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Germania, i dilemmi della selezione


Heinz Thoma con Giancarlo Bosetti

 

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Heinz Thoma, professore di romanistica all’Universita’ di Halle in Germania, dirige un centro universitario di specializzazione ed ha dedicato buona parte della sua vita ai problemi dell’organizzazione della scuola e dell’universita’. Racconta di una discussione rovente in Germania, non meno che in Italia, intorno alla scuola secondaria superiore e alla riforma che dovrebbe introdurre un titolo di studio universitario piu’ corto della laurea e piu’ orientato alla professione.

In Germania, dopo i primi dieci anni di scuola di base, che corrispondono da noi agli otto di elementari e medie piu’ il primo biennio di medie superiori, il sistema diventa "duale": da una parte chi va verso il mestiere, la specializzazione pratica, che prosegue anche dopo la maturita’ (Abitur), con le scuole di specializzazione (Fachhochschule). Dall’altra chi va verso la laurea, i dottorati, la ricerca e l’insegnamento. Questo sistema viene spesso indicato come un punto di forza della societa’ tedesca (e di fatto ha portato al titolo di studio medio superiore piu’ dell’ottanta per cento della popolazione tedesca, con una forte integrazione con il mondo delle imprese), ma di fatto oggi i tedeschi si lamentano della loro scuola.

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Come mai, professor Thoma, tante critiche? Forse la scuola degli altri sembra sempre meglio della propria?

Chissa’, forse è cosi’. È un fatto comunque che noi non siamo contenti del nostro Abitur, che funziona sempre peggio, e che l’introduzione della laurea breve incontra enormi problemi. Il corso scolastico che va verso la pratica professionale prevede l’apprendistato presso le imprese, il che è un fatto molto positivo. Due o tre giorni della settimana si fanno a scuola e gli altri in un’azienda. Noi qui dobbiamo preoccuparci che la formazione non venga interamente piegata alle esigenze degli imprenditori, che non si riduca a puro lavoro part-time, e che la formazione non sia soltanto pratica. È importante che la scuola fornisca anche tutela degli studenti, conoscenza dei diritti, e non solo il sapere pratico. In realta’ non siamo soddisfatti della formazione degli studenti, cosi’ come arrivano alle soglie dell’Universita’. C’è una campagna conservatrice molto forte per uno sbarramento all’ingresso: numero chiuso e libera facolta’ per gli atenei di rifiutare gli studenti.

 

È un problema di tutta l’Europa: una formazione di base da diffondere in modo piu’ ampio ed egualitario e poi la differenziazione con l’universita’.

Il principio è giusto, ma in pratica le cose non vanno cosi’. Se siamo d’accordo che il sistema universitario deve creare anche le condizioni per la formazione di un’élite, bisogna dire che invece cosi’ non ce la fa, perche’ i migliori non hanno la possibilita’di sviluppare i loro talenti specifici in un clima di élite. Su trenta studenti in un seminario ce ne saranno cinque piu’ dotati, ma non si crea un ambiente adatto per loro, perche’ il professore dovra’ occuparsi anche degli altri venticinque. E poi la selezione dovrebbe cominciare prima. Non siamo soddisfatti ne’ del risultato delle scuole secondarie ne’ di quello delle universita’, per cui guardiamo con interesse ai criteri piu’ selettivi del modello francese.

 

E che cosa succedera’ con l’arrivo della laurea breve in Germania?

Qui è veramente difficile capire che cosa significhi una laurea breve. È chiaro il senso che ha nel luogo di origine, cioe’ negli Stati Uniti (e non ci deve sfuggire che ci stiamo adattando al dominio di un unico modello di formazione, quello americano), perche’ corrisponde al periodo del college dopo la high school (che è piu’ corta delle medie superiori europee). È chiaro il senso che ha in un paese come la Francia, gia’ fortemente orientato a una gerarchia selettiva. Ma in Germania, dove ci sono gia’ le scuole di specializzazione professionale dopo le secondarie, non si capisce bene a che scopo introdurre la laurea breve: è un corso di studi piu’ corto ma con una sua logica scientifica? È un corso di studi provvisorio in attesa di altri cicli formativi? È una via d’uscita perche’ se ne vadano gli studenti meno intelligenti?


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