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Verso la signoria?


Marco Vitale

 

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Le elezioni regionali hanno riportato l'orologio politico al 1994, con qualche differenza. Già allora il vento del berlusconismo, mascherato da liberalismo, aveva soffiato con una forza che sembrava invincibile. Il grande motore che alimentava questa forza era principalmente il bisogno del popolo della partita IVA di vivere in un paese meno rigido, burocratico e sindacale di quanto era caratteristico in un paese basato sulla fabbrica, sulla classe operaia, sulle grandi strutture pubbliche, un paese ormai da tempo scomparso.

Allora Berlusconi fu fermato principalmente da quattro fattori. Nell'ordine:

1) I suoi grandi errori su tutti i fronti: da quello della decenza elementare (la proposta di Previti a Ministro di Giustizia); a quello della sgangherata squadra di governo; a quello della violenza istituzionale (attacchi iniziali a Banca d'Italia e Rai); a una sconcertante politica economica, marcatamente peronista (il giudizio fu di Samuelson).

2) L'ostilita del mondo sindacale con le grandi mobilitazioni contro il governo.

3) L'ostilita internazionale, perché sul piano internazionale la plateale commistione tra interessi privati e pubblici che Berlusconi incarna era e continua ad essere considerata (a differenza del disinteresse che sul tema mostra la grande maggioranza degli italiani) come un fatto pericoloso.

4) L'invenzione dell'Ulivo e la leadership di Prodi che avevano permesso agli italiani che non volevano votare per Berlusconi, ma neanche per gli ex comunisti (non perche questi rappresentino un pericolo attuale, ma perche rappresentano una cultura obsoleta), di indirizzare il proprio voto a qualche cosa che appariva nuovo e potenzialmente capace di far emergere una nuova sintesi delle varie forze tradizionali, nell'ambito del centro sinistra.

Qual è oggi lo stato dell'arte in relazione a questi quattro fattori?

E' ragionevole pensare che Berlusconi, che è persona molto intelligente e, a differenza della maggiore parte dei leader della sinistra, capace di apprendere, non commetterà più gli errori del '94. Egli è, inoltre, certamente in grado di formare una squadra più solida ed esperta di allora. In più, e questa è differenza fondamentale, può contare sui presidenti delle più forti regioni del Nord eletti direttamente dai cittadini, oltre che sul sindaco di Milano che resta il centro economico del Paese. Dunque sotto questo profilo la sua posizione si è enormemente rafforzata. Se dovessi scegliere un emblema di ciò, prenderei il fatto che a Sesto San Giovanni (per decenni il santuario ed il fortilizio della sinistra operaista) ha vinto il centro-destra.

L'unico punto debole di Berlusconi è quello che sottolinea il Frankfurter Allgemeine: i suoi difficili partner. Non sarà per niente facile convivere con un personaggio come Bossi "amico di Haider". Come non sara facile trattare con un'"Alleanza Nazionale di Fini alla quale aderisce il Movimento neofascista".

Il secondo fattore, lo strapotere sindacale, resta il nodo centrale per tutti. L'abnorme peso politico dei sindacati è un'anomalia in un'economia post-industriale e digitale e non ha riscontro in altri paesi evoluti. Questo nodo va affrontato da qualcuno a muso duro. A qualunque costo. Può farlo il centro-sinistra? Sembra difficile. Il punto di maggiore debolezza del governo D'Alema è stato proprio che esso è parso, al di là di alcuni fatti di facciata, sostanzialmente succube dei sindacati. La maggioranza della gente pensa che vi sia qualche speranza che questo scontro possa essere affrontato dal centro-destra. E pensa che se il centro-destra si deciderà a farlo, su temi corretti e comprensibili e con metodi civili ma fermi, vincerà.

Basterà un confronto duro ma serio per far emergere che il sindacato è, oggi, un gigante dai piedi d'argilla, organicamente disinteressato ai temi reali del lavoro e formato da burocrazie che sono la quintessenza del partitismo da prima repubblica, strutture soffocanti, culturalmente chiuse in se stesse e senza speranza. Nessuno sa se il centro destra avrà la forza per cercare e gestire questo inevitabile scontro, ma il voto di centro-destra è, in gran parte, alimentato da questa speranza.

Il terzo fattore (ostilità internazionale) continuerà sino a quando non sarà eliminata in maniera seria e non truffaldina la causa che lo alimenta. Il "Die Zeit" ha scritto che Berlusconi "impersona la fine della democrazia parlamentare se si considera come cuore di questa la divisione dei poteri". In effetti è sempre piu chiaro che il regime di Berlusconi sarà molto piu simile a una signoria cinquecentesca che a una moderna democrazia. Ma la maggior parte degli elettori, pur ben consapevoli di questo, hanno deciso che la signoria del principe è meglio della signoria dei sindacati.

Il quarto ed ultimo fattore (l'Ulivo) è stato ucciso in fasce. Io non so di chi sia la responsabilita vera di questo infanticidio, ma so che è stata una grande sciocchezza e un grande atto di presunzione. Né è possibile resuscitarlo. Dovrà nascere un partito o un movimento di sinistra, completamente nuovo. Ma ci vorrà molto tempo e una leadership completamente nuova. Questo nuovo partito dovrà fare quello che Clinton ha fatto in America: addolcire le punte del reaganismo; riproporre nuovi rapporti di solidarietà nello sviluppo; ripristinare alcuni diritti della persona troppo soffocati dal mercato esasperato. Ma senza negare, e anzi facendola propria, la carica liberatrice e produttivistica del reaganismo, passaggio necessario per passare dall'America statalista e umiliata degli anni '70 all'America trionfante dell'inizio del nuovo secolo.

Ma ci sarà molto tempo per forgiare questo nuovo partito, perché la vittoria del berlusconismo rischia, in assenza di errori clamorosi che questa volta non sembrano probabili, di durare a lungo.

Male ha fatto, dunque, chi ha cercato, anche recentemente, di fermare Berlusconi con gli strumenti giudiziari e relativi al conflitto d'interessi, strumenti ormai obsoleti, senza rendersi conto che Berlusconi si poteva ormai fermare solo con la buona politica. Ma la buona politica (intesa come strategia di fondo coerente con i bisogni della maggioranza del Paese), al di là della corretta azione di governo del Governo D'Alema, non c'era nel centro-sinistra. Una politica che con l'IRAP massacra le piccole imprese e trasferisce fondi da queste a quelle più grandi e patrimonialmente più ricche, che penalizza le "brain companies" a favore delle "capital intensive companies", e che con la politica sanitaria massacra un'intera classe professionale, non può anche nutrire la stravagante pretesa di vincere le elezioni in un paese dove le "self employed people" (il popolo della partita IVA) sono in una percentuale molto più alta che in tutti gli altri paesi sviluppati.


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