Testimonianza sul campo
Maria Teresa Cinanni
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Testimonianza sul campo
Rai Educational/Democrazia ed
educazione
Poiché, come la maggior parte dei giornalisti, non mi posso
permettere di vivere di soli articoli, rivesto spesso i panni
dell'insegnante di scuola elementare e media o, sarebbe più corretto
dire, della scuola primaria. E i mini sondaggi che per deformazione
professionale effettuo sul campo, mi hanno palesato una realtà un po'
particolare.
La stragrande maggioranza degli studenti tra i sei e i tredici anni,
primi referenti della nuova riforma, ignora completamente anche il
significato stesso della parola, e se poi aggiungi il nome di De
Mauro, domandano chi sia. Ma, paradossalmente, pur non conoscendone
testi e programmi, la maggior parte di loro mette già in pratica la
riforma, e volenterosi, ma disorientati insegnanti cercano di
svecchiare il proprio metodo con corsi di aggiornamento, lettura e
rilettura di stralci di giornali e... computerizzazione, se così
possiamo definire il tentativo di avvicinamento degli allievi ai pochi
computer disponibili.
Il problema è che, nonostante l'immediata attuazione prevista per la
riforma, la buona volontà della maggioranza dei docenti e la
curiosità degli alunni, i tempi non appaiono ancora maturi. Ciò è
confermato proprio dai metodi stessi che molti insegnanti adottano in
questa fase di interim e dalle loro difficoltà di fronte alle
comunità eterogenee, quali si avviano a diventare la maggior parte
delle classi italiane.

L'integrazione di bambini di nazionalità diverse, ad esempio, è
quasi automatica e avviene in modo tranquillo per gli studenti, ma è
più problematica per i docenti che tendono ad assumere nei confronti
dei non italiani un atteggiamento diverso: a volte di prevenzione,
più frequentemente di apprensività ed eccessiva attenzione. Così lo
scolaro albanese piuttosto che rumeno riceve spesso più coccole, più
comprensione per una sua marachella o per i compiti non svolti dei
compagni italiani e gli studenti extracomunitari, non comprendendo il
motivo (parliamo di studenti di scuola elementare) di questo
trattamento particolare, si sentono spesso autorizzati ad assumere un
comportamento meno corretto.
Testimoni tra tutti: Dylan ed Elvis, due bimbi rom della II B della
scuola elementare Merelli a via Malvano (via Orti della Farnesina) nel
cuore della Roma bene. Mentre i compagni seguono le lezioni quotidiane
e svolgono i loro compiti, i due piccoli nomadi sono autorizzati a
disegnare, poiché non sanno ancora scrivere nemmeno il proprio nome.
Incapaci? Tutt'altro! Dylan soprattutto è dotato di una fervida
fantasia che lo porta ad inventare storie e personaggi di non
trascurabile interesse creativo, si entusiasma nel rappresentare ciò
che ha appena inventato e, dopo un po', afferma che gli piacerebbe
poter scrivere quella storia, come stanno facendo tutti i suoi
compagni. Non imparerà ovviamente in un giorno, come con grande
ingenuità lui pensa di poter fare, ma ha voglia di apprendere, si
impegna per riuscirci, scardinando così lo stereotipo di
"innata" svogliatezza finora rinfacciatogli. E nel frattempo
si diverte a rendere gli altri partecipi delle sue fiabe fantastiche.
Che c'entra tutto questo con la nuova riforma? Beh... se per italiano
si intenderà d'ora in poi lo studio delle diverse espressioni
linguistiche, allora ci siamo in pieno! Dylan e la II B hanno appena
messo in pratica una lezione della riforma De Mauro. Il bello è che
non lo sanno.
Altra classe, altri studenti. Siamo nella V A della stessa scuola
durante l'ora di storia. La lezione di oggi è incentrata per puro
caso sul nazismo. Cosa conoscono del devastante fenomeno gli alunni? I
nomi, le date importanti, la tragedia della deportazione ebraica.
Qualcuno tra i più preparati ricorda anche la pessima situazione
economica in cui versava la Germania dopo la prima guerra mondiale e
quindi il facile attecchimento di un'ideologia che professava la
rinascita nazionale. Tutto il resto è buio totale.
Sono le ore pomeridiane, i bambini sono stanchi e non hanno una gran
voglia di fare storia. Beh... proviamo ad incentivarli! Sicuramente
alcuni di loro hanno visto La vita è bella o ne hanno sentito
parlare. Supposizione azzeccata, e allora iniziamo da qui. I piccoli
alunni cominciano ad interagire con le mie spiegazioni e, come tutti i
bambini, pongono mille domande. Nasce così un dibattito aperto, dove
le risposte devono essere date dagli altri compagni, io intervengo
solo nel caso in cui tutta la classe tace. Ma... è una bella
scolaresca, proviamo ad andare oltre.
Possibile che nessuno abbia mai ascoltato i racconti di nonni,
bisnonni e parenti in riferimento all'occupazione nazista di Roma? Non
l'avessi mai chiesto. Non smettono più di parlare! Scopro così che
uno dei bambini è il bisnipote di Natalia Ginzburg e ovviamente
conosce ogni cosa della storia di Leone Ginzburg e comincia a
raccontarla in classe, mentre altre due studentesse sono di origine
ebraica e dimostrano soddisfazione per le recenti celebrazioni del 27
gennaio, così almeno hanno sentito dire in famiglia.
"Perché?" domandano i compagni. Saranno loro stesse a
spiegarlo.
La loro ricettività mi entusiasma e propongo ancora qualcosa. La mia
altra professione impone un metodo infallibile: l'intervista! Propongo
agli alunni: perché non raccogliere le testimonianze degli anziani
del quartiere? Da qui ha origine un lungo discorso sul dovere e
l'importanza della memoria, gli studenti sono entusiasti, cominciano a
suggerire delle domande da fare e stendiamo un piano d'attacco.
Peccato che la mia supplenza duri un giorno soltanto.
"La lezione di storia non è mai stata così bella!" afferma
Matteo, che mi chiede l'indirizzo e-mail per inviarmi la sua
intervista, visto che non sa se mi rivedrà. Lo farà davvero! Dopo
quattro giorni trovo tra la posta un messaggio di "Matteo V
A".
Ah... dimenticavo: la lezione si è svolta quasi interamente in
cortile. I ragazzi avevano caldo e voglia di stare all'aperto. Perché
non accontentarli? In fondo a me basta che imparino e abbiano voglia
di farlo!
E' anche questa la nuova riforma? Beh... allora è tutta una questione
di metodo e passione. La ricettività, la curiosità, l'interesse
degli studenti sono di gran lunga superiori alle nostre aspettative,
basta soltanto spronarli un po' e giocare qualche volta secondo i loro
schemi.
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