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Ecco il progetto di Amato per
rigenerare la sinistra
Giancarlo Bosetti
Adesso
e’ chiaro che l’obiettivo che Giuliano Amato ha in mente e’
quello di unificare la sinistra italiana. La levatrice e’ all’opera
per un parto che dovrebbe scodellarci, per intanto, un gruppo di
pressione che faccia sua questa missione controcorrente e contro gli
istinti scissionisti che affliggono la storia nazionale. Ecco qual e’
il primo stadio del suo progetto. Il nuovo riformismo italiano o sara’
unito o non sara’ per niente.
Non chiamiamolo Epinay (dal modello riunificatorio di Mitterrand)
perche’ la parola e’ sconosciuta ai piu’, contentiamoci di “lobby”.
Facciamo, dice Amato, una lobby di giovani beneintenzionati. Ci sono
dirigenti politici trentenni - come ha spiegato ieri mattina all’incontro
promosso da tre riviste riformiste, Reset (diretta da chi vi
scrive), Le ragioni del socialismo (diretta da Emanuele
Macaluso) e Mondoperaio (diretta da Luciano Pellicani) - che
vogliono fare politica per la sinistra, che ragionano nello stesso
modo e che non hanno piu’ alcuna intenzione di appassionarsi ai
motivi che hanno diviso i loro padri, tra Craxi e Berlinguer, quasi
come guerre di religione: metti per esempio la scala mobile nell’84.
Amato vuole convocarli e offrire loro un modulo “comune di lavoro”,
una qualche via d’uscita dal gioco delle “quattro botteghe”, che
allo stato dei fatti costringerebbe un giovane progressista che voglia
far politica con la sinistra a iscriversi a una delle “botteghe”,
e dei “botteghini”, ciascuno dei quali trincerato nella orgogliosa
difesa delle proprie gloriose radici. Le quattro botteghe sono i Ds e
le altre formazioni scaturite dalla tradizione socialista. E il primo
passo del progetto di rigenerazione della sinistra che Amato ha in
mente, e che a questo punto si puo’ dire ha squadernato, e’ un
impulso in direzione dell’unita’: un processo unificante che
dovrebbe avere una sua sistematica gradualita’.
Il primo gradino da salire, per poter dire che le cose cominciano
bene, e’ che un certo numero di persone dichiari di volerlo, questo
processo, senza chiedersi prima che cosa ne pensano D’Alema,
Veltroni, Boselli e tutti gli altri leader. Se non lo si vuole,
insomma, non si andra’ da nessuna parte.
Il secondo gradino e’ quello del congresso dei Ds. Chi vuole veder
trionfare la “lobby” dell’unificazione e metter fine alla logica
suicida dello sparpagliamento deve aver chiaro come dovrebbe andare a
finire quel congresso (presumibilmente sotto la guida di Piero Fassino,
che e’ venuto a seguire attentamente il discorso di Amato): una
conclusione ponte, un esito non definitivo, ma transitorio.
E il terzo gradino sarebbe proprio quello del “transito” dei Ds e
di tutte le altre botteghe dentro un consorzio piu’ grande, una
decisione di “confluire”. E’ chiaro che al terzo gradino, quello
della confluenza, il progetto di Amato si trova di fronte la reazione
dei “corpi” politici che sentono minacciata la loro esistenza, la
radici della storia e tutto il seguito di reazioni esistenziali che
ben conosciamo. E che si tratti di corpi da uno o da sedici per cento
dei voti non fa molta differenza. Sia I piccoli che I grandi si
possono mettere per traverso.
Qui Amato dovra’ vedersela con le forze resistenti e giocare da “esterno
interessato” la partita piu’ importante, quella dei Ds, dove ha di
fronte il problema D’Alema, cui chiede due cose per il presidente
dei Ds non semplici, se si considera la sua perdurante posizione di
forza nel partito ed il suo carattere di leader che non ama stare in
seconda fila: la prima, assecondare questo processo, favorirlo, non
intralciarlo, come potrebbe; la seconda, farsi da parte, togliersi per
un po’ dalla prima linea e consentire una svolta, che sara’ anche
necessariamente un cambio di volti, un cambio di stile.
D’Alema, da parte sua, ha cominciato una riflessione critica su due
questioni cruciali degli anni passati: la sua successione a Prodi alla
guida del governo (lo ha fatto pubblicamente in un forum dell’Espresso)
e I suoi attacchi all’Ulivo prima e dopo Gargonza, ma non puo’
immaginare che una “autocritica del capo” come questa, che pure e’
un segno di vitalita’ intellettuale, sia sufficiente a rigenerare la
sua immagine e a purificare il clima dopo che tanti scontri e tante
risse si erano consumate inutilmente su quegli argomenti.
A chi obbietta che questa missione e’ impossibile, elencando le
difficolta’, Amato puo’ rispondere che e’ difficile immaginare
un brillante futuro per le botteghe e I botteghini se non adotteranno
la prospettiva della confluenza. Evocare il fascino del socialismo
europeo non porta molto lontano se qui da noi non si riesce a imitarlo
proprio nella sua capacita’ di unificare I progressisti delle grandi
nazioni europee. Sia I piccoli che I Ds devono stare a questo
gioco, se tengono al futuro di una sinistra capace di conquistare I
consensi e il governo.
Se il disegno della confluenza non si realizzera’, restera’
soltanto la possibilita’ di affiliarsi a una delle botteghe
esistenti; prospettiva molto poco interessante per chi non voglia
limitarsi a testimoniare. Testimoniare in perpetuo, rendendo onore ai
meriti storici dei propri “compagni”, mentre la destra, in
perpetuo, si installa a governare?
Detto dei primi tre gradini, rimane il quarto: l’alleanza di questa
sinistra fortificata con la Margherita e le altre componenti dell’Ulivo.
Se mai riuscisse il miracolo della “lobby” unificatrice di Amato,
il centrosinistra ne ricaverebbe enormi vantaggi. E che poi una
formazione piu’ compatta dei riformisti italiani possa competere con
gli alleati per la scelta del premier e’ nell’ordine delle cose
ovvie (come e’ avvenuto nella alternanza dei candidati sindaci, e
dei sindaci, o Roma o Torino, tra Rutelli e Veltroni, tra Castellani e
Chiamparino). Ma nemmeno si puo’ escludere che la coalizione, oltre
a consolidarsi con vari strumenti di coordinamento possa unificarsi e
diventare un unico organismo politico. Ma qui siamo gia’ nella fase
cinque. Andiamo per ordine.
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