Questo articolo è stato
pubblicato su la Repubblica (www.repubblica.it) del
19 settembre
Ha fatto senza dubbio bene Walter Veltroni, segretario dei Democratici
di sinistra, a proporre, la settimana scorsa, a Brescia, il tema della sicurezza dei
cittadini come questione urgente, sollecitando a usare "la mano dura contro la
criminalità". Una sinistra di governo e al governo è obbligata ad assumere anche
questo problema come proprio e dunque a proporre e mettere in atto le soluzioni necessarie
a garantire sicurezza ai cittadini. Un impegno difficile, non solo sul piano operativo ma
anche sul piano ideale, viste le tradizionali posizioni della sinistra, più incline a
esaminare la questione criminalità dal punto di vista sociologico che a sostenere misure
severe ai fini del mantenimento dell'ordine pubblico.
Ma governare comporta anche questo tipo di scelte, per quanto
difficili. Il bisogno di sicurezza è un bisogno elementare dei cittadini, che viene
percepito, a seconda dei momenti e delle situazioni, con maggiore o minore intensità.
Oggi la questione viene vissuta come grave e urgente, quali che siano i dati e le opinioni
degli esperti che, come Achille Serra, mettono in guardia contro ogni enfatizzazione del
problema e forme di isterismo collettivo.
E' possibile che la maggiore sensibilità al problema sia conseguenza
anche di quella che è stata definita "la bolla mediatica", lo spazio cioè che
i media dedicano al fenomeno e il modo in cui ne parlano. (Cito per tutti il TG1 di sabato
sera che, forse al fine di sostenere le misure annunciate dal governo, dava della
situazione del nostro paese, dal punto di vista della sicurezza, un'immagine tale da
scoraggiare chiunque, anche la sottoscritta, a uscire di casa per andare a un cinema o a
mangiare una pizza).
Resta il fatto che il 1999 si è annunciato, della sicurezza. A
gennaio, a Milano, si ebbero, in meno di dieci giorni, un seguito drammatico di rapine e
nove morti. Altre rapine ed altri morti si ebbero pochi mesi dopo, ad opera di detenuti
che erano stati scarcerati o per gravi condizioni di salute (uno era affetto da Aids) o
per una presunta buona condotta e che avrebbero dovuto essere agli arresti domiciliari.
Non mi sento di liquidare come fenomeno di "isterismo" la
protesta massiccia degli uomini e delle donne che abitano i quartieri maggiormente presi
di mira dalla piccola o grande criminalità, o l'indignazione di quanti vedono tornare
liberi spacciatori e scippatori dopo pochi giorni di carcere. Nessuna persona responsabile
può giustificare il tentativo o la tentazione di "farsi giustizia da sé", ma
per evitare questa deriva è indispensabile e urgente un maggiore impegno delle forze
dell'ordine e della magistratura, per il controllo del territorio, la prevenzione dei
delitti, e la loro punizione. Può darsi che per questo sia necessario adottare nuovi
provvedimenti legislativi: a questa domanda devono rispondere il governo, la maggioranza,
il Parlamento.
Ma il dibattito che già si è profilato sull'argomento appare, a dir
poco, paradossale. Mentre la sinistra, superando vecchi tabù, chiede maggior rigore nella
battaglia contro la criminalità, il centrodestra, facendo proprie con disinvoltura
vecchie parole d'ordine della sinistra estrema, mette in guardia contro il pericolo di
trasformare il paese in uno "stato di polizia" e annuncia un'opposizione dura in
Parlamento contro i provvedimenti che il governo volesse adottare per sconfiggere la
criminalità. (Ma forse c'è una logica, sia pur perversa, in questa posizione. Se uno dei
più autorevoli esponenti del Polo, l'on. Previti rifiuta di presentarsi di fronte al
magistrato, perché dovrebbe sottostare alla severità della legge il piccolo delinquente,
lo scippatore o il rapinatore di periferia?).
Questo atteggiamento di ostruzionismo del Polo, apparentemente
incomprensibile e destinato a creare nuove difficoltà al governo, potrebbe più
verosimilmente preludere a una ulteriore trattativa, tendente a strappare nuovi vantaggi -
ma cosa ancora? - in tema di giustizia e di riduzione del potere dei magistrati.
Ma se la maggioranza ritiene di aver concesso abbastanza su questo
piano, allora dovrà prepararsi ad affrontare il problema con le sue sole forze,
dimostrando la necessaria decisione e compattezza, procedendo con realismo, rapidità ed
equilibrio. Non serve, come hanno fatto altri esponenti della sinistra, alzare ancora il
tono delle dichiarazioni; serve piuttosto prendere rapidamente misure e provvedimenti
adeguati. Domani il Consiglio dei ministri dovrebbe varare un nuovo "pacchetto
anticrimine" che prevede, a quanto ne sappiamo, una serie di emendamenti alla legge
Simeone, stabilendo nuove norme in tema di detenzione. Tutto bene, naturalmente, sul piano
delle intenzioni. Ma va evitato il rischio che tutto si risolva nell'effetto annuncio, in
un' operazione cioè di tipo propagandistico tesa a tranquillizzare, sul momento, la
pubblica opinione.
Va ricordato infatti che un primo "pacchetto anticrimine"
(che prevedeva tra l'altro il rafforzamento dei poteri di indagine della polizia
giudiziaria, l'arresto in flagranza di reato collegato alle detenzione fino al giudizio
per direttissima, l'inasprimento delle pene per lo scippo) venne già approvato dal
Consiglio dei ministri ben sei mesi fa, a metà marzo. Anche allora, l'effetto annuncio ci
fu, ma, appunto, solo quello. Che non ha certo scoraggiato i delinquenti.
A fine luglio, nel corso di una conferenza stampa, in presenza di altri
fatti criminosi che avevano fortemente emozionato la pubblica opinione, chiesi al
presidente del Consiglio che fine avessero fatto quei provvedimenti, avendone come
risposta: "Le leggi, come lei sa, le approva il Parlamento, non il governo". Una
risposta ovvia e del tutto corretta sul piano delle procedure ma del tutto insoddisfacente
sul piano politico.
C'è da augurarsi che le norme previste in questo secondo
"pacchetto" conoscano, una volta approvate dal governo, un percorso parlamentare
più facile e rapido. A questa responsabilità è chiamata la maggioranza, che si spera
dimostri, in questa occasione, una maggiore compattezza di quella finora dimostrata su
altri temi (dalla legge elettorale, alla questione degli spot).