politici e programmatici,
già di per sé difficili da portare a sintesi, può a mio avviso
costituire un ostacolo formidabile al processo di confluenza da parte
di “identità” storicamente e, appunto, culturalmente piuttosto
lontane tra loro. Mentre le pur legittime aspirazioni di una sinistra
non estremista che intende candidarsi in maniera pienamente
convincente alla guida del Paese, di per sé, non possono interessare
più di tanto la società civile e il corpo elettorale.
Se, insomma, più o meno tutti desideriamo superate le diatribe del
passato, occorre accertarsi se siamo anche disposti a fare un passo
avanti rispetto a quel tanto o quel poco di “nobile” e comunque di
non strumentale quelle diatribe pur sempre sottendevano, cioè l’idea
generale di società e di stato. Con ciò che ne conseguiva, molto
concretamente, per la vita quotidiana del cittadino.
Sollevare la questione è forse mettere immediatamente in crisi l’ipotesi
di lavoro? Personalmente non credo, anzi, credo sia vero esattamente
il contrario. Ma certo ci vuole molto coraggio e molta determinazione.
E non penso che a Amato queste qualità facciano difetto.
Per uscire dal vago, direi che una domanda “banalissima” come “che
cosa si intende veramente per riformismo?” può essere con successo
elusa o aggirata a livello di propaganda, un po’ meno in termini di
“programmi”, molto meno in termini culturali, ancor meno (cioè
quasi per niente) dal punto di vista delle ricadute sulla vita
quotidiana, sia del singolo sia della società e dello stato.
Cosa vuol dire, tanto per fare un esempio, una frase fatta (oltre che
una necessità pratica) come “abbandoniamo gli ideologismi e
confrontiamoci con i problemi concreti del nostro tempo”? Significa
forse - a volerla mettere in termini filosofici - andar oltre il mondo
della filosofia storicistica successivo ad Hegel, come un sostenitore
del «Pragmatismo americano» quale Richard Rorty auspica?
Significa chiamare a testimoni, come fa appunto Rorty, tanto un
liberal del calibro di Dewey quanto un Heidegger che ripudia la
filosofia “als strenge wissenschaft”, come disciplina
argomentativa, ecc.? Significa avvertire la necessità di una
ridefinizione del liberalismo di sinistra come impegno a far sì che
tutta la cultura possa essere poeticizzata invece che
illuministicamente (l’ Aufklaerung!) razionalizzata o
scientificizzata - e con tanti saluti ad Habermas?
Mi rendo perfettamente conto che forse una parte consistente della
cultura di sinistra in Italia ignora che è sicuramente lecito vedere
nel “pragmatismo”, di Dewey in particolare, un equivalente
americano della tradizione riformista europea, o se si preferisce un
cocktail di socialdemocrazia e liberalismo di sinistra. Certo non lo
ignora Nadia Urbinati, di cui, se non ricordo male, mi è capitato di
leggere qualcosa sulle pagine del “Caffè Europa”. Questa studiosa
ha scritto un bellissimo saggio (Individualismo democratico. Emerson,
Dewey e la cultura politica americana) che aiuta sicuramente a capire
come e in quale misura una migliore conoscenza della “cultura
politica” americana, e delle sue radici emersoniane e deweyane
appunto, potrebbe tornarci utile, fatti i dovuti distinguo, anche in
un momento come questo.
Ma quello che vorrei auspicare è che se si deve fare “un dibattito
vero” - dentro e fuori congresso dei DS - lo si faccia anche su
questioni come queste. Non per fare dell’accademia, ma proprio per
non caderci dentro senza accorgersene.
Roberto Piccoli
Da: Corrado Oppedisano <gruppo.sdi@regione.liguria.it>
A: "'caffeeuropa@caffeeuropa.it'" <caffeeuropa@caffeeuropa.it>
Data: Martedì, 26 giugno 2001 8:48
Oggetto: un pensiero
http://www.caffeeuropa.it/attualita02/attualita-bosetti.html
Sono un vice segretario della federazione di genova dello sdi.
Ho aderito all'iniziativa del presidente sui comitati riformisti
poichè credo conclusa la storia, anche gloriosa se vogliamo, del
socialismo e del comunismo italiano.
Ero giovanissimo, quando entrai a far parte del partito socialista,
vecchie strutture cariche di organi e dense di proclami e documenti,
quasi a far divenire la politica una "questione di vita".
Oggi ho 37 anni e mi sento così lontano da un modello politico in
vera sintonia dei tempi.
Casualmente, dopo essermi candidato alle elezioni politche per il
girasole, ed aver seriamente pensato di fare dell'altro, studi,
ricerche viaggi, ho avviato da buon "internettista" la
ricerca on-line delll'interesse di Amato a che la sinistra in Italia
iniziasse a viaggiare su un nuovo binario. Un binario che passa
attraverso l'Europa dei popoli con la storia, ma con le ragioni dei
giovani.
Due cose fondamentali stanno alla base del concetto suindicato: la
prima tratta la costituzione di una nuova sinistra fondata sui
principi delle giovani generazioni avviandola ad un forte sistema
biopolare. La seconda la federazione con la margherita che non ha più
ragione di essere lo specchio dei popolar liberali europei. Non vi
sono secondo me preclusioni ma la casa dell'internazionale socialista
è grande e difforme, è democratica.
Il passaggio oggi piu' delicato credo sia riunire le idee dei giovani
della sinistra per creare una forte aderenza sulla vecchia guardia che
schiaccia di fatto l'avvento delle riforme all'interno della sinistra.
Basta con la storia gloriosa, non ci ascolta piu' nessuno, anzi è
materiale su cui litigare in modo sterile. Il comunismo e il fascismo
sono ideologie superate dai tempi noi siamo e saremo sempre
antifascisti ma non deve diventare l'iniziazione deli giovani che
vogliono fare della politica la loro fonte di comunicazione.
Amato deve al piu' presto far convergere in Italia, e lui puo' farlo,
una grande manifestazione dei giovani socialisti europei che
"carichi" concretamente i nostri giovani e "
delegittimino" il vecchio potere della politica.
Non so se ci troviamo alle soglie di un nuovo 68, io non l'ho fatto ma
i miei fratelli si, e loro mi hanno sempre trasmesso il pensiero
romantico delle proprie idee e le battaglie per il bene di tutti
contro il potere di pochi. Noi, ai giovani in primis dobbiamo
trasmettere la sicurezza di stare con loro e di costruire insieme gli
strumenti per difenderci o partecipare a questa nuova rivoluzione che
si chiama globalizzazione.
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