Questo
articolo è stato pubblicato su Il Sole 24 Ore (www.ilsole24ore.it)
del 12 settembre
É sempre più vicino il momento in cui si potranno riparare o
sostituire quasi tutti gli organi e i tessuti del nostro corpo. Per quanto riguarda quel
particolare tipo di tessuto che noi chiamiamo sangue, questo in verità lo si fa da anni.
Le trasfusioni di sangue sono considerate una necessità, un dono e addirittura un atto
d'amore. Già oggi si possono trapiantare anche alcuni organi più complessi come il
cuore, un rene o il fegato o quello strano cocktail di cellule immature di tutti i tipi
rappresentato dal midollo osseo.
Presto il repertorio si amplierà, o perché ricorreremo a organi di
animali opportunamente preparati o meglio perché quegli stessi organi ce li fabbricheremo
da noi in laboratorio, eliminando così alla radice il problema del rigetto nonché del
reperimento degli stessi presso altri esseri umani. Saranno cuori, reni, fegati, pancreas
e anche parti del cervello. Già il cervello. É l'ultimo arrivato in questo arengo ma si
è subito rivelato incredibilmente ben disposto. Partiremo, probabilmente, da una certa
quantità di cellule indifferenziate, "staminali" in gergo tecnico, che andranno
persuase a differenziarsi, cioè a caratterizzarsi, nella direzione di una parte di
cervelletto, di corteccia cerebrale, di ippocampo, di amigdala o di provincia posteriore
del cervello. Per indirizzare le cellule indifferenziate verso un'identità prestabilita
sarà necessario poter disporre di certe sostanze, che possiamo indifferentemente
considerare "reagenti" o "utensili", che dettino alle varie cellule
istruzioni specifiche per la loro programmazione e riprogrammazione.

Di uno di questi potenziali utensili si è parlato negli ultimi giorni.
Il mio gruppo al San Raffaele di Milano è riuscito a trasformare la regione anteriore del
cervelletto di un topolino nella regione posteriore del cervello vero e proprio,
utilizzando il gene regolatore OTX2 proprio come un utensile. In virtù di questo
esperimento oggi sappiamo che tutte le cellule dove è attivo OTX2 non possono che
divenire cellule del cervello. Questo gene potrà in futuro essere usato o da solo per
fare cellule di cervello non meglio specificate o in combinazione con altri geni, in parte
ancora da scoprire, per fare questa o quella specifica struttura cerebrale.
Mediante questa tecnologia si potranno così rimpiazzare parti
lesionate o semplicemente non funzionali del cervello che siano andate incontro a seri
inconvenienti, per un trauma - un incidente stradale o un'infezione fulminante - un ictus
o un tumore. In questi casi anche quando la causa scatenante sarà stata neutralizzata,
possono infatti rimanere delle parti danneggiate e andranno sostituite.
Il momento della realizzazione pratica di tutto ciò non è imminente
(quindici-venti anni) ma è probabile che prima o poi ci arriveremo. Ci possiamo chiedere
allora: Che cosa succederà all'individuo al quale saranno sostituite le parti lesionate?
Il suo cervello, la sua mente e la sua coscienza risentiranno in qualche modo di questo
intervento? Ci sarà un'interferenza con i suoi ricordi, il suo mondo interiore, i suoi
sentimenti o il suo modo di vedere il mondo? A nessuno viene in mente di porsi delle
domande del genere quando si tratta di un brandello di pelle, di un tendine o del cuore,
anche se quest'organo era considerato fino all'altro ieri la sede della mente. Trattandosi
di parti del cervello però le domande acquistano un rilievo particolare.
Il cervello è costituito di cellule che sono aggregate e organizzate
in una maniera tutta particolare e che sono connesse le une alle altre attraverso un
numero enorme di connessioni fisiche, chiamate "sinapsi". Quando arriveremo a
inserire nel vecchio cervello dell'individuo che riceverà il trapianto una parte nuova,
questa sarà costituita di cellule che saranno probabilmente aggregate e organizzate nella
maniera corretta ma che non costituiranno ancora un organo funzionale. Per divenire
funzionale dovranno stabilire le loro connessioni con le cellule dell'individuo ricevente
e solo allora, se tutto va bene, cominceranno a collaborare e a funzionare. Non avranno in
sé però niente, né come ricordi di nozioni o di eventi né come abilità, destrezze o
propensioni a una particolare condotta: saranno in tutto e per tutto una tabula rasa.

Occorrerà quindi un lungo periodo di riabilitazione che consisterà
essenzialmente in una sorta di assimilazione delle nuove cellule a quelle dell'individuo
ricevente. Noi non sappiamo dove risiedono fisicamente i nostri ricordi. Probabilmente
sono distribuiti un po' dappertutto nel nostro cervello. Se queste nuove cellule
acquisiranno quindi mai una memoria, questa non potrà che essere quella dell'individuo
ricevente. Ma la nostra memoria è anche la nostra identità. Dove risiede la nostra
memoria, che è poi la nostra identità spirituale, prevista ma non specificata dalla
nostra complessità biologica? Tutto lascia pensare che risieda nella miriade di
connessioni - un milione di miliardi nella sola corteccia cerebrale - che vengono
stabilite durante i primi anni della nostra vita fra le cellule nervose del nostro
cervello.
Tutto il nostro cervello è quindi la sede della nostra mente e della
nostra identità, che vi sono, probabilmente, uniformemente distribuite. Nessuno può, e
forse potrà mai, determinare le caratteristiche di tutte le connessioni di questo tipo di
una data persona. La nostra identità è quindi determinata ma la sua natura ci è celata.
E questo è di fondamentale importanza.
Possiamo notare fra parentesi che solo la settimana scorsa abbiamo
appreso che modificando leggermente la proteina che costituisce un recettore cerebrale,
Nmda in linguaggio tecnico, si può aumentare di molto la capacità mnemonica e
indirettamente la destrezza di un topo. Siamo davanti a un problema diverso ma a una
ricerca altrettanto promettente. Si potrà forse un domani rafforzare la memoria di
qualcuno che ne ha veramente poca o "rinfrescare" le capacità mnemoniche di
persone anziane che le presentino particolarmente offuscate.
Riprendendo il nostro discorso, noi siamo quindi i nostri ricordi, i
nostri atteggiamenti e i nostri sentimenti. Si potranno ottimizzare o rimpiazzare un
domani parti del nostro cervello ma la memoria e l'identità non potranno che essere
quelle del ricevente. Anche se la massa rimpiazzata fosse grande e giocasse quindi un
ruolo preminente non potrebbe mai essere "dominante" sulla parte ricevente, che
è lì, cioè in contatto con quel corpo, da molto più tempo. Un qualcosa di
indifferenziato non può dominare su un qualcosa di già differenziato e plasmato. A meno
che si trapianti l'intero cervello.
Ma questo è un altro discorso.