L'uomo che non scendeva a compromessi Corrado Stajano
Articoli collegati
L'uomo che non scendeva a compromessi
Fenomenologia dell'eroe borghese
Legalita', ecco il discrimine vero
Questo articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera (www.corriere.it) dell'8 luglio
E'inutile chiedersi, vent'anni dopo, se il sacrificio dell'avvocato
Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca privata italiana, assassinato a
Milano la notte dell'11 luglio 1979 da un killer di mafia venuto dagli Stati Uniti,
assoldato da Michele Sindona, abbia giovato al rinnovamento del Paese.
Dal 1991 in avanti sono state dedicate a Giorgio Ambrosoli strade,
piazze, scuole, biblioteche in ogni regione italiana e si parla di lui a Mosca e a New
York. Il suo nome non viene più taciuto o pronunciato con indifferenza come negli anni
Ottanta, in un periodo tra i più foschi della storia nazionale, tra terrorismo e politica
dell'impunità e della corruzione. Ma non sembra, ancora oggi, che i principi di legalità
siano considerati il bene sommo, il presupposto del vivere civile e non sembra che la
lotta contro la mafia che, con altre modalità rispetto al passato, seguita a infestare
quattro regioni italiane e ha messo radici ovunque, susciti la tensione e la
considerazione che ha avuto, per un breve periodo, dopo l'estate del 1992, l'anno della
morte di Falcone e di Borsellino.
E non sembra, ancora, che in un clima senza fervori come il nostro, di
normalizzazione e di omologazione, la piaga della corruzione, non certo rimarginata, abbia
la dovuta attenzione e che i magistrati che se ne preoccupano siano agevolati nel loro
difficile lavoro. Intralciati, piuttosto, presi di mira, soprattutto i più intelligenti e
i più fattivi. La legalità non pare considerata un valore, troppo spesso un inciampo
alla compromissione, invece. E la politica nata dopo la caduta del Muro di Berlino e dopo
lo spappolamento della vecchia classe dirigente in seguito all'inchiesta dei procuratori
di Milano, nel 1992, non ha preso a modello il comportamento esemplare dell'avvocato di
Milano che avrebbe potuto rappresentare una nuova linea politica, l'alleanza della parte
progressista del Paese con la borghesia pulita. Una corsa al centro priva di ragione e di
intelligenza è stata ritenuta invece la formula vincente, con il risultato di allontanare
dalla politica tanti uomini e donne della sinistra e di annullare le non poche energie
positive che esistono.

Giorgio Ambrosoli era un moderato, figlio della tradizionale borghesia
milanese, per idee, stile di vita e di costume. Il suo terzogenito, Umberto, che adesso è
diventato avvocato - il bambino Betò che dietro la porta della camera da letto dei
genitori origliava e sentiva le voci registrate con le terribili minacce di morte che il
padre una notte fece ascoltare alla madre - ha riconosciuto anni fa che sono stati gli
uomini della sinistra, non i conservatori, a promuovere azione di giustizia e di verità
in nome del padre.
L'avvocato appartiene a tutti coloro che hanno a cuore i principi della
legalità e del buon governo. Sarebbe stato facile, per lui, aver salva la vita: minuscoli
cedimenti, qualche aggiustamento di rotta, abbozzare, seguire il verso del legno, qualche
azione neppure visibile accompagnata da una piccola firma in calce a un foglio.
All'esterno, tutto quanto avrebbe avuto l'apparenza di un atto dovuto. Solo che
acconsentire agli aggiustamenti, alle mediazioni, al salvataggio della banca mandata in
rovina da Sindona - più di cinquemila miliardi di lire di oggi - avrebbe significato
violare la legge, far pagare il peso finanziario ai cittadini, i contribuenti italiani che
Ambrosoli aveva il dovere di tutelare.
L'avvocato fece con intransigenza il proprio dovere. Con molta
semplicità - al momento della morte non aveva ancora compiuto 46 anni e possedeva
l'intelligenza per diventare un grande avvocato - disse ripetutamente di no agli ossessivi
tentativi di salvataggio della banca promossi da uomini di governo in sintonia con i
poteri criminali. Mentre la loggia massonica P2 faceva da regista nell'offensiva micidiale
contro Ambrosoli, di continuo esterrefatto - risulta dalle sue agende - di fronte alla
rivelazione delle illegalità, delle trame, delle connivenze, dei tradimenti che hanno per
protagonisti uomini di alto ran go dello Stato, ministri, magistrati, banchieri. Avrebbero
dovuto essere naturalmente dalla parte della legge, dalla sua parte, e invece si
rivelavano nemici, alleati tra loro per vanificare la legge.
Ambrosoli dice di no a quei mondi inconciliabili, non guarda in faccia
nessuno. Subirà ironie, anche dopo la morte, da parte dei cinici che lo trattano da
ingenuo. È un uomo della coscienza civile, detesta i compromessi, detesta anche il
primato della politica inteso come dominio degli apparati e delle oligarchie dei partiti.
Per lui contano soprattutto le ragioni morali, la limpida dimensione dell'esistenza,
l'onestà.
Sa benissimo quale nemico implacabile si trova di fronte: quel
romanzesco "genio del male" che è l'avvocato Sindona di cui era riuscito a
scoprire le trame incoffessabili e le ruberie avallate dal potere politico, ricostruendo
nelle più infernali banche del mondo i loschi riciclaggi di denaro sporco.
La lettera che scrisse alla moglie Annalori nel 1975, neppure un anno
dopo la nomina - sarà ritrovata nella sua agenda dopo la morte - è un'altra
testimonianza di dirittura morale e di coraggio: "È indubbio che, in ogni caso,
pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi
lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di far qualcosa per il Paese
[...]. A quarant'anni di colpo ho fatto politica e in in nome dello Stato e non per un
partito [...]. Qualunque cosa succeda, comunque tu sai che cosa devi fare e sono certo
saprai fare benissimo. Dovrai allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori
nei quali noi abbiamo creduto [...]. Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi,
verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il Paese, si chiami Italia o si
chiami Europa".
Articoli collegati
L'uomo che non scendeva a compromessi
Fenomenologia dell'eroe borghese
Legalita', ecco il discrimine vero
Vi e' piaciuto questo articolo?
Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio
attualità
|