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La legge 30/2000 che riforma i cicli scolastici è l'ultimo tassello
in ordine di tempo di una complessiva politica riformatrice collegata
alle politiche di bilancio, alla riforma della P.A. ed alle
innovazioni introdotte nell'ordinamento istituzionale. L'autonomia
delle istituzioni scolastiche, il nuovo esame di Stato, l'elevamento
dell'obbligo scolastico, l'obbligo formativo, la parità, l'istruzione
e la formazione tecnica superiore, infine il riordino dei cicli ed il
sistema dei crediti e dei debiti formano il nuovo sistema formativo
integrato pubblico (statale e paritario). L'importanza che
l'apprendimento individuale acquista nella società della conoscenza e
lo sviluppo della qualità globale del territorio hanno reso
indifferibile la riforma.

Solo una diversa architettura del sistema può
garantire la mobilità orizzontale e verticale (le cosiddette
"passerelle") necessaria per rendere effettivo il diritto al
proprio successo formativo. Questi obiettivi non potevano essere
perseguiti con il vecchio sistema centralizzato ed autoreferenziale,
elitario e di massa, che i vari interventi di aggiornamento hanno reso
ancora più discontinuo ed inefficiente. Ancora oggi il 5% degli
iscritti alla scuola media non consegue la licenza media mentre il 40%
degli iscritti agli istituti professionali abbandona gli studi (1991).
La riforma dei cicli ha unificato la scuola elementare e la scuola
media, riducendo di un anno la somma dei due segmenti con l'esplicito
obiettivo di contrastare gli abbandoni tra i due ordini scolastici,
evidenziati dalla maggiore selettività della scuola media. La
riduzione di un anno è motivata con l'opportunità di dare ai nostri
ragazzi le stesse opportunità dei loro coetanei europei che terminano
la scuola secondaria superiore all'età di 18 anni.
Il M.P.I. ha ritenuto tale riduzione compensata
dalla frequenza della "Scuola dell'Infanzia", frequentata
ormai dal 94% dei bambini. Il nuovo ciclo di studi assume il nome di
"Scuola di Base" e si struttura come un itinerario unitario,
da un apprendimento più globale (tipico della scuola elementare) ad
un apprendimento dei linguaggi formalizzati che caratterizzano le
discipline (tipico della scuola secondaria). La scuola elementare ha
storicamente fatto propria l'attenzione al risultato, alla
strumentalità dei saperi ed al soggetto che apprende ed alla sua
esperienza. Si è sempre caratterizzata per la grande apertura a ciò
che c'è fuori dalle mura scolastiche. I maestri finora sono stati gli
unici ad avere una formazione pedagogica e didattica nel proprio
curricolo formativo. La "Scuola di Base" è stata istituita
sull'ipotesi di trasferire a tutto il sistema i risultati positivi
(ciò che oggi sono definite le best practices) della scuola
elementare che, per altro, è il segmento del sistema scolastico
italiano più riformato, anche recentemente (1985 e 1990).
La creazione del modulo e delle aree disciplinari
facilita da un lato la percezione del profilo delle discipline,
favorendo il passaggio agli studi successivi, dall'altro lato supera
il maestro unico e stimola il lavoro di squadra. I contenuti, il
"programma", sono proposti in modo più realistico, mentre
nella secondaria sono stati dilatati, inseguendo le mode del momento.
La scuola elementare ha trattato i saperi, sforzandosi di farne
emergere il profilo epistemologico, finalizzandolo alla formazione
dello spirito critico, del pensiero riflessivo; all'abilità di
mettere in ordine, selezionare e connettere le informazioni. Il
curricolo è essenziale e le discipline, non più trascurate nella
loro pluralità, sono colte nella loro qualità di strumenti
ordinatori del sapere.
Il passaggio al secondo ciclo, ai Licei - che in un'ipotesi
ministeriale sono raggruppati in tre aree: classico-umanistica,
scientifica e tecnica tecnologica - è sostenuto, dall'ultimo anno
del primo ciclo ai primi due del secondo, da un insegnamento permeato
di didattica orientante, ovvero sviluppato sul confronto tra le
discipline, i saperi e le competenze. Il biennio del secondo ciclo
quindi introduce gradualmente ai saperi specialistici, privilegiando
una larga base comune che oggi è penalizzata soprattutto nei
professionali. Il biennio dei "Licei" è nella nuova
impostazione il segmento terminale dell'obbligo scolastico. Le stesse
discipline d'indirizzo debbono essere proposte nella loro funzione
culturale, pur nella loro specificità. Nel 1999 l'obbligo scolastico
è stato elevato a 15 anni, molti hanno criticato questa decisione che
anticipava la riforma. Il numero dei ragazzi che si sono iscritti alla
scuola superiore ha superato le aspettative: erano attesi circa 30.000
alunni in più, si sono iscritti in più di 40.500! L'obiettivo che la
scuola si deve proporre in questo momento di passaggio è la
prevenzione ed il contrasto della dispersione scolastica.
Occorre distinguere tra conoscenze disciplinari e le
competenze transdisciplinari, metacognitive: il ragionamento logico,
la comunicazione efficace, il problem solving, l'autovalutazione.
Queste ultime debbono essere privilegiate per assicurare la
flessibilità cognitiva utile al lavoro in ambiti disciplinari ampi,
sui quali nel triennio articolare le specifiche applicazioni richieste
dal mondo del lavoro. Il curricolo modulare, il sistema dei debiti e
dei crediti, quindi le "passerelle" (riorientamento guidato
verso altri indirizzi) rendono possibile la mobilità all'interno del
sistema, assicurando la reversibilità di una scelta affrettata o un
recupero/approfondimento disciplinare. Nel triennio d'indirizzo il
curricolo acquista una valenza più specifica, anche se l'imprinting
orientativo e metacognitivo della nuova scuola resta ("come e
perché sto imparando questo?"). In tutti gli indirizzi sono
previsti degli stage lavorativi.
Le istituzioni scolastiche autonome produrranno i
loro curricoli, scorporando dalla quota nazionale fino ad un 25% di
orario complessivo nel biennio ed anche più nel triennio.
L'orario dei Licei dovrebbe essere non superiore alle 1000 ore annue
(oggi nei professionali si arriva ad orari di 40 ore settimanali).
La riforma prevede una terminalità differenziata dopo il biennio
dell'obbligo: chi non vuole transitare al triennio d'indirizzo è
comunque soggetto all'obbligo formativo fino a 18 anni da assolvere o
nei centri di formazione professionale o in percorsi integrati
scuola/formazione professionale. Questa opzione dà diritto a
certificazione di compentenze ed a crediti da utilizzare eventualmente
per il rientro nel sistema scolastico o in altri indirizzi di
formazione professionale. Coloro che invece superano l'esame di Stato
possono accedere all'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore,
erogata dalle scuole in sinergia con l'Università, le Imprese e
l'Ente locale, attingendo ai fondi europei (Fondo Sociale Europeo),
una novità assoluta per l'Italia oppure possono iscriversi
all'Università.
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